benedetta gente

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    In rerum natura”, sosteneva don Ferrante, “non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio (la peste) non può esser né l’uno ne l’altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera”. E volendo dimostrare puntigliosamente che la peste non poteva esistere né come sostanza né come accidente… morì di peste (I promessi sposi). Questo è il tempo degli “accidenti”, non quelli filosofici ma quelli che si riversano sugli avversari, urla spropositate, insulti anche feroci, perfino nelle aule istituzionali come Camera e Senato, sdoganando, visto che le immagini sono provviste di sonoro, quella che al tempo in cui le parole si misuravano e distinguevano un signore da un cafone, veniva definita maleducazione. Ma quello che deve preoccupare è il dilagante disprezzo del principio di non contraddizione. No che non è “disprezzo”, di tratta di ignoranza della “logica”, la scuola ha le sue responsabilità ma sarebbe ingiusto addebitarle tutta la colpa, i mass media ci hanno messo del loro, e molto. Non fanno nemmeno più notizia gli insulti sintattici e grammaticali, i congiuntivi ignorati, le A con o senza H davanti per cui verrebbe voglia, invece di mettere un like, di invitare a cominciare dal basso: salvare gli italiani è faticoso (Mussolini sosteneva addirittura che fosse “inutile”), salviamo almeno l’italiano (inteso come lingua).

    «È impossibile che la stessa cosa, a un tempo, appartenga e non appartenga a una medesima cosa, secondo lo stesso rispetto». Facebook sembra ignorare questo basilare principio di contraddizione enunciato da Aristotele (che, a scanso di equivoci visto il livello culturale corrente, non faceva parte del passato governo né figura nell’elenco dei ministri di quello nuovo).

    Se la piazza insorge contro chi ha scippato il governo alla Lega, è un’auto protesta alla Tafazzi, visto che chi ha fatto cadere il governo è la stessa Lega. C’è un libro che è stato in testa o nella parte alta delle classifiche delle vendite in questi ultimi mesi: “M – il figlio del secolo” di Antonio Scurati. Non credo che i protagonisti della politica attuale l’abbiano letto, forse qualcuno si è preso la briga di leggerlo per loro (sono 840 pagine). Ma è istruttivo. Racconta gli anni dal 1919 al 1925, come Mussolini, da giornalista d’assalto arrivi al governo esautorando poi il Parlamento, approfittando di un contesto in cui i partiti tradizionali (socialisti compresi) sono divisi o incapaci di capire quello che sta succedendo. Anche qui la “paura” è un fattore determinante su cui si fa leva. Anche qui si invocano “pieni poteri”, anche qui c’è chi minaccia (“Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli”). Oggi è passata in piazza la nuova minaccia: “Se aboliscono quota 100 li cacceremo a calcio nel c…”.

    I tempi sono diversi, Mussolini confessò che se ci fosse stato Giolitti la “rivoluzione fascista” sarebbe fallita. Certo, accostare Giuseppe Conte a Giovanni Giolitti è un azzardo, la storia, ha detto uno, si presenta una prima volta in tragedia e una seconda volta in farsa.

    Speriamo che non sia (come si diceva negli anni ruggenti) una risata a seppellirci.