(p.b.) Sull’acciottolato duro ai margini del sagrato della chiesa si fermò un camioncino. Veramente a noi bambini sembrò enorme. Scese un ometto con i baffi incollati sotto il naso, impomatati come i radi capelli a mascagna. Armeggiò intorno al telo che copriva il cassone del camion e tirando una cordicella quello si alzò come il sipario del teatro dell’oratorio aprendosi a uno scenario fatto da piramidi di scatole di cartone. Salì come sul palco, tirò fuori un aggeggio che si sentì rombante la sua voce che usciva da una sorta di trombone che stava sopra la cabina del camion che sembrava il bombardino della Banda musicale e c’era scritto “Geloso”. Noi bambini avevamo una vaga idea di cosa fosse la gelosia che c’era stato uno che con la “pudèta” aveva cercato di ammazzare la moglie e in paese si diceva che l’aveva fatto proprio per gelosia. Di cosa fosse geloso il venditore di scatole non riuscivamo proprio a capirlo. Dal trombone usciva la voce suadente dell’ometto, “donne, con venti lire potete trovare la scatola del tesoro che contiene mille lire, donne, donne…”. Mille lire, una fortuna, ad averla, la fortuna. L’ometto raccoglieva le venti lire, faceva scegliere la scatola ma le mille lire non si trovavano. L’ometto sorrideva, “forza donne che la prossima è la volta buona”. Quella buona non arrivò. Noi bambini ci stavamo annoiando, la scatola del tesoro chissà dov’era sepolta nel mucchio, avremmo voluto trovarla noi, tornare a casa con il tesoro. Nessuno di noi aveva le venti lire che ci davano solo la domenica pomeriggio per andare al cinema e quella settimana davano “il cielo sulla palude” che, ci aveva detto il Curato, raccontava la storia di Santa Maria Goretti. Ci eravamo persi a giocare sul sagrato e quando siamo tornati davanti alla bottega ambulante l’ometto stava vendendo boccette con dentro una pozione magica che, diceva, avrebbe risolto il problema della miseria e dell’amore.
Anni dopo avremmo saputo di tale dott. Dulcamara che vendeva elisir d’amore. Le boccette venivano vendute a cinquanta lire ma a comprarle erano solo zitelle che le madri di famiglia si vergognavano. Fine della storiella. La morale? Esopo la forniva sempre con la formula o μύθος δελοι οτι, questa favola insegna che…
Ma questa non è una favola, è quello che sta succedendo in questa campagna elettorale dove tutti stanno spacciando con elisir di felicità boccette di acqua colorata e c’è ressa intorno ai venditori di fumo. “Pani e pesci, pesci e pani, senza trucco vi moltiplico domani (…) più sono piccoli e più alzano le mani: non ci casco questa volta, dite all’ultimo di chiudere la porta (…) pani e pesci, pesci e pani, fa’ una croce e li ricevi già domani” (Vecchioni). Mi sa che ci caschiamo anche questa volta, attratti dagli imbonitori moderni.
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Al bar affollato per le colazioni del mattino le signore, che hanno appena portato i figli a scuola, prima di rientrare in casa per i mestieri, si concedono chiacchiere sulle ultime del paese che anche qui la notte non sta ferma, può succedere di tutto nella “notte delle vacche nere” (citazione hegeliana, difficile che le gentili signore abbiano avuto a che fare con la “Fenomelogia dello spirito”). Perché se la carne è debole, lo spirito si riduce a qualche spiritosaggine e infatti ogni tanto scoppiano risate fragorose e quelle dei tavoli vicini vorrebbe sapere cosa si sono dette di così divertente in questi tempi da lupi. Il tema più ricorrente è quello della dieta, di come dimagrire, possibilmente in pochi giorni, senza far fatica però, creme miracolose che fanno scomparire le rughe e i cattivi pensieri, le preoccupazioni e le gelosie che invecchiano, che tutte sanno dei mariti altrui che se la fanno con altre, molte ignorano quello che si dice dei propri, a volte basterebbe invertire i tavoli e lo saprebbero. Magari infatti lo sanno quelle del tavolo vicino che di tanto in tanto ammiccano e parlottano con la mano sulla bocca come fanno i calciatori per non farsi leggere il labiale dalle telecamere che si introducono in ogni dove, perfino negli spogliatoi quando sono in mutande.
E al tavolino accanto si discute dei propri pargoli che a scuola c’è la prof dai capelli ramati che “è una belva” e li carica di compiti e “il mio non ha problemi ma c’è in classe G. che fa collezione di note e lo disturba e poi si è preso anche lui la nota che non c’entrava niente ma glielo vado a dire io alla prof, cosa crede, non gliela faccio passare liscia questa volta”.
I quotidiani del bar non li legge nessuna di loro, arriva un signore e cerca la Gazzetta, legge il titolo del calcio mercato e scuote la testa e soffia, ributtando il giornale sulla mensola. La proprietaria del bar mi confida: “Li tengo per abitudine, ma non li legge più nessuno, al massimo li sfogliano intanto che aspettano il caffè, sempre i maschi, le donne non sono interessate. Una volta guardavano le pagina dei morti, adesso nemmeno quella”. Si vede che hanno paura di trovarsi su, prima a dopo… come quel tale della storiella che andava dal giornalaio, sfogliava “quella” pagina e diceva: “Anche oggi non ci sono su”. Un giorno non è arrivato. Il giornalaio commenta: “Che peccato, proprio oggi che c’è lui sul giornale”. La demolizione del passato, la rimozione del futuro.
Mi volto e penso a cosa risponderebbero le gentili signore se qualcuno gli chiedesse per chi andranno a votare. Perché in genere le signore ci vanno, per una sorta di tradizione trasmessa di madre in figlia da che hanno avuto diritto al voto, che le loro nonne quel diritto non ce l’avevano nemmeno. Potrei fare un sondaggio ruspante e volante, ma temo che gli rovinerei quell’oretta gossippara che si stanno godendo con cappucci e brioche, pasticcini e quant’altro che nessuna crema miracolosa riuscirà nemmeno oggi a far smaltire senza qualche digiuno riparatore.
Poi mi viene la tentazione perfida di fare un quiz, chiedere alle signore cosa sia un… algoritmo, il vocabolo più diffuso in questo periodo e di cui forse uno su cento sa il significato. Il problema è che quella parola mi incuriosisce ma non sono riuscito ancora a capire perché sia diventata di moda: ah sì, in pratica con questi calcoli riescono a capire le tue preferenze, tu entri in internet e a seconda di quante volte clicchi su un argomento, “loro” ti inquadrano e ti hanno in pugno, nel giro di qualche settimana sanno le tue debolezze e si attrezzano per sfruttarle. E così anche quando crediamo di scrivere delle banalità su facebook “il nemico ci ascolta”, ci segue, ci incasella, capace che ci legga nel pensiero, prima o poi, che a rigore non ce ne sarebbe neppure bisogno visto che i pensieri scarseggiano e coltiviamo e scriviamo solo pensierini.
I giornali parlano d’altro, polemizzano sulle frasi dal sen sfuggite sulla razza, su quello che hanno detto i Vescovi che un tempo la loro parola avrebbe spostato migliaia di voti e oggi nemmeno sanno più della loro esistenza e il parroco la domenica fa omelie noiose ripetendo frasi che avevano sapore di eternità e in quanto tali affondano nel passato e puntano dritte al futuro, saltando a piè pari il presente, per la paura di sbagliarne il congiuntivo. Il presente per definizione è solo… indicativo.
Ogni testa un voto? No, purtroppo, mi ripeto, ogni testa un vuoto. No, non mi aspetto granché dalle prossime elezioni.