Gli ultimi giorni di Carnevale: che detto così sembra uno sberleffo agli “ultimi giorni di Pompei”, prima che il Vesuvio li seppellisse tutti, immortalandoli nella lava. Il nostro destino è più modesto, ci si illudeva un tempo sostenendo, come fosse una profezia, che “una risata ci seppellirà”, che poi sarebbe stata una bella morte, col sorriso sulle labbra o uno sghignazzo irridente, perché le tragedie si ripetono in farsa, ma poi, per la legge del contrappasso, anche una farsa può finire in tragedia.
Maschere, costumi, piccoli sogni (quasi) gratuiti (per via del costo dei costumi) di vivere in un altro mondo, di mettersi nei panni di qualcun altro, recitare la parte di integerrimi vendicatori di ingiustizie (gli Zorri non passano di moda), eroi e addirittura supereroi invincibili in mondi pieni di cattivi, o servitori maliziosi e impertinenti di due e anche tre padroni con le pezze colorate di Arlecchino. Vale anche per chi non va alle sfilate, non si traveste e non fa mattane, il carnevale lo può fare a salve, chi vorrei essere e non sono, che sogni ho soffocato nella culla finendo a fare quello che non avrei mai voluto fare, “Compagno di scuola, compagno di niente Ti sei salvato dal fumo delle barricate? Compagno di scuola, compagno per niente Ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?” (Venditti),che le banche chiudono a raffica gli sportelli e capace che ti sei sorbito decenni di noia e adesso ti lascino seduto sul divano di casa a pensare a come hai buttato via quei sogni. Il che è una sorta di esame di coscienza che non è più di moda, come il segno delle ceneri in testa del mercoledì successivo.
Le sfilate di carri che fanno allegoria troppo spesso alla banalità o cedono alla cattiveria dilagante, anche buttare coriandoli di carta colorata, stelle filanti, fa parte del gioco del travestimento della realtà, addobbi natalizi alla rovescia, risate forzate, buon viso a cattivi scherzi.
E’ al ribasso il gusto di non farsi riconoscere, anzi, è l’opposto, tutti vogliamo farci vedere, ecco il miglior costume, che poi è il contrario del travestimento, vorremmo essere riconosciuti e riveliamo così le nostre ambizioni o le nostre inibizioni.
Si salvano i bambini, che già i ragazzi godono la trasgressione, spesso feroce, nei riguardi dei più deboli: i bambini sanno ancora giocare con i sogni, si godono le favole e le fantasie di un mondo bello da viverci, prima che aprano gli occhi sulla realtà, e allora si possono godere montagne popolate di fate, gnomi, spiriti e folletti, maghi con bacchette magiche, ma anche, per contrasto, orchi e streghe, perché il bene e il male convivono, ma bisogna saperli distinguere, se qualcuno glielo insegna.
Il problema siamo noi che viviamo una notte dei tempi in cui tutti i gatti sono grigi.
E poi arriva il mercoledì delle ceneri, le strade lastricate di coriandoli già stinti. C’è chi va a subire la formale umiliazione di quel pizzico di cenere sulla vanità che dovrebbe ricordare che moriremo. Ma c’è ancora un residuo di risata che ricorda quando eravamo noi ragazzi, orgogliosi di essere chiamati dal parroco “homo” nella formula latina del “memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris”anche se poi il Curato subito dopo su quel pizzico di cenere sui capelli faceva piombare la sua bacchetta (per niente magica) su chi stava ridacchiando vedendo la testa pelata (per i pidocchi) del compagno di classe e c’era poco del castigat ridendo mores,perché la bacchettata lasciava un segno rosso in testa che copriva il segno cinereo in una confusione totale di citazioni e punizioni.
Svuotata la Quaresima di significato, è svuotato anche il carnevale. “Per l’allegria / il nostro pianeta/ è poco attrezzato” (Majakovsjij).