“Dagli atri muscosi…”, dalle cucine fumose, dai divani sfatti dei salotti che sembravano musei e adesso sembrano accampamenti, dalle camere che fin troppo spesso si sono fatte larghe da che qualcuno se n’è andato per sempre, dagli orti che come nulla fosse hanno la terra grassa di sempre, dai giardini fioriti di un maggio temporalesco… “un volgo disperso repente si desta / intende l’orecchio, solleva la testa / percosso da novo crescente romor”. Si rimette in moto la vita, il rumore del motore dell’auto lasciata in garage che sembrava un relitto archeologico di tempi andati sembra un canto dell’exultet che è mancato la notte della resurrezione.
E allora nelle facce slavate del lungo eremitaggio, “…ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto / si mesce e discorda lo spregio sofferto / col misero orgoglio d’un tempo che fu…”, orgoglio o semplice sospiro di sollievo di avercela fatta, di averla scampata, ma poi quando uno esce di casa… “s’aduna voglioso, si sperde tremante / per torti sentieri, con passo vagante/ fra tema e desire, s’avanza e ristà…” (I coro dell’Adelchi).
Ci si muove come dovessimo ricominciare a imparare non solo a camminare, a correre, ma anche a salutare per strada le persone, cercando di riconoscerle dietro la mascherina, salve, buon giorno e poi tre passi avanti ci si chiede “ma chi era?”, dobbiamo riscrivere il galateo di una nuova era. E meno male che c’erano i telefonini che ci hanno tenuti vicini a distanza che adesso quando ci rincontriamo vediamo i cambiamenti sulle facce, qualcuno ci sembra invecchiato di colpo, colpito al cuore, altri ingrassati, altri con i capelli che non avevamo mai visto, li ho tagliati per conto mio, ah, mi pareva che ci fosse qualcosa di cambiato e non osiamo chiedere com’è andata, come va, caso mai facciamo delle gaffes perché non abbiamo tenuto il conto di chi è morto e chi è tornato, di chi è rimasto rintanato e adesso esce a prendersi una spera di sole all’aperto, sentendosi sopravvissuto.
E ci sono dolori che sfociano in rancori, si poteva fare… mi hanno risposto che… non mi hanno nemmeno risposto… e quelle frasi assurde che si ripetono, mi hanno detto che siccome mio marito è morto non posso uscire di casa se non ho fatto il tampone e loro a chiedermi se sto bene e io certo che sto bene e fatemi il tampone che voglio uscire, se sta bene non facciamo il tampone, allora posso uscire, no se non ha fatto il tampone, con lo sberleffo finale di quando poi si è ricoverati in ospedale in condizioni pietose e ci si sente dire: ma perché non ha chiesto di fare il tampone? E sembra la tiritera di c’era una volta un re seduto sul sofà, diceva alla sua serva, raccontami una storia e la storia incominciò, c’era una volta un re seduto sul sofà… e si può andare avanti all’infinito con questa gente che non sa cosa sia il principio di non contraddizione, alla base della logica di ogni tempo, ma non di questo nuovo tempo.
E ci siamo anche accorti delle differenze e delle capacità e incapacità di chi abbiamo eletto ad amministrarci, il Governo che emana decreti a raffica che nessuno legge, 400 e più pagine di un mattone illeggibile, la Regione che vara contro-decreti per far dispetto al governo e mostra le tare di scelte sanitarie che hanno mortificato i territori, sindaci che sono spariti e altri che invece hanno sospeso le imposte comunali per dare fiato a gente che non sa nemmeno se troverà ancora il suo posto di lavoro, che già l’ha perso nei bar, nei ristoranti, negli alberghi… e bisogna inventarsi un altro mestiere, trovare un altro lavoro e trovare dentro la voglia di ricominciare, la cassa integrazione che forse la danno a… gennaio ed è una moria di piccole imprese, anche loro vittime senza funerali.
Come dopo un bombardamento usciamo a vedere le macerie, qui ci stava quel signore che saliva sempre piano per andare dal tabaccaio e salutava, qui quella signora… case improvvisamente vuote, dove chi è rimasto non sa trovare la forza per alzarsi e qualcuno (già troppi) ha pensato che la sua vita tanto valeva lasciarcela lì, e l’ha fatta finita.
Per chi resta no che non è ancora finita. Hanno riaperto i cimiteri. La maggior parte non ha nemmeno la tomba su cui mettere un fiore, a uno hanno perso perfino le ceneri del papà, gli sono arrivate quelle di una donna e poi gli hanno telefonato che le hanno ritrovate ma bisogna andarle a prendere a… Cremona e pagare per riaverle.
Ce la faremo. Certo che ce la faremo, ma perdinci se dobbiamo cambiare noi, che cambi anche la maledetta burocrazia, che cambi la politica e l’economia e la finanza che ti azzera i risparmi proprio adesso che ti consentirebbero di sbarcare il lunario: se il verbo “ce la faremo” è al futuro ci aspettiamo un futuro migliore.