Contagiati. Forse. Non sappiamo. Comunque scampati. Ma adesso si fruga nella memoria, a dicembre ho avuto un po’ di raffreddore, mi mancava il fiato, poi mi è passato. E io allora che a metà gennaio ho avuto la febbre per tre giorni e mia moglie che diceva che facevo il “piàtolo” perché erano “lineette” che mi dovevo vergognare tutto il giorno spaparanzato sul divano con la coperta sulle gambe, “che mi sembravi mio nonno”, e invece adesso l’Istat lo dice che ero uno del milione e 482 mila persone (come avranno fatto a contarli?) che erano contagiati e manco lo sapevano. Ma chi l’ha detto?, mica li hanno fatti a tutta quella gente i test sierologici o come cavolo si chiamano e tu appena ti gira un po’ la testa sembra che stai morendo e comunque a te non l’hanno fatto, con quello che costa… Ma è scattata o no l’immunità di gregge?, sarà anche scattata ma tu non potevi accorgertene che sei sempre stato un pecorone, hai paura dei colpi d’aria, invece dovresti aver paura dei tuoi colpi di testa… Io esco senza mascherina che ne ho piene le scatole, no, tu fai quello che ti dico io che poi ci porti in casa il virus e contagi i bambini, ma se non ne abbiamo, ma potremmo averne se ti decidessi a fare l’uomo di casa…
Leggo che c’è chi tema l’avvento di un regime autoritario. Sarà il solito (noioso) sinistroso. Macché, l’allarme viene da destra. Ma come, non c’era quel tizio che un anno fa in spiaggia chiedeva pieni poteri? E l’erede del vecchio partito neofascista? Uno davvero torna a canticchiare “cos’è la destra, cos’è la sinistra?” (Gaber). “Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente…” (Battiato).
E allora cos’è la libertà? Se libertà significa ricerca della verità (Cartesio) siamo praticamente degli schiavi, perché già Aristotele condizionava la libertà individuale alla conoscenza di tutte le condizioni in cui un’azione libera si sarebbe svolta. E poi, “cos’è la verità?” chiede Pilato a Gesù e ha il torto imperdonabile di non aspettare la risposta.
In questo agosto, con i giornali sottili dell’estate che non legge quasi più nessuno, con la voglia di andarcene a cercare pace e riposare i sentimenti dopo la tempesta, ci tocca anche farci carico della mattane politiche che sono riprese dal punto in cui le avevamo lasciate. Niente sarà più come prima, ci siamo detti. “Siete realmente nel corso degli eventi? Siete ancora in divenire, voi? Chi siete? A chi parlate? A chi serve quel che state dicendo?”(Brecht).
La tentazione è la fuga. Ma per dove, il pianeta sembra tutto contaminato. Adesso siamo noi i contaminati, la nostra ottusità è l’avidità a costo di un inesorabile suicidio di massa. “Via, via, vieni via di qui, / niente più ti lega a questi luoghi, / neanche questi fiori azzurri… / via, via, neanche questo tempo grigio / pieno di musiche / e di uomini che ti sono piaciuti…”(Paolo Conte).
Vogliamo le estati di una volta con le canzoni leggere che volavano via, effimere come la breve e bella estate e i suoi amorazzi che per chi sta in montagna erano rivolti alla conquista delle ragazze di città, venute su con la puzza sotto il naso a farsi ammirare da noi burini che ancora si racconta di quella volta che due ragazzotti ruspanti andarono ad aspettarle al Santello e per esternare il loro interesse maschile le presero a bersaglio di una fitta sassaiola, il massimo dell’approccio cavalleresco alla loro portata, con conseguenza di pianto e proteste di mamme inviperite (stanziali e villeggianti) a protezione delle rispettive covate.
Soffochiamo l’acredine e il dolore, e ci resta ancora il pianto e il rimpianto per chi a questa estate non c’è arrivato. “…l’epoca mia sembra fatta di poche ore /… nelle ombre di un sogno / o forse in una fotografia / lontani dal mare /con solo un geranio e un balcone…”.