“Lunga vita a quelli che (ancora)cantano nel sogno (…) Adesso non riesco a capire chi di noi aveva ragione / durante le nostre dispute insonni e inquiete, / ha cominciato a mancarmi solo adesso / chi non è sopravvissuta alla battaglia”.(Vysotsky). Perfino il passato prossimo in questo tempo da lupi partorisce nostalgie, quelle delle sere in cui ci si illudeva di mettere a posto il mondo bevendo forte e discutendo su quelli che ci sembravano massimi sistemi, proiettati nel futuro che sarebbe stato luminoso, solo che qualcuno ci avesse ascoltato e non certo e solo il vicino di casa che si lamentava per i canti notturni poco leopardiani che seguivano le lunghe tormentose discussioni per scolpire nell’aria con la musica nostalgie di guerre mai combattute e e future battaglie solo immaginate.
Nei vecchi scalcinati teatri di oratorio andavano in scena le tragedie autorali che erano consolanti per gli spettatori che le tragedie vere le vivevano ogni giorno e quelle però sembravano ancora peggiori, “poverini”, ma alla fine seguiva la “farsa” che li mandava a casa col sorriso e la speranza che a seppellirli, come si sarebbe detto molto tempo dopo, sarebbe stata una risata. Ma tutti capivano dove finiva la tragedia e cominciava la farsa.
Oggi la tragedia si confonde con la farsa e va in onda in tv con protagonisti che interpretano se stessi. Mattia mi chiede a bruciapelo cosa significhi “retorica” avendo usato il sostantivo come risposta fantasiosa a una domanda impegnativa del tipo: avete studiato? No, abbiamo fatto della retorica. Gli spiego che ha un significato positivo che purtroppo è stato sopraffatto da una valenza negativa: nell’antichità era l’arte che dettava le regole del parlare e dello scrivere, adesso significa solo parlare a vanvera e dire banalità.
Come è successo per un altro vocabolo importante, il “trasformismo” inventato da Depretis presidente del Consiglio del Regno d’Italia, nato da solo vent’anni, per giustificare, lui rappresentante, almeno in teoria, della “sinistra”, l’appoggio richiesto e ottenuto da settori della “destra” su specifici problemi, in realtà nascondendo il fatto che sia a destra che a sinistra si stavano creando movimenti anti-sistema, e quando si ha un “nemico” alle porte ci si compatta anche tra semplici “avversari”. Che il Conte-Depretis abbia cercato e trovato chi lo appoggia per stare a galla in una situazione che non vede nessun reale “Hannibal ad portas” è trasformismo decadente, la tragedia (reale e continua della pandemia) che si fa farsa nella raffica di decreti contraddittori e quasi giornalieri. Direte, l’Hannibal ad portas odierno è appunto la pandemia: ma allora richiederebbe un… trasversalismo, più che un trasformismo.
E’ sconsolante in questa (con)fusione tra farsa e tragedia sentire pareri assurdi come quelli della neo assessora regionale Letizia Moratti che tra i “criteri” suggeriti per le priorità nella distribuzione del vaccino anti covid ci metta le regioni che producono più Pil (Prodotto Interno lordo). Secondo questa logica poi, all’interno delle stesse Regioni dovrebbero essere vaccinati per primi gli imprenditori… E’ il proseguo con altri (s)ragionamenti della priorità per i più giovani nel soccorso ospedaliero e della salvaguardia delle imprese di ogni tipo a scapito degli anziani, delle scuole (segnalo la novità epocale degli alunni che vogliono… tornare nelle aule) e della cultura in generale che poi è l’applicazione impietosa del “primum vivere deinde philosophari”, anche se si può rovesciare il detto con una frase che aveva pronunciato un altro Moratti, l’ex presidente dell’Inter, la scorsa primavera a commento del blocco dell’economia: “In questo momento mi pare più importante vivere che pensare ai soldi”. Che in latino potrebbe suonare: “Primum vivere deinde lucrare”. Ma anche in una visione del “lucrare” è una richiesta insensata perché l’affollamento degli ospedali ha costi enormi, quindi si dovrebbe intervenire col vaccino proprio sulle persone a rischio. Che sono soprattutto gli anziani. Inoltre l’affollamento degli ospedali produce i “numeri” per ulteriori restrizioni che vanno a penalizzare proprio i “produttori” di… Pil.
Ci vorrebbe un Socrate a fare da “tafano” ai parolai della retorica politica e popolare (facebook & c) moderna. Ma lo coprirebbero di insulti. E in fondo gli andrebbe ancora bene: ad Atene, culla della democrazia, per i suoi discorsi lo hanno condannato a morte.