benedetta gente

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    Tanto rumore per nulla. Rieletti sfiorando il plebiscito, i sindaci uscenti. Plebiscito? Sembra di rileggere il“Gattopardo” con le elezioni per l’annessione al Regno d’Italia a Donnafugata: votanti 512. Sì:512, No:0. “Io, Eccellenza, avevo votato ‘no’. ‘No’, cento volte ‘no’ (…) quel succhiasangue di Sedara mi annulla” dice Francesco Tumeo al Principe di Salina. Qui non c’è nessun Trump che imponga il riconteggio (con la beffa in Arizona di trovarsi con meno voti di quelli ufficiali). Voti comunque a valanga. Voglia di stare sull’usato sicuro, senza cercare il freddo fuori dal letto. Gente che non si è nemmeno scomodata ad andare ai seggi, meglio la comodità del divano. “Tanto non cambia niente” è il ritornello con più like, come usa in questi tempi in cui si misura il consenso sui “mi piace”, che poi uno ha la sorpresa di avere una valanga di “amici” e si ritrova solo e perdente nella realtà.

    C’è un mondo virtuale che pretende di apparire reale. Poi uno lascia la tastiera e si ritrova con il bisogno di chiamare davvero qualcuno in carne ed ossa che lo aiuti. I sindaci in questi quasi due anni hanno fatto il possibile, non tutti ma quasi tutti, si sono dati da fare, a volte hanno supplito anche le carenze inaspettate di alcune parrocchie, hanno organizzato soccorsi non solo sanitari ma anche alimentari. E sono stati premiati. Nelle faticose “ripartenze” non c’è spazio per nuove avventure, per salti nel buio, per sogni e voli pindarici, e nemmeno fanno presa grandi progetti di sviluppo, basta sbarcare il lunario hic et nunc.

    Anche perché questi sono tempi in cui mancano visioni di bisogni collettivi, non siamo più allenati a guardare oltre la siepe, affetti da una miopia dilagante come la pandemia, sommare i bisogni individuali porta alla confusione della torre di Babele, esigenze diverse e spesso opposte. Delle opere pubbliche interessa poco, e la beffa è che mai come in questo periodo i Comuni hanno avuto tanti finanziamenti per attuarle, ma è la qualità della vita quotidiana che si va cercando, e in quest’ultimo anno ci si è abituati ad accontentarsi anche solo di conservare la vita.

    Liste uniche a gogò e fortuna che hanno abbassato di dieci punti il quorum escludendo anche i residenti all’estero con diritto di voto da noi, altrimenti, come ha calcolato un sindaco, dei dodici Comuni bergamaschi con lista unica ben dieci sarebbero stati commissariati nonostante le facilitazioni di legge.

    I nostri vecchi più che un “diritto”, consideravano un “dovere” andare a votare, già, ma avevano in memoria il ricordo di un ventennio in cui non si poteva nemmeno alzare la voce, figurarsi criticare e tanto meno votare. Adesso si rivendicano diritti privi di fondamento a non sottostare a leggi che una comunità deve pur darsi, salvo non alzarsi dal divano per andare a scegliere chi amministra non il mondo, non uno Stato, ma semplicemente il proprio paese.

    I politici sono scollegati dalla realtà, come “i leoni da tastiera”, anche loro lì a dar credito ai sondaggi e ai like e poi adattare le proprie convinzioni all’andazzo di quella che si ritiene “opinione pubblica” maggioritaria e regolarsi di conseguenza.

    Sono plebisciti di rassegnazione, di paura che qualcosa cambi davvero e la storiella della vecchietta di Siracusa che pregava che il tiranno tornasse incolume dalla guerra per paura che ne arrivasse uno peggiore, sembra la fotografia sociale dei nostri tempi.