benedetta gente

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    “La guerra è un esproprio dei sentimenti”. La definizione di una anziana signora che mi raccontò la sua esperienza di vita grama durante le due grandi guerre del secolo breve, sembra perfino troppo gentile se qualcuno di noi si prende la briga di seguire o almeno dare un’occhiata alle tremende immagini della guerra in Ucraina, città rase al suolo, cadaveri ammucchiati, crudeltà da bestie non tra soldati ma su donne, vecchi e bambini.

    Ma noi no, noi liberi di scrivere quello che ci passa per la testa, le banalità, le stupidaggini di chi non sa niente ma pretende che quel niente sia un’opinione, addirittura una sentenza. E poi le impiccagioni in Iran, qui non in nome di un feroce riciclato del Kgb sovietico, ma addirittura di un Dio intollerante (soprattutto con le donne) e sanguinario. Migliaia di persone uccise nell’indifferenza delle nostre stanche democrazie, che, come nella decadente e moribonda Roma imperiale, è insofferente delle minime regole di una decente convivenza, coltiva paure inculcate sapientemente, si scontra per una squadra di calcio o per salvaguardare piccoli privilegi di categoria, che sembra l’unica “appartenenza” sopravvissuta al crollo delle grandi utopie del secolo scorso. E allora ci caschiamo sempre, si accapigliamo sui “marginalia”.

    Qualcuno ricorderà la gloriosa “Alto Gradimento” di Arbore e Boncompagni. Tra le decine di personaggi improbabili c’era lo studente liceale Verzo, che di studiare non ne aveva proprio voglia. Invariabilmente gli assegnavano temi dai titoli complessi e complicati. «C’hanno dato er tema: “Bartolomeo Colleoni, vita e morte” ma noi amo fatto assemblea e amo deliberato de fa’ er tema: “Er mio compagno de banco”». Era l’ironia sulle degenerazioni del ‘68 e sulle interminabili e accese “assemblee studentesche” per ogni minimo problema. Proprio in quegli anni erano definitivamente scomparse le “divise” scolastiche. Ho anni sufficienti per ricordare quando andavamo a scuola con la “divisa”, un camiciotto nero (le ragazze con il grembiule) con sulla manica il numero romano della classe frequentata. Alle superiori la divisa restava solo per le attività sportive, ogni scuola aveva i suoi “colori”. Il Parlamento francese sta discutendo in queste settimane una legge che imporrebbe agli alunni della scuole una “divisa” (abolita proprio nel ‘68) scelta dalla scuola che frequentano, giacca, pantaloni per i maschi, gonna per le ragazze. Brigitte Macron, moglie del premier, si è detta favorevole in quanto in questo modo si “combatte la disuguaglianza sociale” in quanto “eviterebbe la competizione tra gli adolescenti, spesso interessati a capi di marca costosi che soltanto i ricchi possono permettersi”. La proposta di legge viene da un deputato dell’estrema destra che invece pensa che in questo modo si “promuoverebbe un senso di identità che eviterebbe divisioni provocate da vestiti che riflettono una certa religione o identità etnica”.

    Sono sempre convinto si tratti di “falsi bersagli”, della serie di quelli che i sottomarini in guerra lanciavano per ingannare il nemico. Le terrificanti immagini della guerra in Ucraina scalano in graduatoria. Quelle delle impiccagioni in Iran ancora più sotto.

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