Sembra di vivere in mondi diversi che corrono su percorsi paralleli, su rette che potevano “convergere” solo nella mente di Aldo Moro (le celebri “convergenze parallele”). Da una parte il crollo degli ascolti dei talk show che ospitano politici che elemosinano voti promettendo di tutto. Ci buttiamo sulle canzoni che, sorpresa, raccontano mondi diversi, colpi d’ala qua e là rispetto alla prona terra su cui viviamo a fatica. “Hey, in questo mondo di santi / il nostro cuore rapito / da mille profeti e da quattro cantanti” (Venditti). Anche il carnevale ha perso senso, se non c’è quaresima, il rovesciamento delle parti presuppone che ci sia il contraltare, la trasgressione non esiste senza la regola da violare, sia pure per un giorno. E non ha più senso mettersi in maschera nel tempo in cui usciamo di casa ogni giorno già mascherati, e diffondiamo immagini taroccate di noi stessi su facebook, al punto che non ricordiamo nemmeno noi chi siamo davvero.
Dall’altra parte appunto la smania di protagonismo, il “farsi vedere” a tutti i costi, “vota Antonio, vota Antonio La Trippa!” (Totò) e l’Italia cambierà, rivoltata come un calzino, come prometteva il giudice di tangentopoli, al potere gli onesti, i duri e i puri. Non è andata così nemmeno negli anni delle monetine lanciate ai politici in una rivolta che sembrava rivoluzionaria. Si è poi visto che tutto è cambiato per restare tutto com’era (rivoltando la frase de “Il Gattopardo”)
Ho visto piccoli imprenditori, aspiranti ducetti, che volevano portare il modello di piccola impresa in quella grande impresa che è lo Stato, la voglia di schiavismo che non è mai sopita, che si accompagna al razzismo che alimenta menti deboli che poi sparano sulla gente. “Hey, e disprezziamo i politici / e ci arrabbiamo, preghiamo / ridiamo, piangiamo / e poi leggiamo gli oroscopi”. Come se i politici fossero marziani arrivati da chissà dove, migranti nella loro stessa penisola. Sono nostri compaesani, hanno frequentato asili e scuole, compagni di banco di qualcuno di noi, che già allora magari tentavano di incantarci con delle promesse volate nel vento. “Voi, vi divertite con noi / e vi rubate fra voi / in questo mondo di ladri…”. Il settimo comandamento la Chiesa Cattolica l’ha snobbato, ha puntato tutto sul sesto, quello sì che era “peccato mortale”. Il “non rubare” era marginale, solo nei film western il ladro di cavalli veniva giustiziato sul posto anche se poi poteva capitare che “il ladro di cavalli non era lui ma fu impiccato per comodità” (Vecchioni). La riforma protestante ha le radici proprio nello sbracamento affaristico della Chiesa di Roma (lo scandalo delle indulgenze vendute). Verso nord è il settimo comandamento che ha più importanza ed è stato esportato anche in America (sempre del Nord e i film western sono nati lì) dove magari se uccidi qualcuno trovi una scappatoia ma se frodi il fisco finisci in galera.
“Noi stiamo bene tra noi / e ci fidiamo di noi / in questo mondo di ladri / in questo mondo di eroi / non siamo molto importanti / ma puoi venire con noi”. Con noi? No che abbiano impegni, abbiamo cintato i giardini e gli orti, ci chiudiamo in casa, al sicuro che già certi giorni fatichiamo a stare bene con noi stessi. E sui nostri divani accendiamo la tv, guardiamo le partite di calcio, qualche film, magari l’Isola dei Famosi che almeno lì le carognate se le fanno in diretta tra loro e lasciano stare noi, già i telegiornali sono uno strazio, sembra che in Italia davvero “si rapina al lunedì, ci si ammazza gli altri dì, guarda un po’ che società, ipocrisia qua e là, non esiste morale (…) e le persone serie le han spedite in ferie (…) ma no ragazzi, non rattristatevi così (…) se andiamo a vedere questo (tele)giornale chissà di quanti anni è… è di oggi” (Celentano).
Pretendiamo di eleggere gente migliore di noi, gente onesta, seria, che abbia idee di come cavarci dagli impicci della vita, gente che non badi ai suoi interessi ma ai nostri, confondendo la somma degli interessi individuali con l’interesse della collettività che per definizione va oltre quella maledetta siepe “che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” (Leopardi). Ma ci siamo persi la capacità di giudizio, da che l’abbiamo basato sul nostro tornaconto.
Forse non sono rette parallele, solo due treni che viaggiano su due binari nella stessa direzione. Quale sia la stazione dell’ultima fermata non oso immaginarlo. “Ho un treno da perdere”. Ma è difficile scendere in corsa, va troppo veloce. E poi, via, “passerà anche questa stazione, senza far male, passerà questa pioggia sottile come passa il dolore” (De André).