“Una campana suona a tutte l’ore / Ma Cristo no ce sta dentro a ‘ste mura…” (Le mantellate – Strehler). No, Cristo “ce sta” nelle chiese, ma rischia la solitudine. E allora citando un classico “per chi suona la campana?”. Il grido di allarme è stato lanciato da “Avvenire”, il giornale dei Vescovi (per semplificare): «c’è un “gregge disperso” che frequenta sempre meno le Messe nelle parrocchie italiane. E qualcuno parla di “chiese vuote”». A frequentare la Messa almeno una volta la settimana secondo uno studio dei Dehoniani, è il 19% della popolazione e viene riproposta la domanda del Vescovo di Mantova: “chi si è allontanato da chi?” mettendo in discussione una “ritualità” che evidentemente ha stancato. Sarebbe come riproporre l’Aida di Verdi tale e quale per anni, gli spettatori si diraderebbero. Eppure, ci sono quelli che rimpiangono il rito in latino, confondendo la nostalgia della propria fanciullezza con il messaggio, che verrebbe riproposto in una lingua incomprensibile a quasi tutti. Salvaguardando comunque, debitamente spiegato, il patrimonio del “gregoriano”, che è imbarazzante veder soppiantato con certi canti attuali. Come nella riforma dei riti dopo il Vaticano II non è che si siano distrutte le chiese, si sono tolte le balaustre, che erano una barriera fisica che sottolineava il ruolo e la funzione del sacerdote e pur essendo passati dalla concezione verticale (il sacerdote volta le spalle al popolo fedele facendosi tramite diretto con Dio) a quella orizzontale del “convivio”, un richiamo alla prima Chiesa degli apostoli, si sono conservate le strutture architettoniche degli edifici.
È con il Covid che la diserzione si è accentuata, favorendo una religione fai da te in sintonia con l’individualismo dilagante. Una botta di narcisismo, come a dire, “proviamo anche con Dio non si sa mai” (Dalla) ma lo faccio direttamente, Io e Dio (e spesso in una tracimazione di autostima gratuita i due soggetti si identificano). L’analisi diventa impietosa nei numeri riferiti ai ragazzi: negli ultimi 20 anni gli adolescenti tra i 14 e i 17 anni che frequentano la chiesa sono crollati dal 37 al 12% e tra i giovani tra i 18 e 19 anni dal 23 all’8%.
Eppure, assistiamo ad “adunate oceaniche” della gioventù cattolica nella giornata mondiale alla presenza del Papa. Una ritualità più consona ai tempi, ai gusti, perfino alle mode, che mette quindi in discussione il rito della Messa domenicale disertata in quanto ormai “noiosa”. Questa voglia giovanile di stare insieme sembra contraddire quello che si è appena detto, l’individualismo dei fai da te, che però è prerogativa dei più su di età, lasciando ai “vecchi” (sempre meno per ovvie ragioni anagrafiche) il muoversi da casa appena una folata di vento smuore la campana. La proposta dell’articolista di “Avvenire” è: “la liturgia è un corpo vivo, non un fossile e può ricorrere a parole nuove o a approcci che colgono le sensibilità di oggi”. Ma va oltre: «c’è la qualità dei riti che può essere riassunta nel motto “Più Messa, meno Messe”. Succede che si tenga un’Eucaristia domenicale per otto persone e l’ora successiva per altre quindici. Moltiplicare le Messe e smembrare l’assemblea è contrario alla natura dell’Eucaristia che implica il “convergere in uno”. E la quantità rischia di andare a discapito della dignità liturgica».
Il riferimento è ai preti costretti a celebrare cinque o sei Messe in una domenica in diverse parrocchie restate senza parroco, il povero prete che corre da una chiesa all’altra mentre le campane si rincorrono in richiami a vuoto, celebrazioni magari trafelate e omelie raffazzonate.
C’è un Sinodo in corso, che alcuni hanno definito forzosamente “Concilio Vaticano III”. Per la prima volta con la presenza non solo dei Vescovi, ma dei laici e, attenzione, delle donne. E ci sono a questo proposito delle prese di posizione sulla possibilità di conferire il presbiterato alle donne. Che ci sia movimento nella Chiesa (lettera maiuscola) è confermato anche dai 5 “dubia” rivolti al Papa da altrettanti Cardinali. Il Papa ha risposto alle cinque domande citando i suoi predecessori. Per il sacerdozio alle donne resta il macigno dell’affermazione di Giovanni Paolo II che aveva escluso «in modo definitivo» l’ordinazione sacerdotale alle donne. Papa Francesco del suo predecessore dice che «in nessun modo stava denigrando le donne e conferendo un potere supremo agli uomini (…) quando parliamo della potestà sacerdotale “siamo nell’ambito della funzione, non della dignità e della santità”». Parole pesate, difficili anche da interpretare se non per orecchie teologicamente esperte. Ma poi apre una discussione non da poco: D’altra parte, per essere rigorosi, riconosciamo che non è stata ancora sviluppata esaustivamente una dottrina chiara e autorevole sulla natura esatta di una «dichiarazione definitiva». Non è una definizione dogmatica, eppure deve essere accettata da tutti. Nessuno può contraddirla pubblicamente e tuttavia può essere oggetto di studio, come nel caso della validità delle ordinazioni nella Comunione anglicana”. Sta dicendo che non è che tutto quello che dicono i Papi è… vangelo.
Ecco, il vangelo. Rileggendolo sembra tutto chiaro, semplice. La Chiesa come la Politica. “Dum Romae consulitur Saguntum expugnatur”. Che adattato suonerebbe come “mentre a Roma discutono sul sesso (in questo caso non degli angeli), il gregge si è disperso.