benedetta gente

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    Ritorna, come un ritornello fastidioso, la domanda sottintesa dell’Avvento, con i suoi colori violacei, una sorta di periodo penitenziale in attesa… già, in attesa di chi, di che cosa? «Vari gli atteggiamenti verso il Natale, / e possiamo alcuni trascurarne: / il mondano, l’apatico e quello commerciale, / il triviale (le bettole aperte tutta la notte), / e il bambinesco – ma non quello del bambino / per cui la candelina è una stella e l’angelo / dorato ad ali tese in cima all’albero / non è ornamento soltanto, ma è un angelo…» (Thomas Eliot).

    Il Natale è stato dilatato per convenienza di mercato e Dalla con il suo “sarà tre volte Natale” è stato perfino pessimista. L’attesa è azzerata. Quindi, se non c’è attesa, non aspettiamo nessuno. Gli Ebrei (i credenti perché anche tra loro sono cresciuti gli scettici) aspettano da sempre il loro Messia, il liberatore. Da che cosa? Dalla minaccia di estinzione di quello che si ritiene il “popolo eletto”. Un Messia guerriero. E nell’attesa fanno da soli. La loro “terra promessa” è contesa, l’avevano conquistata a suon di battaglie, raccontate nella Bibbia, Antico Testamento. Dio lo vuole!

    Anche il Dio dei musulmani è lo stesso, anche se lo chiamano con altro nome, avendo gli stessi Patriarchi e perfino molti degli stessi Profeti (Gesù è considerato tale).

    Noi cristiani ci siamo già passati, il Messia è già stato tra noi, va beh, è stato perseguitato e crocifisso. Ah, ma non da noi, s’intende, da quelli che si aspettavano un Messia guerriero e si ritrovavano uno che predicava di amare i propri nemici. Non che noi cristiani lo seguiamo fino a questo punto, anzi. E allora festeggiamo un compleanno, diluito nel tempo, al punto che l’abbiamo rimpolpato di elementi più colorati, Babbo Natale, elfi e dintorni.

    E allora a cosa è mai servito scendere da una stella a una stalla per avere duemila anni e passa dopo un mondo che non aspetta nessuno e i “salvatori” occasionali li innalza sugli altari per poi divertirsi a precipitarli nella polvere? In fondo nessun salvatore pare all’altezza dei nostri desideri terreni, non comunque per il “dopo”, per il vero desiderio inconfessato, quello dell’aspirazione all’eternità. Siamo scettici e allora carpe diem, confidiamo nella scienza, abbiamo sentito dire che le cellule staminali sono in grado di… Poi arriva il Covid a scuoterci perfino quella fede terrena nel progresso scientifico.

    E allora torniamo bambini per qualche giorno, dai, è nostalgia di un passato che naturalmente non sopporteremmo un solo giorno, senza il riscaldamento, le auto, la tv, la lavatrice, il frigorifero, il supermercato ecc. Però quel passato lo rappresentiamo nel presepio che è una fotografia d’epoca (un po’ incerta). Facciamo nascere Gesù detto il Cristo (=messia) nel passato. Siamo soddisfatti nel metterci i pastori e il gregge su per i monti, che allora non intasavano le strade che in coda dentro le nostre auto adesso malediciamo. Il mondo è cambiato ma non ce la sentiamo di rappresentarlo nel presepio, non osiamo mettere una capanna in mezzo ai grattacieli, stonerebbe. O stonerebbero i grattacieli. Del resto, Gesù non nascerebbe volentieri in questo mondo impietoso, dove ognuno si fa gli affari suoi e gode delle disgrazie altrui, non saprebbe da dove cominciare per salvarlo. Al tempo il male stava là in alto, nel Palazzo di un Re geloso che fece ammazzare i bambini per paura che si avverasse la profezia che uno di loro gli soffiasse la poltrona. Adesso i bambini e poi i ragazzi e poi i giovani sanno che le poltrone sono tutte occupate e c’è la fila per prendere il posto appena se ne libera una. Allora la famiglia di Giuseppe e Maria scappò, varcò la frontiera dell’Egitto (allora non ti controllavano come adesso), scappavano dal male. Oggi non sappiamo neppure riconoscerlo, il male. E allora facciamo nascere il Bambino in un posto che non c’è più, in un angolo del salotto o della cucina, dove nessuno si sognerà mai di venire ad adorarlo, visto che ognuno adora solo se stesso.

    E comunque arriva un ennesimo, altro Natale. Se ci lasciamo andare capace che riusciamo a tornare bambini “per cui la candelina è una stella e l’angelo / dorato ad ali tese in cima all’albero / non è ornamento soltanto, ma è un angelo…” e perderci tra le nenie e le illusioni di annunci di pace innocui, che fa bene perfino cantarli, semel in anno, magari anche solo fingendo di crederci davvero. Buon Natale gente e buon anno. E spero vi riesca.