“Hoc erat in votis” ripeterebbe Orazio, sostenitore dell’imperatore Ottaviano Augusto, che non era stato precisamente eletto da un voto popolare e non aveva limiti di… mandato. Il terzo mandato per i Sindaci dei Comuni oltre i 5 mila abitanti (per quelli con meno popolazione c’è già) sbloccherà una situazione di stallo in parecchi Comuni che vanno al voto. Che sia un bene o un male dipende dalle persone. Personalmente ho fatto tre mandati consecutivi da sindaco ma al terzo ero stanco, quando si è alla conclusione di un ciclo conviene passare la mano. Le indennità (lorde) sono state aumentate, nelle intenzioni per invogliare gente a impegnarsi nelle amministrazioni locali, cercando di tamponare lo tsunami delle liste uniche.
Il provvedimento è del Governo centrale, anche se poi il suo “contributo” per sostenere in bilancio queste indennità è poca cosa, il peso maggiore ricade sulle casse comunali. Serve a niente dire che mettersi al servizio del proprio paese dovrebbe essere un onore da affrontare come volontariato, c’è chi regala il suo tempo per le associazioni, a maggior ragione si potrebbe regalarlo per l’intera comunità (per carità, spese vive rimborsate). Con queste indennità, che variano da soggetto a soggetto (per i dipendenti e i pensionati ad es. sono la metà, ma non si capisce perché sia piena ad es. per i professionisti) uno potrebbe cadere nella tentazione di prenderlo per un “mestiere”. Il che significa doverlo mantenere più a lungo possibile. E per farlo accontentare ogni pretesa individuale.
Perché ormai siamo sensibili solo ai nostri bisogni personali. E rinchiudendoci nei nostri bunker casalinghi siamo insofferenti e indifferenti nei riguardi dei bisogni altrui, anzi, coltiviamo invidie e rancori per chi non li ha. Aspettiamo l’occasione per demolire (almeno a parole sui social) ogni successo altrui, insinuando, attaccando, insultando: se uno fa del bene pensiamo subito che sotto sotto imbrogli, che lo faccia per interesse.
A dar voce tonante a queste insinuazioni ci pensano alcuni personaggi che sui social e su alcuni giornali si ergono a giustizieri. Se uno ha avuto un incidente in vacanza ed è rimasto invalido, la reazione alla sua richiesta di aiuto è che “poteva restare a casa sua”. Se uno mette un post “buonista” (che è confuso con la tolleranza) e, come si dice adesso, “inclusivo” (vale a dire attento ai disabili) questi giustizieri insinuano che sicuramente lo fa per interesse, non tollerando che qualcuno sia disinteressato, il che sarebbe un tacito rimprovero al fatto che noi agiamo invece per interesse e quindi tutti sicuramente lo fanno. Le conseguenze sono diverse, c’è chi reagisce o se ne frega e chi arriva alla disperazione e al suicidio.
L’individualismo esasperato (ognuno per sé) è devastante per il senso di comunità e produce disinteresse verso l’impegno amministrativo e politico. Non c’entra più nulla destra o sinistra, qui ognuno sta al centro di se stesso. Panorama desolante.
Ed ecco un piccolo segnale positivo: tornano più candidati a sindaco in molti paesi. No, nella maggior parte dei casi non c’entra nulla l’aumento delle indennità. Tornano i “vecchi”, quelli che si erano defilati negli anni scorsi “per far posto ai giovani”. Nella constatazione che c’è bisogno di risollevare la testa, di avere progetti comunitari: che se la popolazione montana, ad esempio, diminuisce non è solo per questioni anagrafiche di scarsa natalità, ma anche per carenza di servizi e occasioni di lavoro. Un Sindaco ci può e deve pensare. Il terzo mandato, se serve solo a fotografare l’esistente, non è adeguato a usare la frase di Orazio. Perché nel “Hoc erat in votis”, il “votis” a questo punto non verrebbe tradotto correttamente in desideri e aspettative, ma banalmente in… voti.