C’è bisogno d’amore perdio

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    Annibale Carlessi

    Giorni così. Giorni dove il diverso non suscita curiosità ma paura. Che ne so. Sarà l’autunno. O forse è sempre stato così. Ognuno di noi appartiene ad un passato costruito dai nostri padri con usi e costumi diversi. E così sorgono discriminazioni, pensieri contrari, incomprensioni, quasi sempre dettate dall’ignoranza e dalla paura del “diverso” da te. E si affrontano discutendo in assemblee o riunioni di gruppi magari toccati nel vivo, da situazioni in cui si viene a convivere forzatamente. Poi si torna alla cosiddetta normalità, e anche i dissapori e piccole incomprensioni non mancano, e ti ritrovi a discutere con il vicino di casa, siciliano o milanese, o semplicemente tuo compaesano. La cattiveria che usi nei confronti di chi non fa la “differenziata” in modo adeguato, non è di grado inferiore a quella che usi con il Somalo che vive nel tuo quartiere. L’astio che c’è con l’amico dirimpettaio perché il cane ha sporcato nel giardino condominiale e non ha pulito è talmente pesante da creare vero imbarazzo nel solo continuare a salutarsi, più che il malumore per accettare una Moschea Musulmana nei pressi della tua chiesa. E se un gruppo di persone si riunisce nei pressi della tua abitazione per un barbecue, pur conoscendoli uno per uno, non tolleri nemmeno per una sera che si intrattengano a schiamazzare allegramente un’ora dopo l’orario consentito, ed è più difficile che digerire il fatto che in una città si siano inseriti dei gruppi di nazionalità cinese aprendo una catena di ristoranti. Lo stesso che litigare furiosamente con la maestra che ha alzato la voce con tuo figlio a scuola, perché disturbava in classe, con molta più furia mostri i denti per un episodio del genere, che accettare di avere nella stessa classe di tuo figlio degli Asiatici o Giapponesi. Si discute animatamente con il parroco del paese perché non ti ha concesso l’orario che desideravi per occupare il campo di calcio per una partita, e lo boicotti non andando più alla messa, e lo ostacoli con ogni mezzo, con un vigore tale che non useresti nei confronti di un raggruppamento di Rom assemblato vicino a casa tua. Da piccolo il babbo mi portava spesso al sud per lavoro, e mi affidava spesso a dei gentili signori che durante la giornata lavorativa si prendevano cura di me: come quando rimanevo in compagnia di persone anziane che facevano i custodi alle navi attraccate al porto, e loro mi facevano giocare ai pirati sul molo, o come quando dei pescatori mi portavano con loro ad una battuta di pesca istruendomi sul modo di pescare, ma anche di signore anziane o meno, che mi portavano nell’orto per farmi imparare l’arte ortolana, e poi ancora e ancora… tutta gente del sud che si prendeva cura amorevolmente di un ragazzino del nord. Così che più di quaranta anni or sono, quando tornavo al nord non riuscivo a capire perché i miei compaesani fossero così ostili e prevenuti con la gente del meridione, e spesso chiedevo il perché a mio padre che mi spiegava che gli idioti ci sono dappertutto, in ogni nazione e cultura, così come la brava e onesta gente. Allora che fare? “C’è bisogno d’amore, perdio…” (Zucchero).