I miei sogni impauriti

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    In un pantano di gente, scatole di cartone, pacchi in consegna e pacchi di ritorno, viaggi su sommergibili per cercare pezzi di adrenalina come fossero popcorn, una guerra che sembra lontana anni luce e storici che raccontano a scuola quelle di 100 anni fa e ignorano l’ora. E’ come se l’ora non ci fosse mai. E anche io allora che vivo l’ora non ci sono.

    E forse a volte andrebbe bene davvero così. Appoggio la mano sul tronco di un albero, non per assicurarmi l’esistenza dell’albero ma della mia. Io che sono solo il 9, giorno di un giugno di qualche anno fa. Sono l’ora poco dopo le 9 del mattino. Sono le urla di mia madre che mi dà la vita. Il suo sudore che mi regala probabilità. Il suo grembo che mi fa intravedere una luce che inganna. Sono lo schiaffo di un medico che neanche lui crede all’adesso e schiaffeggia chi nasce per assicurarsi che non sia uno scherzo.

    E poi sono diventata un sipario aperto. Sono i miei sogni impauriti. I vuoti sospesi al mio collo come amuleti. Sono lo stretto cappottino rosso che mi ha fatto piangere quando l’ho perso non so dove. E che riaffiora ora, perché ci sono cose che sono sempre presenti. E non sembrano nemmeno importanti. E invece lo sono. Sono quella motoretta di plastica che ho visto e rivisto nella vetrina di giocattoli e non ho mai comprato. Sono la grammatica che non ho mai imparato.

    Sono il mio credere, da bambina, che la terra girasse intorno al mio cuore e il mio cuore intorno alla luna. Sono i miei vizi scoperti nei libri che non ho mai letto.

    Sono l’adolescenza del mio senso destro e la saggezza del sinistro. E il potere adolescenziale di tutti e due sotto una maglietta aderente. Sono la mia ostinazione e la mia noia veloce. Sono le mie stagioni trascorse e il tempo che mi prende in giro. Sono la nipote della bimba che fui e un labirinto senza uscita. Sono le mie cicatrici e i miei giri sbagliati. Sono la tenerezza che disperatamente cerco e i miei sospiri sul cuscino all’alba.

    Sono la mia attesa senza conoscere il tempo e il mio non capire lo spazio. Sono il silenzio che ho imparato. E il silenzio che non ho imparato finora. Sono il lupo della poesia che mi scorre nel sangue e sono io che corro scalza con lui. Sono la donna che non sono adesso, tutte le cose e le persone che ero ieri, che sarò domani, e che compongono scompongono e ricompongono me. E vorrei essere soltanto uno sguardo puro senza nome. Senza aspettative. Né paure. Né speranze. Per stare a quella soglia dove non c’è più io e non io. Essere libera.