Annibale Carlessi
Chissà perché quel giorno doveva andare così. Chissà perché è andata in quel terribile modo. Che a quel punto le domande non bastano
nemmeno se te le poni per una vita intera, e le risposte continui ostinatamente a cercarle anche se sai che non arriveranno mai. Un’infinità di domande si intersecano nella mia mente e tante risposte senza un senso logico. Che la vita è logica, o forse no, come l’atto d’amore che la genera, così come è logica la morte, quando però non sei tu l’inconsapevole arbitro di questa decisione, quando non sei tu, tuo malgrado a diventare il responsabile di una morte. E allora mentre Tu sei lassù, io rimango qua su questa stupida terra, con i miei perché, i miei ma e i miei se, con la sola unica speranza di ottenere il Tuo perdono, come già ha fatto la tua mamma, restituendomi alla vita che non pensavo più di meritare, e ridandomi un senso per continuare a viverla. E rimango qui a consumare i miei perché è i però, i miei ma e i miei se, per il resto di ciò che mi rimane da vivere, con la sola speranza del Tuo perdono, che sento mio sulla pelle e nell’anima. E lo chiedo incessantemente, ogni giorno che vede il suo mattino, dove io prego per Te e a Te, come faccio da quel triste giorno dall’unico colore grigio di quel due di febbraio di tanti anni fa, che nemmeno voglio ricordare con precisione, come se non volessi dare consistenza attraverso il tempo a una cosa che non vorrei fosse mai accaduta, anche se a ricordarmela per qualche minuto sono quei freddi numeri argento ogni volta che ti vengo a trovare con la mia carne, con il pensiero, il mio cuore e la mia anima, Tu sei sempre qui con me, ogni giorno, e sei senza numeri e tempo, che non contano, rimane il fatto, che meglio sarebbe non fosse stato mai. Il numero che ricordo è il tre, l’ora in cui sei volata in cielo dopo che la mia auto si è schiantata sulla tua. Probabilmente da allora, ho perso il senno se addirittura ti considero la mia amica del cuore, se addirittura sei, insieme alla mia mamma, il mio Angelo Custode. Da quel giorno devo essere impazzito a ricorrere a te quando ho bisogno d’aiuto, e vengo a pregare e a pregarti sulla tua lapide, ma lo so bene di essere un egoista e mi fa comodo darmi del matto, essere normale mi farebbe troppo male, non so se lo sopporterei. Non so… mille le domande che mi sono posto e mille me ne porrò ma non c’è logicità in tutto questo, dentro me sento che mi sei amica e preferisco immaginare così che riesco a proseguire il mio percorso di vita, perché senza pace non vivrei più. E lascia ti prego, che mi illuda che tu sarai la prima che rivedrò lassù, dopo che avrò scontato il mio lungo tempo che non è il nostro tempo. E tu se puoi, perdonami, che più sarà breve l’attesa, perdonami per il tempo che ti ho strappato dalle mani quel brutto giorno, per la vita che per mia colpa non hai vissuto. Perdonami Gloria. Chissà perché quel giorno è andata così, chissà perché…