Facciamo degli scarabocchi. Dalle lettere costruiamo parole, dalle parole formiamo versi, e dai versi ci vestiamo di poesia. Spolveriamo il cuore, abbandoniamo il mondo e ce ne andiamo io e te, per qualche ora o per qualche per sempre. A cercare quello che non c’è, a crearlo dove ci pare. Che se questo è il vero inizio d’anno, tu sei l’inizio di un infinito scorporato da orologi e roba varia. Che i secondi sono colpi di vento da buttare dove capita. Che io ogni volta che arrivo in cima al Santuario ed è buio, ci penso e a volte succede, rompo il muro del sogno e ti trovo al mio fianco. Che stappo una birra rossa al coraggio di perdersi. E poi ritorno e mi guardo attorno e mi sento fuori luogo come una lettera in un mondo di mail. E quando i bimbi che corrono con zaini pieni di libri, il cielo li copre. Azzurro elementare. Quello che mi permette di lasciarmi andare, di riprendermi e non farmi male. Quello di chili di poesia lasciati senza respirare. E i sogni si arrangiano da soli e iniziano a sognare. E mi sporco per bene rotolandomi nei tuoi peccati. Che anche quando finisce questo inizio non me ne frega niente, tu ci sei e mi rimani accanto, passeggiando anche tra le schegge di una vita in frantumi. Macerie, resto. Ma c’eri e resti.
Aristea Canini