Tremila anni sul mio viso. Il mio cuore è pieno di cammini, strade silenziose, incroci, tra l’età del ferro e l’età del nulla che c’è adesso. Dove un proiettile vale più di un bacio. Dove un carro armato vale più di un’alba. Dove gli occhi sono nascosti. Guardo i miei di occhi, che hanno amato il fuoco, il fuoco sano di passioni e amori. Se fossimo pietre, e se la terra fosse una caverna che ci protegge da ogni guerra, se noi fossimo un’ostrica dentro le alghe del mare, ma noi siamo invece una ferita, e siamo dei torrenti, senza letto e senza foce, siamo campane al transito del tempo.
Fossimo senza ricordi, come una roccia, noi ci potremmo riposare, ma siamo spazio, segno e sopra l’orizzonte fumo e vento. In cerca di Dio.
In questa Quaresima che non è pane ma è solo sangue. Ma porta comunque là, dove dovrebbero portare tutte le Quaresime, verso la Resurrezione. Di qualcosa di nuovo. Di qualcosa di vero. Forse. Ci siamo inventati i sogni quando non avevamo nemmeno un cassetto dove riporli e li lasciavamo circolare liberi dentro di noi. Quei sogni sono rimasti negli occhi, e quando chiudiamo le palpebre li guardiamo ancora meglio.