L’acqua sbatte forte contro le rocce. Io la guardo e la vedo tornare indietro, quasi avesse paura di andare oltre, un po’ come me, che mi piace sentirmi libera dappertutto e questo senso di scatola grande dove muoverci dentro a comando mi fa venire voglia di andare anch’io a sbattere, ma contro i confini del cielo e guardare dentro.
Che ne so. Ho sempre voluto tenere un mare o un lago in me.Da bambina, questo mare,sarebbe stato il regalo perfetto.Tante volte l’ho sognato mio, sotto il letto,avvolto in riflessi bagnati, pieno di grazia e di schiuma salmastra,tutto per me.La vita mi ha aiutato a costruirlo.Basta che chiuda gli occhi,e mi sta aspettando lì,liquido, dolce, vago,come un sogno infantileche all’improvvisomi salta tra le mani.E scopro che il mio mare è il cielo.
E io ho nostalgia di una terrain cui non sono mai stata,dove tutti gli alberi e i fiorimi conoscono,dove non vado mai, dove però le nuvolesi ricordano benedi me,straniera.Vadoverso un’isola senza porto,butto in mare le chiavigià alla partenza.Non arrivo da nessuna parte.La mia tela è come una ragnatela al vento,ma non si strappa.E oltre l’orizzonte,dove i grandi uccelliasciugano le ali al solealla fine del volo,c’è una terradove mi si deve accettaresenza passaporto.