Seduta sul nulla del tutto o sul tutto del nulla a seconda di come mi gira il cuore osservo quello che succede o che forse non succede. Il fiume in piena riparte. Il covid si fa da parte. Io non ho parte. Tu siedimi in parte. Che si parte. Non è passato nulla. Non è passato niente. Solo un anno e mezzo. Stanno riaprendoci le celle ma come del resto il carcere insegna, dentro non ci si redime, non si cambia, si passa solo il tempo in attesa di essere di nuovo fiume in piena. Come le bombe in Palestina. Tornate puntuali come le rondini a primavera.
I volti dei bimbi massacrati di cui sembra non fregare niente a nessuno se non a chi tenta foto da premio Pulitzer. Come le liti fuori da uno stadio in attesa che riapra. Come un fiume in piena tenuto a freno da una diga artificiale. Ma poi straripa e ributta addosso tutto.
Siamo nella corrente. E sarebbe bello provare a danzare tutti insieme verso il mare al posto di rubarci i pesci per sopravvivere in una corsa senza fondo e senza fondi. Per guardarci e scoprire che in fondo e nemmeno troppo in fondo, mi piace quel modo che hai di chiedermi le cose. Mi piace quando mi lasci una scelta, un’alternativa che mi regala un confronto. Mi piace quando mi incuriosisci. Mi piace quando mi proponi l’idea. E poi mi fai una domanda, che non c’entra niente. O che c’entra tutto. Le tue ragioni mi regalano spazio. I tuoi confronti sono libertà. Mi arredi il cuore. Ci appendi sillabe che mi fanno il solletico. E quando lo arredi mi apri le finestre dell’anima e mi butti fuori il dolore. E’ tutto lì. Al posto di prenderci per mano, prendiamoci per il cuore e meno per il culo. Usciamo dalla storia. E facciamone una nuova. Quella senza miti. Perché tutte le società cominciano col mito e finiscono col dubbio. Noi cominciamo col dubbio e finiamo non so come. Quel punto di domanda che mi fa da solo toccare il cielo con un… mito.
Aristea Canini