Questa è un’altra storia, ognuno ha le sue storie vissute, questa è la mia, di questo momento della mia vita. Lui era Tonino, che non ho mai ben capito se si chiamasse Antonio, presumo di sì, e la mia incertezza la dice lunga sul fatto che poi fosse un mio vero amico. Frequentava un gruppo di persone che ogni tanto frequentavo anch’io. Tutto qui. Ma mi sentivo distante dal loro modo di comportarsi, che a me pareva troppo libertino, e anche un po’ “demodé”, di fatto me la tiravo non poco, in quell’ inizio degli anni ottanta, e loro no. Quella volta con Tonino ce ne stavamo andando al mare, in occasione di un GP al Mugello. Io con ex moglie al seguito, BMW 1000 bicolore, marrone metallizzata per la parte superiore e oro tenue per l’inferiore, divisa da profili d’oro paralleli, una bomba! Tonino e Cristina la sua fidanzata da sempre, sin da ragazzi, con una Guzzi sport 350 rossa, Walter, bello come il sole, solo con la sua fiammante Honda 600 bianca e azzurra e un altro paio che non mi interessa ricordare. Ci si ferma per dormire a Genova, zona porto, giornali stesi per terra davanti alla banchisa e vestiti come eravamo con tuta e stivali cerchiamo di dormire, che poi a vent’anni chi dorme? Il giorno dopo si riparte e la sera arriviamo a destinazione, e nei pressi del motodromo, altro bivacco per la notte, questa volta in un più rassicurante parco, con soffice tappeto d’erba come giaciglio. Ci siamo. il giorno del gran premio, pochi minuti alla partenza del GP, ennesima sfida tra il mitico Lucchinelli, il compianto Papi, Farina, Roberts, Sheene il pluri fratturato e molti altri campioni della mitica classe 500 due tempi, migliaia di persone accalcate in quella doppia curva con sbocco al rettilineo, tutti eccitati per l’avvincente sfida, una persona in mutande e calzini bianchi, maglietta con maniche corte, sdraiata per terra con russata da animale ferito, era lui, Tonino che dormiva alla grande perché della gara non gliene poteva fregar di meno, sconvolgente. Qualche anno dopo, la sua storia con Cristina improvvisamente finì, è fini molto male perché lei scelse come nuovo compagno un bello della compagnia, Gigi, il mio amico Gigi “molla” cosi chiamato perché non stava fermo un attimo, mai. Tonino non si rassegnava alla nuova situazione e nonostante fosse un ottimo visagista e lavorasse per una importante casa di cosmesi, proprio non ce la faceva a sopportare quel grande dispiacere di un amore svanito, e non so bene se per quella disgraziata circostanza, ma prese a “farsi” e farsi di brutto, anche quando passò del tempo e sembrava aver accettato la fuga di Cristina. Cercavamo di non fargli mancare l’amicizia, come in occasione di un suo compleanno dove trasportammo con la mia mercedes 240 in discoteca, al Bla Bla di Scanzo, un asino di nome alpino, con un solo orecchio perché l’altro reciso chissà come e quando, con indosso una maglia azzurra della sua amata Napoli, la sua squadra del cuore. Mille altre furono le attenzioni, ma niente, lui continuò imperterrito a farsi di schifo, di droga, che ancora non so che cazzo fosse. A nulla valse nemmeno quella volta che io e Claudio lo assumemmo nel nostro allevamento di cani a Chiuduno, per tenerlo sotto controllo e cercare di impedirgli di farsi, e non servì neppure legarlo ad un albero quando dava in escandescenze per l’astinenza, quando tutto sembrava placarsi, di nuovo si ripeteva per lui il triste rituale della sua dannazione, che condiva con il dispiacere mai sopito di un amore finito, come la sua voglia di vivere e di lasciarsi vivere. Dopo un po’ ci si stanca di lottare con i mulini a vento, ed era il turno di un nuovo Don Chisciotte che se ne prendeva cura per qualche tempo, finché arrivava anche la sua ora di mollar la pugna. Cosi che si persero le sue tracce sino al giorno in cui si seppe che Tonino aveva deciso di andarsene da questa città, da questo paese che tanto lo faceva soffrire, e decise di espatriare a Porto Rico. Di tanto in tanto scriveva a qualche amico, dicendo di star bene, di trovarsi bene e aver ritrovato serenità. Un giorno al baretto di Torre Boldone ritornò, e non solo, ma con una moglie al seguito, che di solito la circostanza ti fa dire… una bella moglie con sé, ma scusate se proprio nemmeno per pietà di circostanza non ce la faccio proprio a dirlo, e non dico altro, una portoricana che povera lei era pure maltrattata dal marito, che nel frattempo era cambiato di carattere come un improvviso temporale d’estate. S’era fatto cattivo e molto diverso Tonino, le sue mani tremavano convulse, come i suoi gesti, le parole uscivano dalla sua bocca con uno strano tremolio, come egli fosse passato da un tipo di sostanza stupefacente ad un altro tipo peggiore del precedente, almeno questa fu la mia impressione. Da quella volta, passati un paio di anni, tornò in Italia ancora una volta, e ricordo che per l’occasione un amico del gruppo si adoperò per fargli una accoglienza degna di un Re, riunendo una trentina di vecchi amici in un ristorante per una allegra rimpatriata, dove Tonino apparve ancora se possibile più stralunato, più convulso e tremante, quella sera vendette a tutti delle collanine di corallo, che disse di sua fabbricazione, per racimolare qualche denaro per il ritorno. E poi nulla per un anno a parte qualcuno che ogni tanto veniva informato delle sue condizioni di salute da quel tedesco che affittava wind surf in una spiaggia adiacente a dove Tonino era alloggiato solo, o con la moglie, che tanto ormai non se ne sapeva più nulla. E poi il suo definitivo ritorno in patria, qualche anno fa, un tardo pomeriggio di una fredda sera di primavera a Torre Boldone e di nuovo eravamo tutti riuniti, anzi di più, molti di più, c’era anche gente che non avevo mai visto, con suo padre novantenne davanti a tutti, e lui Tonino a fare il suo mesto ingresso nella navata della splendida chiesa del ‘400 sorretto da quattro persone di statura simile, ed entrava lui in una bara color argento arrivata il giorno prima da Portorico. Ciao Tony, forse un giorno non del nostro tempo, mi racconterai che cosa ti è successo, non alla fine, ma in principio.
Annibale Carlessi