Voglie d’autunno

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    Ho voglia ancora sentire il calore sulla mia pelle di quel caldo che ti lascia asciutto, e sentire quel gusto forte del sole concentrato nel peperoncino di Calabria. Ho voglia di rivivere l’emozione di un appuntamento, con quell’emozione che si strozza in gola pochi istanti prima che lei arrivi, quando la vedi avvicinarsi, e ti prepari prima le battute, non vedendo l’ora che scocchi il primo bacio dopo un bicchiere di vino. Ho voglia di sentire ancora il gusto di un buon liquore di malto e torba, con i colori accesi di un kilt negli occhi, e lo scuro dei suoi fiumi, e il suo vento freddo in faccia, con la fierezza di quel popolo di Scozia che si respira. Ho voglia di andarmene per una volta ancora, in quel paese che sa di vecchio, e di cose passate, con gente che non ha più identità se non per gli altri, che vorrebbe ricostruirsi ma non sa come fare, dove i profumi hanno solo un gusto. Ho voglia ancora di farmi male con il cuore, con quella che non vuole essere la donna che io invece immagino invecchiare con me tanto penso d’amare, e pensare che senza lei nulla ha senso, niente può sostituirla, e farmi male, perché star male per lei, e vivere comunque, meglio di sicuro che lasciarsi vivere e vegetare con i miei sentimenti, forse per scoprire dopo aver tanto sofferto che non era grande quell’amore. Ho voglia ancora di bere wodka come fosse acqua minerale, tanto fa freddo nella gelida Mosca, rivedermi con quella gente ostile, ostile come la sua gelida terra che nessun nemico ha mai lasciato la invadesse, e nessun amico ha mai permesso che la amasse. Ho voglia ancora sentire i sapori di casa mia in primavera, le lumache stracotte quasi bruciate che cucinava la mia mamma accompagnandole con erbette o cicoria appena colte nel prato vicino, e lei che si privava di quelle leccornie per lasciare che io e mio padre ne mangiassimo dicendoci di non aver molto appetito, generosa per i suoi figli, immensa in quell’amore. Ho voglia ancora di pulizia e una corsa in moto tra quelle splendide vallate, senza fermarmi sino al confine, la Svizzera l’ho sempre e solo amata di passaggio, che tutto il fascino mi svaniva d’incanto come l’interesse dei suoi abitanti, e della sua cioccolata senza gusto che non sporca, come gli ingranaggi dei suoi inutili e precisi orologi. Ho voglia ancora di quelle crociere in navi di plastica e lampadine, che ti fanno sentire chi non sei, mangiando cose che non sai, che il tutto va bene allora che il gioco è bello se dura poco, e vedi trenta posti di paesi differenti senza aver visto nulla, e ti spiegano usi e costumi che dimentichi pochi giorni dopo il tuo ritorno, e non hai capito niente, ma vorrei lo stesso. Ho voglia di rivivere quel pomeriggio di domenica in cui ti dissi subito dopo pranzo dai tuoi, vado a farmi un giro in quel paesello di montagna, e nel tardo pomeriggio rincasando ti dissi, ho trovato la casa dei nostri sogni, e li ci rifugiammo dalle insidie del mondo. Ho voglia di partire, io e te, senza chiedere nulla a nessuno. Ho voglia di tutto e non ho più voglia di niente, ho voglia.

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