Emanuela Orlandi: 40 anni dopo si riapre il caso e il fratello cala l’asso, anzi no, cala il…Re (Cardinale), quel giorno a Borno…

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Che si dica il peccato e non il peccatore è un leit motiv della Chiesa Cattolica e ormai di tutto il resto del mondo. Ma quando il peccatore è indispensabile per risalire al peccato che si fa reato le cose cambiano. E in questa storiaccia che comincia nell’estate del 1983 e non è più finita c’è di mezzo davvero di tutto e anche troppo, e si arriva a toccare il cielo con un dito, ma qui non è il romanzo di Moccia, e per cielo si intende anche un Santo, Papa Giovanni Paolo II cioè Karol  Wojtyła e il Decano del Collegio Cardinalizio Giovan Battista Re. Due pezzi da novanta, anzi da 100. Giovan Battista Re che qui in queste valli è nato, a Borno, Valcamonica, e a Borno era arrivato grazie a lui Papa Giovanni Paolo II. Ma qui finiamo in altre storie. Qui si parla di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa nel giugno di quel 1983, di cui in queste settimane si è tornato a parlare e di un filo diretto che unirebbe come un filo di Arianna Karol Wojtyla, Giovan Battista Re e lei. Tutto in realtà comincia, o meglio ricomincia, nel 2017 quando Emiliano Fittipaldi (ora direttore di Domani) racconta di essere venuto in possesso di alcuni documenti davvero particolari: “:…Prima di consegnarmi i documenti, la fonte aveva tergiversato per settimane. Nei primi due incontri, durante i quali avevo chiesto consigli su come raggiungere l’obiettivo, aveva escluso con fermezza di avere le carte che cercavo. ‘Le ho solo lette, se le avessi te le darei, figurati’, aveva chiarito seccamente di fronte alle mie insistenze. Non ero convinto che dicesse la verità, ma tentai le strade alternative che mi aveva indicato. Capii presto che era fatica sprecata, e dopo un po’ tornai alla carica.

Alla fine, al terzo appuntamento, la fonte ha ammesso di avere il dossier. “Te li do solo perché credo che sia venuto il momento di far luce sulla storia.” Al quarto incontro, avvenuto in un bar del centro di Roma, mi consegnò una cartellina verde. Me ne tornai a casa di corsa senza neanche guardarci dentro. Appena varcata la porta del mio studio, la aprii. C’erano dei fogli: una lettera di cinque pagine, datata marzo 1998. È scritta al computer o, forse, con una telescrivente, ed è inviata (così leggo in calce) dal cardinale Lorenzo Antonetti, allora capo dell’Apsa (l’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica), ai monsignori Giovanni Battista Re e Jean-Louis Tauran. Al tempo, Giovanni Battista Re era il sostituto per gli Affari generali della segreteria di Stato della Santa Sede; Jean-Louis Tauran era il numero uno dei Rapporti con gli stati, un’altra sezione del dicastero della Curia romana che ‘più da vicino’, come spiega il sito del Vaticano, ‘coadiuva il Sommo Pontefice nell’esercizio della sua suprema missione’. Insomma, Re e Tauran erano nei vertici della Curia e, secondo l’estensore del documento, si sarebbero occupati direttamente della vicenda Orlandi. Il nome di Re era spuntato fuori già dalla lettura della prima sentenza istruttoria sul caso, firmata dal giudice Adele Rando nel 1997.

La presunta missiva di Antonetti, come molte altre a cui ho avuto accesso nelle mie inchieste sulla Santa Sede, non era firmata a penna. Alla fine, l’autore chiariva che non era stata nemmeno protocollata, “come da richiesta”. Leggo il testo della prima pagina tutto d’un fiato.

 

Resoconto sommario delle spese sostenute dallo Stato Città del Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi (Roma 14 gennaio1968),”, è il titolo.

La prefettura dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica ha ricevuto mandato di redigere un documento di sintesi delle prestazioni economiche resosi necessarie a sostenere le attività svolte a seguito dell’allontanamento domiciliare e delle fasi successive allo stesso della cittadina Emanuela Orlandi. La sezione di riferimento, sotto la mia supervisione, ha provveduto a raccogliere il materiale attraverso gli attori dello Stato che hanno interagito con la vicenda”. Fittipaldi ha raccontato e documentato, alcuni hanno sostenuto che i documenti fossero falsi, intanto però i documenti hanno cominciato a circolare in alcuni ambienti e il fatto che siano arrivati divieti e chiusure da parte di alcuni ambienti del Vaticano fa venire molti dubbi sul fatto che questi documenti in realtà siano veritieri. E questi documenti sono tornati alla ribalta in queste settimane, non tutti però. Ma quali sono questi documenti? Quello che balza all’occhio è l’attività di Analisi per ‘le spese sostenute’. I documenti riguarderebbero la parte relativa ai pagamenti per i quali è stata rilasciata quietanza, sono presentati in forma di resoconto bancario le quantità di denaro utilizzate e prelevate per spese non fatturate. Il periodo va dal 1983 al 1997, quindi Emanuela Orlandi sarebbe vissuta sino al 1997. La somma totale investita in quel periodo sarebbe stata di 483 milioni di lire. Comunque, l’elenco delle spese riempie le pagine due, tre, quattro e in parte la cinque del rendiconto. E ci sono anche spese strane, la prima voce infatti riguarda il pagamento di una ‘fonte investigativa presso Atelier di moda Sorelle Fontana’. La Orlandi, nell’ultima telefonata alla famiglia prima della sparizione, aveva in effetti detto che qualcuno le aveva proposto di pubblicizzare i prodotti di una marca di cosmetici, la Avon, durante una sfilata delle stiliste Fontana. Per la fonte, la Santa Sede aveva sborsato 450.000 lire.

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