La storia che vede protagonista un’anziana’ ingiustamente discriminata è venuta a raccontarcela in redazione una delle sue due figlie, che chiameremo Maria, che parla anche a nome della sorella, per non turbare la serenità della signora stessa, attenta lettrice del nostro giornale: “Nostra madre, vedova, ha subito dalla fine del gennaio scorso l’amputazione di una gamba a causa del diabete – esordisce Maria -. E’ lucidissima, quasi autosufficiente nel senso che, per esempio, è perfettamente in grado di preparare ogni giorno il pranzo per me e mia sorella quando facciamo pausa dal lavoro. Ovviamente è costretta in carrozzella, per cui abbiamo assunto una badante che l’aiuta soprattutto negli spostamenti, mentre noi figlie l’assistiamo quando la badante ha i suoi momenti di riposo. Ma abbiamo entrambe una famiglia nostra e dei figli piccoli, per cui, in previsione dell’estate e della chiusura delle scuole, abbiamo pensato di chiedere un paio di mesi di ‘sollievo’ contattando la RSA di Leffe. L’addetta ci ha assicurato che, qualora si fosse liberata una camera, ci avrebbe avvisato tempestivamente”. La camera, infatti, si sarebbe liberata verso la metà di questo mese e, contattate dalla RSA, le figlie avevano concordato di portarci la loro mamma per un mese, appunto, di ‘sollievo’: “Ma ci aspettava una brutta sorpresa: la responsabile ci ha comunicato che, vista la scheda sanitaria della mamma e considerato che si trattava di una disabile, non l’avrebbero presa. Dopo un ulteriore incontro per spiegare che la disabilità della mamma non presentava problematiche gravi, ci siamo sentite dire queste testuali parole: “Considerate che la nostra ‘camera solvente’ (nel senso che costa 3000 euro al mese) è come un hotel, e che nel nostro hotel i disabili non li vogliamo, preferiamo ospitare un’altra signora che ha meno problemi”….
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