FONTENO – MEMORIA – Don Giulio Gabanelli e la sua religiosità gioiosa

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Don Giulio era nato il 28 giugno 1923 a Fonteno. Dal papà Severo aveva ereditato il carattere fiero, combattivo e un po’ ribelle, dalla mamma Maria la dolcezza che tendeva a dissimulare dietro l’apparente ruvidezza, ma ben nota a chi lo conosceva bene. La sua famiglia dalle radici contadine gli aveva trasmesso i valori della generosità, della fraternità e della carità che ha saputo praticare e diffondere sempre.

In ogni luogo dove è stato, Don Giulio ha lasciato il segno. Tante le testimonianze d’affetto da Castione della Presolana (1950-1961) dove ha iniziato il suo apostolato, da Calolziocorte (1961-1969), cittadina nella quale ha gestito, agli inizi degli anni ’60, una stagione difficile ma ricca di fermenti sociali e istanze riformatrici che hanno attraversato anche la Chiesa e dove ha stretto amicizie durature che andavano oltre le appartenenze politiche e ideologiche e poi Zogno dove è stato prevosto dal 1969 al 1999.

Don Giulio era una persona intelligente e colta, dai molteplici interessi, dotata di un’intelligente ironia; amava l’arte come espressione dell’ingegno umano e della bellezza del Creato. Ha interpretato il Ministero sacerdotale nel segno dell’umanesimo cristiano, l’uomo al centro della Chiesa, rifuggiva dalle rigidità dottrinali: da lui trovavano ascolto e conforto credenti e non credenti; l’attenzione ai deboli, ai poveri è stata una costante.  

E’ nota la sua insofferenza verso le gerarchie ecclesiastiche (ci sono aneddoti divertenti a tal proposito) uomo di straordinaria franchezza, mal sopportava gli infingimenti e le rigidità.

Non sono mancate le amarezze, ma una vita sarebbe solo una favola banale se non fosse impastata con delusioni e sconfitte.

Il suo amore per la natura gli faceva amare gli animali, spesso protagonisti delle sue brillanti poesie dialettali. Significativo l’episodio del lupo che in Presolana gli aveva salvato la vita: da spiriti liberi avevano trovato una perfetta sintonia.

Era testimone di una religiosità gioiosa, amava la musica e i canti, il suono delle campane, anche per questo desideriamo ricordarlo con le parole di questa sua poesia, che vogliono essere un inno alla speranza in questi tempi difficili di pandemia:

O Sole mio

In Te che sei la vita

e semini nei cuori

il fuoco dell’amore

perché dolore e morte non sian la nostra sorte 

Al mio risveglio eterno

Sorprendimi a sorridere

Col tuo dolce splendore

Che possa condividere con Te, l’eterno amore

Clementina Gabanelli

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