Mario Castelli si porta i suoi 88 anni con fierezza e fermezza. La sua è una storia di “campanaro”, certo, tradizione di famiglia, cominciando dal nonno Pasquale e poi il fratello Andrea, Pasquale e adesso il nipote Fabio Rinaldi, coautore del volume: “Sonate per campane – La tradizione gandinese” che sabato 4 maggio (ore 20.30) sarà presentato al cineteatro “Loverini”, con concerto finale del gruppo Rataplam che accompagnerà le campanine di vetro: i brani proposti sono solo 6 tra i 512 presenti nel volume poco sopra nominato.
E qui bisogna spiegare a chi non ha l’età giusta per ricordare che i concerti di campane non erano solo quelli “a corda”. (Famosa la battuta: “L’alunno faccia un esempio di strumento a corda” Risposta: le campane. Ovviamente sbagliato, sono a percussione). E proprio a percussione c’era anche il suono che a livello popolare era chiamato di “allegrezza”. Si suonava (si suona ancora in qualche posto) nelle grandi feste “comandate” dei paesi. Le campane erano fissate con asticelle di ferro e c’era una tastiera con tasti di legno, un pianoforte lassù nella cella campanaria.
Non si suonava a caso, per ogni festa c’erano pezzi adatti alla ricorrenza, mariana, patronale ecc.
I tasti si “battevano” con il pugno, mica era una tastiera da pianoforte, più forte che piano comunque.
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