Gavino Ledda: “Vi racconto il mio ‘Padre Padrone’, il dattiloscritto alla Feltrinelli ma è nato… settimino, non lo volevo così. La mia infanzia a governare le pecore e…”

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Il passo lento di chi è abituato a guardarsi intorno, a scoprire i segreti di boschi e magari anche di quel vento che in Sardegna soffia sempre, soffia, eccome. E Gavino Ledda, classe 1938, lo sa. Nei giorni scorsi era a Clusone, invitato da Andrea Messa, appassionato di ‘Terra’, con la T grande, ex manager che una volta in pensione ha deciso di ritirarsi a Nasolino, frazione di Oltressenda Alta, che in quanto tale non esiste e Nasolino è solo il capoluogo di un Comune sempre più piccolo per abitanti. E si parlava di spopolamento dei paesi montani.

Gavino dalla Sardegna se ne è andato da ragazzo, per studiare alla Sapienza, così come fanno molti giovani delle nostre valli che si iscrivono all’Università e qui non tornano più. Un fenomeno generazionale che si ripete, negli anni ’60 la divisione era tra la civiltà contadina e la civiltà industriale che risucchiava manodopera dalle valli, i ragazzi se ne andavano e non tornavano e prima di loro se ne erano andati i loro nonni, magari in Svizzera o Belgio. E ora la civiltà industriale sta per essere superata dalla civiltà tecnologica. Ogni ragazzo, e questo è il minimo comune denominatore di ogni epoca, si sentiva e si sente autorizzato a pensare e dire che i propri padri erano e sono tagliati fuori. Un conflitto generazionale che si ripete. Anche ora la civiltà tecnologica non riposta i giovani su nelle terre alte, ancora una volta vengono risucchiati dal… basso.

Anche Gavino questo conflitto lo ha vissuto, respirato, percepito ed è sfociato nel suo ‘Padre padrone’, un libro che ha scosso un’intera generazione e che è anche diventato un film diretto dai fratelli Taviani.

Sono passati quasi 50 anni da quando hai scritto il libro, lo riscriveresti ancora così?

Non so, nel 1974 ho mandato il dattiloscritto alla Feltrinelli – racconta Gavino – con una lettera dove spiegavo che avrei dovuto lavorarci ancora altri due anni per completare il libro come lo intendevo io. Io volevo solo dare un assaggio di quello a cui stavo lavorando da anni ma una settimana dopo ricevo una telefonata dall’editore dove mi si dice che a loro il libro va bene così e che non volevano altre modifiche. Ma io così non lo avrei voluto, è un incompiuto. Credo che la Feltrinelli abbia avuto paura che io potessi cambiare qualcosa o togliere alcune parti…

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