Il “Gorno Zinc Project”, così è chiamato il progetto presentato dall’azienda australiana “Energia Minerals S.r.l.”, ha come obiettivo la riattivazione delle Miniere di Gorno, che interessano il territorio di Gorno, Oneta e Oltre il Colle, chiuse dai primi anni Ottanta. Previsto un investimento di centoventi milioni di euro, oltre duecento i posti di lavoro, ma la matassa s’ingarbuglia sempre più. Ora è arrivato anche il parere negativo alla riapertura da parte del “Ministero della Transizione Ecologica di concerto con il Ministero della Cultura”. Il sesto o il settimo “concerto”, ormai non si contano più. Quanto questi “musicanti” siano competenti in materia non è dato saperlo, ora basta una sigla per disporre.
Sicuramente colpe ne ha pure la società australiana che opera in loco da qualche anno per verificare le potenzialità del giacimento di piombo e zinco delle valli del Riso e Parina, ma le amministrazioni pubbliche locali non hanno mancato di aggiungerne di proprie. In primo luogo il disinteresse al problema per anni, non vedendo, non chiedendo né verificando quanto stava effettivamente avvenendo. È noto a tutti che la chiusura delle miniere di Gorno non è stata determinata dalla mancanza di minerale nel sottosuolo delle valli del Riso e Parina, ma per un trattato tra l’Italia e l’Algeria a seguito degli accordi per la fornitura di gas. In sintesi: io ti dò il gas, ma devi acquistare anche una certa quantità di zinco dei miei giacimenti. Accordo fatto e conseguente chiusura delle miniere di Gorno.
Successivamente una società australiana, che opera nel settore a livello mondiale, s’interessa del giacimento e inizia a verificarne la potenzialità e l’economicità. Dopo lavori di ricerca e preparazione, durati circa sette anni, occupando principalmente manodopera locale, la società ne ha verificato la fattibilità tecnica e la sostenibilità economica programmando la riapertura delle miniere. Apriti cielo!…
SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 8 LUGLIO