“Mi chiamo Mario Bonicelli e gestisco una macelleria a Gromo.
Lo scorso anno, circa 60 immigrati sono stati accolti in un albergo del paese su disposizione della Prefettura di Bergamo. La cooperativa responsabile ha affidato la gestione del cibo e dei materiali a una SRLS di Potenza, io mi sono occupato di fornire tutto il necessario.
Verso ottobre, il responsabile mi ha avvisato che la cooperativa stava accumulando ritardi nei pagamenti, ma mi è stato garantito che avrei ricevuto quanto dovuto, anche se con un po’ di ritardo. Fino a quel punto, tutto è filato liscio, ma da dicembre in poi, la situazione è precipitata: i pagamenti sono stati rinviati con scuse di ogni tipo.
A giugno, ho dovuto incaricare il mio avvocato di inviare una lettera formale, ma a oggi non ho ancora visto un euro. Mi ritrovo con un ammanco di 12.000 euro e ho scoperto che anche i due panettieri del paese sono stati truffati allo stesso modo.
Mi rivolgo a voi nella speranza che tramite la possibilità di fare un articolo possiate aiutare a smascherare queste persone in modo che si possa proteggere chi lavora onestamente, e viene messo in difficoltà da questi individui che continuano a operare impunemente, senza alcun intervento da parte delle autorità di controllo”.
Questa la lettera che ci è giunta in redazione denunciando una vicenda che ovviamente abbiamo voluto approfondire: “ La cooperativa responsabile della gestione dei migranti – spiega Mario Bonicelli – che è stata pagata, ha dato l’incarico dei pagamenti alla SRLS ‘Donik’ di Marco Giuseppe Donato e del figlio Antonio…
(…)
GROMO – SALERNO – La cooperativa: “Se ci sono ammanchi verranno rateizzati…” ma il responsabile non risponde
Cerchiamo di metterci in contatto con la cooperativa. Il numero che troviamo ci porta a Salerno, la cooperativa è la ‘Meltingpot’, a gestirla Antonio Vecchio, ‘vecchia’ conoscenza della zona, aveva già gestito i profughi che sono a Gavazzo e nella zona di Valbondione, dove in pieno autunno una nostra collaboratrice aveva portato indumenti pesanti per aiutare donne e bambini, ‘dimenticati’ in strutture non proprio ideali nel bosco e in posti isolati a 800 metri di altezza. Ci risponde una donna: “Buongiorno, siamo giornalisti, vorremmo parlare col responsabile della cooperativa”. “Dica a me, io sono una dipendente”, “alcune attività commerciali di Gromo ci hanno segnalato di non essere state pagate per alcune forniture, si parla di migliaia di euro” “Non so, io sono una dipendente, aspetti le passo un’altra persona”. Dopo qualche minuto un’altra voce di donna al telefono. ‘Lei è?’ mi presento: “Sono Aristea Canini, giornalista del periodico Araberara, lei come si chiama?” il nome non me lo dice, vado avanti, riformulo la domanda che avevo fatto pochi minuti prima all’altra persona al telefono…
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