GRUMELLO DEL MONTE – Don Alberto saluta Grumello dopo 15 anni: “Quando in una comunità ti senti a casa, il cambiamento spaventa, ma i tempi sono maturi”

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È proprio vero il proverbio ‘Partire è un po’ morire’, perché quando in una comunità ti senti a casa è chiaro che la prospettiva di un cambiamento radicale spaventa. Allo stesso tempo credo che i tempi siano maturi, soprattutto per la gente”, inizia così Don Alberto Varinelli, guardando alle spalle il lungo cammino che quindici anni dopo lo porterà a settembre a salutare Grumello del Monte e Telgate per diventare vicario parrocchiale di Seriate.

Dentro tutti questi anni ci sono emozioni forti, esperienze, legami indissolubili, altri che si sono persi per strada, un cammino che don Alberto ha percorso al fianco della sua gente, mai un passo avanti o uno indietro.

La mia storia è un po’ complessa – spiega -, perché sono arrivato a Grumello nel 2008 quando ero ancora un seminarista, sono stato ordinato nel 2010 e il Vescovo mi ha chiesto di continuare a vivere lì facendo però il curato di Telgate. Nel 2015, poi, quando il curato di Grumello è stato trasferito come vice rettore del Liceo del Seminario, sono diventato curato anche di Grumello”.

Quali sono i momenti più belli che porterai con te? “Li riassumerei con i momenti in cui ho costruito qualcosa con le persone, ho imparato che non esiste una comunità in cui c’è il prete che comanda e le persone che eseguono, ma esiste una comunità che funziona nella misura in cui è portata avanti dal prete e dalla gente insieme”.

E quelli più brutti? “Li lego ancora ai rapporti personali, quando si è arrivati al muro contro muro e non si è neanche provato a capirsi, quando le diversità di vedute non sono diventate delle ricchezze ma sono diventate motivo di scontro… L’unico dispiacere che porto via è la mancata riconciliazione con alcune persone con le quali non si è andati d’accordo e non si è riusciti a riguardarsi in faccia e mi dispiace, perché come prete credo nelle relazioni vissute in un certo modo e quando non si riesce lo si vive un po’ come una sconfitta personale”.

Cosa porti con te da questa lunga esperienza? “Quello che ho imparato dalla gente. Si ha l’idea che il prete arrivi per insegnare qualcosa, in realtà secondo me mentre insegna, impara anche tanto. Ho visto tanta passione nella gente, ho visto una fede molto forte in chi ce l’ha e ho imparato la preziosità, seppur nella difficoltà, della sofferenza. Non dimentico il fatto che ho celebrato il funerale dei genitori di miei ragazzi, il funerale di un mio animatore del Cre, il funerale di volontari a cui volevo bene. Vedere soffrire le persone ha fatto soffrire anche me e mi ha cambiato, perchè questa condizione ti permette di capire cosa conta davvero nella vita”….

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