Marco Pantani compirebbe oggi (13 gennaio) 50 anni. Non ha avuto modo di compierli. E’ morto il 14 febbraio 2004. E’ stato l’ultimo campione di ciclismo che abbia alimentato i sogni che ognuno ha dentro, quello di essere o almeno vedere e tifare per “l’uomo solo al comando”. E non pensate ancora alla noiosa e pericolosa riproposizione della formula politica. Era tutti i nostri sogni di staccare il gruppo in salita, perché è la salita che è fatica pura, sudore che gocciola dalla fronte, la bocca aperta a cercare ossigeno, gli occhi che cercano il traguardo o almeno lo striscione del Gran Premio della montagna. Marco Pantani aveva la dote che non aveva nessuno, non era nemmeno uno scatto, era una progressione irresistibile. La sua morte è ancora avvolta nel mistero (ma studi hanno rivelato incongruenze che alimentano il sospetto, più che un sospetto, che sia stato ucciso perché non rivelasse segreti che andavano a toccare interessi industriali nel campo del doping.
Ma resta il suo mito, dopo tanti anni ancora sulle strade del Giro appaiono striscioni di memoria.
Noi di Araberara, il 2 agosto 2008, avevamo intervistato il papà Paolo Pantani, presente alla festa per il 20° di fondazione del nostro giornale. Ecco alcuni spezzoni di quella lunghissima intervista sul palco a Lovere.
Qui riproponiamo l’intervista: