I 70 anni della Gap, a Sovere da 50 anni. 600 dipendenti, 70 milioni di fatturato: “Lasciamo Sovere a malincuore, creiamo un unico centro servizi a Brescia”

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È un pomeriggio di luglio. Caldo improvviso che sconfessa le previsioni catastrofiche di una stagione anomala. Ma nella sede della Gap, zona artigianale di Sovere, la temperatura è a misura di uomo (e di donna). Tra presente e passato che si intrecciano, ricostruiamo i 70 anni di vita di un’azienda che quest’anno avrà 600 dipendenti, un fatturato annuo sui 70 milioni. Prima il nome, il significato di Gap: che sta per Gianni e Aldo Piantoni. Per capirlo bisogna risalire al Patriarca della famiglia, Bortolo Piantoni, imprenditore, a lungo sindaco di Vilminore (dal 1949 al 1958 e dal 1964 al 1966) e poi presidente della Comunità Montana di Scalve, che fondò la prima società nel 1952.

Non c’è più il fondatore, ma purtroppo non ci sono più nemmeno Aldo (morto nel 1980 in un incidente sul lavoro) e Gianni, morto nel 1998.

L’Impresa del nonno

“Il nonno aveva un’impresa intitolata a suo nome, a Dalmine, fondata più di 70 anni fa nel 1952.  Aveva in appalto i trasporti della Dalmine. Anni dopo ha pensato di creare una società per i due figli, Aldo e Gianni. Ha acquistato un capannone qui a Sovere, zona via Roma, e ha avviato un’azienda di servizi per le acciaierie, non solo i trasporti che curava la società che già aveva, ma anche servizi complementari, recupero scorie, forno ecc. Poi, dopo qualche anno, la fusione tra la società originaria e la Gap. Il nome l’ha concordato con un suo amico commercialista di Lovere, il rag. Roppolo. Già nella denominazione, prima ancora che nella proprietà, ha voluto fosse chiaro che era dei suoi due figli. All’inizio era un’officina dove si aggiustavano i mezzi che venivano usati per i servizi nei vari cantieri, poi era anche un deposito per le scorie di lavorazione e i rottami. All’inizio lavoravamo ancora per la Dalmine, poi ci si è allargati, si lavorava anche per la Lucchini e altre acciaierie della Valcamonica. Tutto è partito da lì, nel 1975. E il nonno, per una decina d’anni, arrivava tutte le mattine da Vilminore, alle 7 del mattino era lì e la sera era l’ultimo ad andare via”.

A parlare è la vedova di Gianni, Elena Guidi, originaria dell’Emilia.

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