Le segreterie di FNP CISL, SPI CGIL e UILP UIL di Bergamo hanno incontrato il direttore dell’ATS e si dichiarano “insoddisfatti della assoluta mancanza di risposte. La lontananza fisica dovuta all’uso di mezzi tecnologici per gestire l’incontro fa il paio con la lontananza della persona dalle nostre richieste. Mancanza di risposte non giustificata dai risultati conseguiti e alle azioni fin qui effettuate”.
“Non possiamo certo tacere la profonda diversità tra il resoconto della ATS e il racconto quotidiano che ci viene fatto o che viene riportato dalla stampa, dai responsabili e dagli operatori delle RSA – dicono Augusta Passera, Caterina Delasa e Emanuele Dalfino, responsabili dei Pensionati di CGIL CISL UIL provinciali. Carenza di sostegno e consulenze sanitarie, carenza di indicazioni su come agire e gestire pazienti sintomatici, sono ormai doglianze quotidiane e diffuse tra i responsabili delle associazioni e delle singole RSA. Così come la responsabilità delle chiusure delle RSA. Non è stata citata da ATS la questione dei centri diurni integrati e delle ispezioni finalizzate alla riapertura che alcune case di riposo hanno segnalato alla stampa”.
Dall’incontro, continuano, non si è granché: “E’ emersa la consapevolezza che l’ATS abbia agito da “palo” per la Regione nella gestione “post covid” nelle RSA”.
Giupponi afferma che nelle operazioni di ricovero “post Covid” nelle RSA “l’ATS ha verificato che tutti i requisiti previsti fossero rispettati”, nonostante “tali ricoveri non servissero a decongestionare gli ospedali, perché a tal compito operavano gli Hotel Covid.”
“Non è nostro compito né nelle nostre possibilità indagare se questo abbia determinato, almeno in parte, la diffusione del contagio nelle RSA. Non vogliamo neanche partecipare al rimpallo di responsabilità che proprio in questi giorni sta avvenendo, partendo dal presidente della Regione Lombardia, ma come mai sono stati fatti questi ricoveri se a detta del direttore dell’ ATS non servivano a decongestionare gli ospedali? E che requisiti sono stati rispettati se da quella data il contagio ha assunto dimensioni da primato nazionale?
Purtroppo alle poche domande che abbiamo volutamente effettuate, dato il contesto dato, non abbiamo ottenuto risposta.
Nessun accenno ad una riapertura seppur controllata degli accessi. Cioè a consentire alla RSA di riprendere il loro ruolo socio sanitario di risposta alle esigenze del territorio. Certo in modo sicuro e controllato con tamponi per i nuovi ospiti e isolamento precauzionale almeno in fase iniziale.
La risposta sulla diffusione dei dati dei decessi fa riferimento ad una non precisata disposizione della Protezione Civile che impedirebbe la comunicazioni di tali dati. Non siamo a conoscenza dell’esistenza di tale disposizione. D’altra parte non è stata indicata in modo chiaro cosa sia, una circolare, una deliberazione, qualche altro strumento?
Approfondiremo. Anche in considerazione del fatto che l’Istituto Superiore della Sanità e l’OMS proprio in questi giorni stimano i decessi avvenuti nelle RSA. Ed è strano che anche loro facciano stime se i dati generali fossero in possesso della Protezione Civile nazionale.
Quello che esce è comunque una situazione di inadeguatezza e impreparazione del sistema pubblico nei confronti di questa emergenza, se si escludono la grande e spesso straordinaria volontà e la capacità del personale, a volte costretto a turni massacranti, tutto quello che si è usato è nella grande maggioranza frutto di donazioni o interventi specifici di privati o di esercito e protezione civile.
La grande sanità lombarda è crollata con una castello di sabbia alla prima vera grande prova dopo la rivoluzione Formigoniana – concludono i segretari di FNP CISL, SPI CGIL e UILP UIL. Lo testimoniano lo smantellamento della medicina di territorio, l’ impoverimento delle vecchie USSL nel passaggio alle ASL e il successivo totale svuotamento nel passaggio ad ATS. Oggi questa azienda appare più come una serie di uffici periferici della Regione che come un’azienda territoriale socio-sanitaria”.