Paola Clemente raccoglieva acini d’uva. Ad Andria. Il sole picchiava sempre quando lei china raccoglieva l’uva. 40 gradi di media, a volte anche di più, Paola non si lamentava perché non poteva lamentarsi. Paola prendeva la paga. E quindi doveva stare zitta. La paga di Paola era di 3 euro all’ora. E se si fermava i 3 euro venivano decurtati, perché l’uva andava a peso e ogni ora un tot di uva doveva trovare posto nei cesti. Paola, bracciante, ammazzata dalla fatica il 13 luglio del 2015 a 160 km da casa. Il proprietario dei campi dove lavorava Paolo è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo. Ma in questi giorni è arrivata la notizia, che il secondo processo, quello contro i presunti caporali, rischia di essere prescritto: a quasi otto anni di distanza dai fatti si è ancora nella fase dibattimentale. Quel giorno Paola non stava bene, già dalla mattina, ma di stare a casa neanche a parlarne. Non si può. E al lavoro ci era andata lo stesso. Ma poi quando l’hanno portata in ospedale era troppo tardi. Perché lì di portare qualcuno in ospedale quando serve non se ne parla proprio, prima vengono gli acini, poi tutto il resto. Paola lavorava per tre euro all’ora, e sulla carta era tutto in regola perché li funziona così, una busta paga fittizia, perché in caso di controlli non ci sarebbero stati problemi in caso di controlli. Ma Paola è morta. Per tre euro all’ora. A 40 gradi al sole. Annaspando dopo ore e ore di lavoro.
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