IL CASO/3 – Justyna, il tumore, l’invalidità, la solitudine: licenziata. Quel messaggio whatsapp del direttore

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Justyna non ha più un lavoro. Justyna è sola. Justyna è malata. Justyna è una delle dodici donne che hanno posato per il calendario di Abrarara, #ccw calendarcancerwoman. Raccontiamo qui quello che è successo in questi giorni, in queste settimane a Justyna, omettiamo il nome del direttore e dell’azienda, quello che rimane è una storia inquietante e che poggia le basi su una discriminazione senza senso, che purtroppo sta capitando a molte donne malate. Nessuno decide di ammalarsi di tumore. Ma forse non tutti capiscono questa cosa. “Avevo già un invalidità  – racconta Justyna – e l’azienda in questione che è un misto tra pubblico e privato e nella sua ragione sociale spiega la sua mission di gestione associata ed integrata degli interventi e dei servizi sociali, mi ha assunto. Io avevo già un lavoro ma non era vicinissimo a casa e così nel 2021 ho trovato questo lavoro e mi hanno dato garanzie di tenermi con loro, un anno a tempo determinato e poi sarebbe diventato indeterminato, poi l’azienda-cooperativa in questione era più vicina a casa e così ho accettato. Mi hanno detto che avevano bisogno di una persona come me, ho un buon curriculum, ho fatto il colloquio, mi hanno preso subito, lo stipendio era più basso di dove lavoravo prima ma era vicino a casa e per me era l’ideale e poi il lavoro mi piaceva molto. Un anno a tempo determinato che si sarebbe poi trasformato a tempo indeterminato subordinato alla revisione dell’invalidità che viene fatta ogni tot di anni. Ho cominciato a lavorare il primo marzo, ai primi di aprile mi hanno diagnosticato il tumore, ho continuato a lavorare, non ho mollato, ho resistito fino a che ho potuto, fino a giugno tutto regolare, avevo permessi ogni tanto per fare visite  ma recuperavo il tutto. A metà giugno ho smesso perché ho iniziato la chemioterapia. Le colleghe mi sono state subito vicine, mi trovavo benissimo, mi hanno sostenuto sempre e non nascondo che proprio il loro sostegno e la voglia di tornare con loro mi ha spinto a non mollare mai. Il direttore mi ha chiamata e mi ha detto che tutti erano molto contenti di me e del mio lavoro, e che non ci sarebbero stati problemi, il contratto sarebbe diventato a tempo indeterminato.

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