Non si trovano più candidati a sindaco, dilagano le liste uniche, la inutile fatica di cercare di candidare i “migliori” del paese che “hanno altro da fare”? Il Governo, nella legge di bilancio in approvazione, “rimedia” aumentando in modo vorticoso e addirittura esponenziale le indennità mensili dei primi cittadini. E stanzia un “contributo” statale che, nel caso i sindaci si riducano l’indennità, dovrà essere restituito. Tanto per monetizzare l’impegno civico e politico.
E’ una concezione al passo con i tempi in cui tutto si misura sui soldi. Ti rispondono che i professionisti vanno pagati. Non c’è professionismo in uno che si candida a sindaco, perché non c’è (non c’è più, un tempo c’erano) una scuola che ti “diplomi” per fare questo che non è un mestiere. Se lo diventa viene vanificata la democrazia, è come scegliere un architetto nell’albo.
Fare il sindaco è un ruolo che si deve (si dovrebbe) assumere sapendo che devi avere allenato l’occhio ai bisogni di una comunità, bisogni che non sono la somma dei singoli bisogni personali dei cittadini. Dicevamo della “scuola”. Fino a qualche decennio fa i Partiti facevano fare la trafila, dovevi essere allenato a discutere del territorio, dei servizi, delle necessità collettive che superano i singoli piccoli interessi personali. Se devi concedere una licenza edilizia devi avere l’occhio lungo. Se uno vuol costruire la sua casa sul terreno di proprietà fuori dal centro abitato è legittimo che lo chieda. Ma un amministratore deve pensare non all’incasso momentaneo degli oneri di urbanizzazione e costruzione. Deve pensare alle conseguenze della presenza di quella casa. Se è fuori dal centro abitato bisognerà portargli tutti i servizi, dovrà avere una strada, una fognatura, l’illuminazione, il servizio rifiuti, se avrà dei figli il pulmino dovrà passare almeno nei dintorni e questo non per un anno ma per sempre. Un costo permanente che l’incasso momentaneo non compenserà se non per un anno o due. Poi saranno costi fissi che ricadono sulla comunità. Per sempre. Ecco quindi che fare un PGT richiede l’occhio largo e lungo di chi “vede” nel futuro.
Un tempo si eleggevano a sindaco per gran parte gli insegnanti, non avevano interessi personali professionali, se eleggi un geometra o affine già avrà l’occhio privilegiato sullo sviluppo edilizio. Bisognerebbe valutare invece prima se ci sia un reale bisogno collettivo di espandere questo settore.
E poi l’approccio economista è sbagliato in partenza. Un imprenditore ragionerebbe in termini di convenienza economica. Ma una volta arrivato a guidare un Comune scoprirebbe che ci sono investimenti che non hanno “rientri”. Se fai costruire una nuova scuola non ne avrai alcun ritorno in termini monetari, è un investimento sulla qualità strutturale del servizio scolastico che non avrà nemmeno automaticamente un ritorno sulla qualità educativa e culturale che dipende dalle capacità degli insegnanti, non certo dalle nuove aule spaziose e attrezzate. Quindi in termini “imprenditoriali” è un investimento di denari a “fondo perduto”. Ma va fatto comunque per rendere un servizio decoroso e al passo con le esigenze dei nuovi tempi. Poi se nella nuova scuola ci sono insegnanti inadeguati il tuo investimento sarà davvero a rientro zero…
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