Pochi ormai a Tavernola conoscono la storia de “follo”, fino a pochi decenni fa esistente in paese.
Non so esattamente quando è stato costruito il palazzetto, ora del Comune, in cui era in funzione il follo e dove è rimasto fino agli anni settanta del secolo scorso quando nel palazzetto si era insediata l’officina meccanica di Gianni Piccin, sostituito poi dai Berta, proprietari di numerosi camion con le “pere” per il trasporto del cemento prodotto dai confinanti cementifici.
Il Berta parcheggiava i suoi camion nel grande piazzale ricavato anche con la demolizione del vecchio “Cantér” (osteria) e del campo di bocce e usava l’edificio, ingrandito e rifatto, come uffici. Quando Primo Berta improvvisamente morì, durante una visita medica, gli successe il figlio Elia, che continuò ad usare il piazzale e la palazzina esattamente come il padre, ma il complesso cementiero, nel frattempo, era stato venduto alla società francese Lafarge che, rifatto il contratto con i camionisti, non affidò più il trasporto alla ditta Berta.
Il complesso piazzale + palazzina uffici rimase quindi libero e fu acquistato dalla ditta Pezzotti di Vigolo che vi produceva anche cemento pronto per l’uso nell’apposita “officina” ricavata dalla copertura di parte del piazzale. Purtroppo però la ditta Pezzotti ebbe un rovescio economico e il complesso divenne proprietà di una Banca che lo vendette al Comune di Tavernola.
Cosa c’entra tutto questo con il “follo”?
C’entra, perché l’ultima parte della demolizione del vecchio “follo”, cioè l’acqua che dall’alto entrava nell’edificio e muoveva il “martello” di legno che “batteva” sul ferro o sui panni di lana, veniva nell’edificio dall’alto quando serviva mentre veniva lasciata scorrere sulla conduttura sopra l’arco che attraversava la strada lungolago dove si buttava con una cascata libera quando era superflua. Ora, con l’allargamento della strada, il ponte sopra l’arco è stato demolito e l’acqua che giace nel laghetto costruito da secoli scorre nel lago in una conduttura sotto l’asfalto. (Il laghetto sopra la palazzina c’è ancora ed è comunque raggiungibile dalla stradina che scende dalla provinciale per Cambianica prendendo avvio all’altezza della casa del “Cuca”).
Questo laghetto è tutto ciò che rimane del vecchio “follo” che per secoli ha sostenuto l’economia della popolazione del paese, povera in maggioranza per scarsità di terreni adatti all’allevamento delle mucche.
Mancando erba e cascine adatte alle mucche, la popolazione di Tavernola in larga parte si dedicò dunque all’allevamento di pecore. Le bambine imparavano presto a filare la lana per costruire maglie, calze e scialli per la famiglia e per dare i filati alle donne (alcune, quelle più esperte) che avevano in casa dei veri e propri telai. Queste tessevano la lana e ne facevano pezze quadrate o rettangolari irsute e spinose che poi si dovevano sottoporre alla “follatura”.
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