C’erano le figurine di latta con la foto dei campioni, si giocava sotto il porticato della chiesa, si battevano contro il muro e chi le faceva fnire sopra quelle degli avversari le conquistava. Pacchi di fgurine di latta e le prime biciclette pesanti che sulle salite si impuntavano, il Curato che ci aveva proibito di “tenere” per Coppi, il primo amore per Gastone Nencini, anche lui in odore di anticristo (in quanto toscano), Baldini e poi Zilioli e poi e poi. E poi arrivò come una folata di follia Felice Gimondi, gregario che andò a umiliare Poulidor al Tour, che i francesi ancora s’incazzano, come direbbe Paolo Conte, che fa il cantante. Sulle salite impietose del paese pesavano le pedalate delle bici senza cambi, che il primo manubrio di una Bianchi, senza quella ferramenta delle vecchie bici degli operai della cementifera, che andavano il mattino presto, in fla, sul lungolago, con il fanalino acceso, che la dinamo era caricata dalle stesse pedalate e noi con quella Bianchi dal manubrio piatto e corto, che facevamo a gara a batterci per interposta persona, i ragazzi delle gare in linea e quelli della corsa a tappe, che al fume costruivamo i girelli di sabbia, con le biglie con dentro la fgurina che soppiantarono quelle in terracotta. Il ciclismo esaltava perché c’era un traguardo da passare con la fatica, il sudore che sprizzava sulla salita e si asciugava addosso nelle discese, gare sognate, prima che arrivasse la Tv con le prime telecamere fsse sul traguardo, gare raccontate, e poi gli ultimi metri flmati, che lasciavano intatta l’epopea di una vita colta solo sul fnire, all’epilogo magari anche inaspettato, quando sul fondo del vialone appariva una maglia di un colore diverso da quello atteso. C’era il doping? Certo, ma nessuno ne parlava, occhi strabici e facce stravolte, come dopo una Parigi-Roubaix, il pavé che sembrava tanto all’acciottolato delle mulattiere, i sassi lisciati dal passaggio delle slitte trascinate (o frenate) dagli asini. Le telecamere mobili hanno portato la noia dei passaggi di certi anni della vita che sembrano appunto di transizione, non sembra succedere nulla e solo dopo ti accorgi che hanno contribuito a costruirti quel po’ di felicità che ti resta a consuntivo. Andavamo a vedere passare i corridori sulle nostre strade di montagna, una fruscio di vento, come facevano a salire il Ratù (14%) senza nemmeno zigzagare come facevamo con la nostra Bianchi? C’è gente che la vita la sembra vivere solo in salita, a fatica, come su certi sentieri della vita. E i traguardi intermedi, servono a incasellare gioie e dolori, prima di quello fnale. E il fnale della vita, purtroppo, non è mai in rosa.
IL PRIMO GIRO D’ITALIA
13 maggio 1909. Giovanni Giolitti guida il suo terzo governo e Filippo Tommaso Marinetti ha da poco frmato, su Le Figarò, il Manifesto del Futurismo. Ma quel giorno passerà alla storia perché il ventenne romano Dario Beni si aggiudica la prima tappa del primo Giro d’Italia. Partenza da Milano e arrivo a Bologna dopo 397 chilometri. Beni ci mette più di 14 ore a concludere la sua cavalcata trionfale. Alla fne, però, quel Giro (8 tappe per complessivi 2.448 chilometri, partenza da Milano il 13 maggio alle 2.53 di notte) lo vinse il muratore varesino Luigi Ganna che, all’Arena di Milano, dichiarò… “Me brüsa tanto el cül”.
CURIOSITA’
Corridori: ogni squadra al giro è composta da 9 corridori, ogni ciclista ha in media tre bici Biciclette: ogni bici costa dai sei mila ai novemila euro e alla fne del Giro non viene cambiata, può essere usata in corse successive ma i componenti devono essere sostituiti, il telaio può durare circa 4 o 5 mesi, i ciclisti solitamente non tengono le bici alla fne del proprio utilizzo. C’è però un corridore, Erik Zabel che le conserva tutte. In Italia vengono prodotte all’anno circa due milioni e mezzo di bici. La metà vengono esportate, circa 800.000 invece vengono importate. Il picco massimo di produzione di bici in Italia si è avuto nel 1994: 5.800.000. Il 50% circa di bici prodotte sono modelli da ragazzo, il 25% mountain bike, il 20% bici da città e il 4% bici da corsa. La fabbrica: la più famosa è la Royal Dutch Gazelle, fabbrica olandese: 350 mila bici l’anno, fatturato di oltre 12 milioni di euro. Ernesto Colnago, classe 1932, produttore di bici, parla con le sue creazioni (le chiama ‘le ragazze’). Una volta gli era capitata una bicicletta che non ‘andava d’accordo’ con Eddy Merckx. Allora lui l’accarezzò prima di ammonirla: ‘Ti avverto, pischella, come ti ho creata ti distruggo! Prova ancora a far arrabbiare Merckx e ti strappo i freni e me li mangio’. Chi usa la bici: Legambiente dice che in Italia si usa la bici per il 3,8% degli spostamenti urbani. In Francia la percentuale è del 3%, nel Regno Unito del 2%. Quelli che usano di più la bicicletta sono: olandesi (nel 27% degli spostamenti), danesi (18%), svedesi (12,6%), belgi e tedeschi (10%), svizzeri (9%), fnlandesi (7,4%), irlandesi (5,5%). Tra le città italiane ci sono fortissime differenze: Milano segna un 6,6% di spostamenti in bici, Torino e Firenze il 6%, Roma lo 0,5%, contro il 28% di Ferrara, il 25% di Parma o il 24% di Bolzano. Il comune di Giakarta, più di otto milioni di abitanti, per contrastare l’inquinamento ha obbligato tutti i dipendenti pubblici a recarsi al lavoro in bici. Il sindaco di New York, ha promesso agli abitanti della città tremila chilometri di piste ciclabili entro venti anni. In un anno a New York il numero dei ciclisti è aumentato del 35%. Secondo Legambiente le piste ciclabili in Italia tra il 2000 e il 2007 sono passate da circa 1.000 chilometri a oltre 2.400. L’Olanda ha 22 mila chilometri di piste ciclabili, New York 270 chilometri. A Roma sono appena 45. In Italia si pedala in media per 400 metri al giorno, contro i 2,6 chilometri quotidiani dei danesi e i 2,3 degli olandesi. Giovanni XXIII chiese a Bartali d’insegnargli ad andare in bici: “Voleva perdere qualche chilo pedalando su e giù per i viali vaticani”. Ciclisti: Quanti ciclisti ci sono in Italia? I tesserati nelle varie federazioni sportive sono circa 170 mila. Sugli amatori e su quelli che prendono la bici per girare in città non ci sono dati precisi. Secondo le stime di Italy Bike Hotels il turismo in bicicletta negli ultimi cinque anni in Italia è cresciuto del 10%. s