Carta di giornali , gior nali di carta ( velina?)

    0
    166

    La pubblicazione dei redditi degli italiani sul web ha fatto, ufficialmente incazzare, e non ufficialmente ha fatto partire la corsa alla caccia al reddito del vicino di casa. L’Italia, ma non solo l’Italia è così. Noi occupiamoci di giornali e pubblichiamo invece i redditi dei direttori dei principali giornali italiani e intanto facciamo un viaggio nel finanziamento pubblico alle testate italiane che dovrebbe essere limitato a giornali di partito come spiega una vecchia legge ma si sa, fatta la legge trovato l’inganno e così capita che fi no a poco tempo fa bastava poco, un paio di onorevoli che firmavano e giù a fioccare denaro pubblico per mantenere in vita giornali che nemmeno vendono 1000 copie. La concorrenza tutta italiana della pubblicità televisiva (negli altri paesi europei c’è un tetto fisato dalla legge) mette in ginocchio la carta stampata. E così i politici coprono con foglie di fi co e finanziamenti la carta stampata. Ovviamente ogni tanto salta fuori qualche tentazione a mettere il bavaglio all’impertinenza della stessa, della serie, vi paghiamo noi e pretendete pure di far quello che vi pare. Così le proposte per impedire la pubblicazione delle intercettazioni (che qualcuno potrebbe avere in esclusiva, pubblicate sui giornali non sono più oggetto di “contrattazione” politica ed economica). Gli editori stanno al gioco, meglio stare vivi che ricevere elogi postumi e pelosi al funerale del giornale morto: incassano ma così facendo l’azienda viene tenuta in piedi (o prona) con accanimento terapeutico e con sapiente trattamento intensivo di una miscela di sedativi e stimolanti. Alla politica conviene avere editori in cronica difficoltà, una telefonata ad hoc li rende più malleabili. Tanto più quando gli stessi politici ritengono che in fondo la carta stampata non serva a niente, le campagne per il consenso le fanno in tv, figurarsi se pensano a mettere un tetto pubblicitario alle stesse, lo stesso Berlusconi un giorno disse che i giornali non pesano niente. In effetti con un popolo che, recente statistica, per il 60% fatica a comprendere quello che legge, è la tv a soffocare sul nascere ogni tentativo della carta stampata a rialzare la testa. E allora i dati che riportiamo sotto, del calo pauroso della vendita dei quotidiani, è logica conseguenza. E badate, i nostri quotidiani sono tra i migliori al mondo: ma non riescono a fermare l’emorragia di vendite, le hanno inventate tutte, gli allegati e i gadget facendosi oltretutto una spietata concorrenza tra loro, senza mai attaccare madama Tv, dove mendicano ospitate in collegamento abbiamo il direttore tal dei tali, caso mai la loro presenza porti qualche copia di vendita in più. Ma è la tv che li cannibalizza, ha bisogno della loro autorevolezza che però tolgono direttamente all’interesse per leggere quello che diranno domani, visto che li si è sentiti in diretta la sera prima in tv. Se la carta stampata la smettesse di rincorrere la tv si caratterizzerebbe maggiormente per quello che è la sua funzione: spiegare il perché è potuta succedere una certa cosa, aiutare nella lettura delle cause che l’hanno prodotta, indicare le soluzioni articolate che possono evitarla (se è negativa) o imitarla (se positiva). La Tv gridata è spettacolo, quella didattica è noia. Un giornale ben fatto è cultura. Ma già il vocabolo fa venire l’orticaria ai politici. Una ragione in più per coltivarla. La legge E’ una legge del 1981 ad aiutare i giornali di partito. Nel 1987 la legge cambia e basta che due deputati dicano che il giornale è organo di un movimento politico, perché possa essere pubblicamente fi nanziato. Nel 2001 la legge cambia di nuovo e per ricevere i soldi bisogna diventare cooperativa. La pubblica amministrazione è arrivata così a spendere 667 milioni euro all’anno. Utilizzando la formula dei 2 deputati Il Foglio, per primo, (con 2 deputati di schieramento opposto, Marcello Pera senatore di Centro Destra e Marco Boardi deputato del Centro Sinistra), prende 3 milioni e mezzo di euro all’anno, il Foglio vende circa duemila copie a numero. Libero, il giornale che prende di più con la formula dei 2 deputati, riceve 5 milioni e 371 mila euro, dieci miliardi di lire all’anno. Il Borghese prende 2 milioni e mezzo di euro all’anno. L’Opinione vende tre, quattro mila copie e riceve 2 milioni di euro. Linea, giornale del Movimento Fiamma Tricolore prende 2 milioni e 500 mila euro all’anno. In realtà la Fiamma ha fatto causa al giornale, diffidando la Presidenza del Consiglio ad erogare ogni forma di contributo nei confronti di Linea. Fondato nel 1862, Il Roma, successivamente caduto in disgrazia, nel 1996 fu rifondato dall’onorevole Tatarella e dall’onorevole Bocchino e prende 2.582 mila euro all’anno. Per ricevere il contributo come giornale edito da cooperativa bisogna essere nelle edicole da almeno 3 anni, ma l’Indipendente, di Bocchino, in edicola da soli 2 anni, è innestato in un giornale già in edicola che è la Cronaca di Salerno, giornale salernitano che riceve contributi come giornale edito da cooperativa. Ciò permette di ricevere il contributo anche all’Indipendente, circa 2 milioni e mezzo di euro l’anno. Il Denaro, giornale dell’Europa mediterranea, ottiene un contributo di 2 milioni e 380 mila euro grazie alla fi rma di tre deputati tre di Forza Italia. Napoli Più, giornale cittadino che vende poche migliaia di copie prende 1 milione e 185 mila euro. A Roma si fa Il Giornale d’Italia che prende 2 milioni 582 mila euro all’anno, prende i soldi in quanto organo del Movimento Pensionati Uomini Vivi (originario Partito dei pensionati e quel “uomini vivi” è una precisazione perlomeno… puntigliosa). La Gazzetta politica è un giornale di area genericamente socialista e ha un contributo di 516 mila euro all’anno. I soldi sono stati presi grazie all’Onorevole Delfi no e l’Onorevole Gatto. Dal trucco dei partiti alle cooperative Dal 2001 il trucco dell’organo del partito non è più concesso. Per non perdere il contributo ormai acquisito, questi giornali sono stati trasformati in cooperative. Agli ex movimenti politici lo Stato ha concesso però di non adempire agli obblighi delle cooperative dove i dipendenti sono soci. Nel caso dei giornali invece sono dipendenti e basta. Nel Foglio, per esempio, fi no al 2005 nella cooperativa c’erano gli azionisti. Il contributo statale si basa sui costi e sulla tiratura. Più copie stampi più aumenta il contributo, ma devi venderne almeno il 25%. Perché la differenza tra quanto stampi e quanto vendi è un trucco usato da tutti i giornali d’Italia. Quando si raccoglie la pubblicità per esempio vengono forniti i dati di stampa (tiratura) che non corrispondono mai ai dati di vendita, quelli sono molto più bassi, così magari si dice che un giornale tira 100.000 copie e si pensa che sia diffusissimo in realtà le vendite possono anche essere solo 20.000. Un gioco praticato da tutti i quotidiani che così gonfi ano i dati per accaparrarsi sponsor e pubblicità. L’Opinione ad esempio, tira 30.000 copie e, se vuole i soldi pubblici, ne deve vendere 7.500. Per riuscirci vende le copie… sottocosto, a 10 centesimi. Formalmente “vende”. L’Unità e Libero sono i due quotidiani che stampano e vendono di più, prendono quindi un contributo altissimo. Libero ha preso 5 milioni e 300 mila euro nel 2003 e nel 2005 ha venduto una media di 85-86 mila copie. Capita però di trovare nei pressi di una metropolitana, tutti i giorni, una cinquantina di copie ‘omaggio’ per i passanti, anche qui il gioco della tiratura che non corrisponde alla vendita effettiva è evidente. Oltre ad alimentare la rabbia degli edicolanti per la ‘concorrenza sleale’ queste copie contribuiscono ad aumentare la tiratura e quindi le tariffe pubblicitarie ed i contributi pubblici. Il Giornale d’Italia ha preso 2 milioni e 58 mila euro all’anno di contributo statale, nel 2004, attraverso Società Editrice Esedra S.r.l. che ha finanziato la Lega Nord per quasi 200 mila euro in cambio di visibilità, presenza, introduzione in settori, ambienti, regioni dove il giornale non arriva. E i giornali dichiaratamente di partito? I giornali di partito Se vogliono i contributi oggi devono essere appoggiati da un gruppo parlamentare che è formato da almeno dieci deputati. In questa categoria il giornale che prende di più è L’Unità: 6.400.000 euro all’anno, ma quasi tutti i suoi lettori non lo sanno. L’Unità vende 40.000 copie, ma ne stampa più del doppio e il suo contributo viene calcolato anche su queste copie di scarto, causa le linee di stampa vecchie, che sono 16.000. Per queste 16 mila copie al giorno che vanno al macero L’Unità incassa 250.000 euro in più all’anno. La cosa strana è che i giornali che prendono il finanziamento per il partito a cui appartengono dicono che… non sono giornali di partito. L’Europa ha poche migliaia di lettori, ma per arrivare nelle principali edicole d’Italia il giornale viene stampato in 30 mila copie anche se poi più di 25 mila tornano indietro. Con questa tiratura, insieme al rimborso della percentuale sul costo del giornale, l’Europa percepisce 3 milioni di euro pur vendendo dieci volte meno dell’Unità. Il Secolo d’Italia ha un contributo simile a quello di Europa. Finalmente un vero giornale di partito. 25 giornalisti con uno stipendio medio intorno alle 60 mila euro all’anno per un giornale che vende 2.500 copie in edicola e un costo per lo Stato di 3 milioni di euro all’anno. Liberazione è il giornale di Rifondazione Comunista vende 15 mila copie, ha 14 pagine e prende 3 milioni e 700 mila euro. Liberazione ha 31 giornalisti e 20 poligrafi ci, tutti pagati in regola, pagati con i contributi. Il direttore prende poco più di tre mila euro al mese. La Padania, organo della Lega, prende 4 milioni di euro e risulta secondo nella classifica dei contributi ai giornali di partito. 22 mila copie in media di vendita. Un altro contributo dello Stato va al Sole che ride, giornale dei Verdi, spesso di una sola pagina, che non si vende in edicola, ma viene spedito a casa degli iscritti. Nel 2005 ha preso intorno ai 2 milioni e 400-500 mila euro. Ha tre giornalisti e due praticanti. E’ uscito ancora con 24 pagine. Nel 2005 ne sono state stampate quasi 15 milioni di copie ed in alcuni casi distribuite con il volantinaggio. Regalarlo costa meno che distribuirlo nelle edicole senza venderlo. Anche Il Campanile che è l’organo dell’Udeur, viene spedito direttamente a casa. Il giornale tira oltre tremila copie, ma ne vende circa mille. Le restanti vengono distribuite nelle sedi istituzionali, gratuitamente. Con questi numeri Il Campanile nuovo riceve 1 milione e 153 mila euro di contributo. Adesso Mastella non è stato rieletto ma si sta già lavorando per trovare una soluzione. Discussione, il giornale della Democrazia Cristiana, prende 2 milioni e mezzo di euro, ma non si sa quante copie vende. Riassunto: la parte del leone spetta a l’Unità con 6,817 milioni di euro all’anno, mentre al quotidiano della Cei, “Avvenire”, andranno 5,590, Libero 5,371, Italia Oggi 5,061, Il Manifesto 4,441, La Padania 4,028, Liberazione 3,718, Il Foglio 3,511, Il Secolo 3,098, Europa 3,138. Seguono: La Discussione, Linea Giornale del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, L’Avanti!, Roma, Il Borghese e il berlusconiano Il Giornale tutti a quota 2,582; poi c’è il Sole che Ride 1,020, il quotidiano della Volkspartei (oltre 1 milione), la Rinascita della sinistra (quasi 1 milione) fi no al defunto Liberal che ciononostante continua ad incassare 563 mila euro all’anno. Giornali e cooperative Poi ci sono i giornali nati proprio come cooperativa. Il Manifesto, nato quando non c’erano i finanziamenti nel 1967, ha vissuto con i mezzi propri fi no all’87. La legge prevede finanziamenti anche a società controllate da cooperative e succede che, per esempio, i dodici giornali di Ciarrapico, ex presidente della Roma, già re delle acque minerali e delle cliniche sanitarie, ricevano più di 5 milioni di euro all’anno. I suoi 12 quotidiani sono tutti in vendita obbligatoria con Il Giornale ad un euro: Nuovo Viterbo Oggi, Ciociaria Oggi, Nuovo Molise Oggi, Nuovo Rieti, Fiumicino, Guidonia, Ostia, Castelli Oggi. Era stato proprio il direttore del Giornale che aveva parlato di questi finanziamenti come uno scandalo nazionale. Il Giornale non è una cooperativa e quindi non prende contributi. Nel centro sud però il Giornale esce abbinato ai quotidiani come Il Roma di Napoli, Il Sannio di Benevento, il Corriere del Giorno di Taranto, tutti con i finanziamenti per più di 2 milioni di euro all’anno, oltre ai quotidiani di Ciarrapico. Fu l’imprenditore Ciarrapico a chiedere al presidente Berlusconi un sostegno “mirato” ai giornali locali. E gli è stato dato: 5 milioni di euro per Editoriale Oggi e Nuovo Molise Oggi. Italia Oggi quotidiano di Class Editori, quotati in borsa, hanno fatto una cooperativa per prendersi il bel contributo di 5 milioni di euro. Con la stessa formula incassa anche L’Avvenire che nel 2004 ha avuto contributi dallo Stato per 6 milioni di euro. Dalla chiesa al sindacato ‘Conquiste del Lavoro’ è il giornale della CISL: per prendere il contributo di 3 milioni e 300 mila euro anche loro hanno fatto una cooperativa che detiene il 51% rispetto ad una società controllata dal segretario generale. Il giornale non si vende in edicola, va in abbonamento agli iscritti. Ma lo spirito della legge si perde totalmente quando leggiamo che il quotidiano Cavalli e Corse Sportsman prende un contributo statale come cooperativa di 2 milioni e 500 mila euro. La lista dei giornali cooperative è lunga. Vari anche i giornali socialisti: ce n’é uno di quattro pagine con un contributo di 2 milioni e 500 mila euro all’anno. Nel comitato di redazione leggiamo: Renato Brunetta, Fabrizio Cicchitto, Margherita Boniver, Baget Bozzo, Paolo Guzzanti, Lino Jannuzzi, Andrea Pamparana… Già sentiti? Rimborsi Fin qui abbiamo parlato dei contributi diretti all’editoria, ma la fetta più grossa viene distribuita a tutti i giornali attraverso i rimborsi delle tariffe elettriche, telefoniche e postali, e dal 2002 al 2005 c’è stato anche un rimborso sulla carta utilizzata. La legge si chiama ‘provvidenza all’editoria’ e provvede ad elargire milioni di euro anche ai grandi gruppi, quelli che è difficile sostenere che ne abbiano bisogno. Vediamo le cifre. Sommando le voci tra periodici e quotidiani nel 2004 La Repubblica-Espresso riceve 12 milioni di euro, RCS e Corriere della Sera 25 milioni di euro. Il Sole 24 Ore della Confindustria, 18 milioni di euro. La Mondadori 30 milioni di euro. Sono contributi indiretti, ad esempio, Il Sole 24 Ore è il quotidiano che ha più abbonati in assoluto, ogni volta che il giornale viene spedito invece di 26 centesimi ne spende 11. La differenza ce la mette lo Stato. Nel 2004 ci ha messo 11 milioni e 569 mila euro. Il Resto del Carlino ha aperto una campagna contro lo spreco dei finanziamenti diretti ai quotidiani omettendo, però, che il suo editore tra Nazione e il Resto del Carlino, prende più di 2 milioni e 800 mila euro di finanziamenti indiretti. La legge sulle provvidenze per l’editoria dice che un partito può scegliere di ottenere il contributo per un giornale, oppure per una radio. Il Partito Radicale da sempre ha scelto di farsi finanziare la radio. Prende 4 milioni di euro l’anno. Dal 2005, c’è un milione di euro a carattere permanente, cioè tutti gli anni, e devono essere spartiti tra Radio Padania e Radio Maria. Furbate Risulta poi che ci sono decine di testate che non vanno nemmeno in edicola, non vendono nemmeno un decimo delle copie che stampano, non hanno alle spalle un’azienda giornalistica, ma incassano ugualmente decine di milioni di euro all’anno. In base all’elenco delle testate, gran parte delle quali create ad hoc con nomi a dir poco stravaganti e improbabili e sconosciute perfi no agli edicolanti, ammesse al banchetto per i fi nanziamenti riferiti all’anno 2003 e pubblicato sul sito del governo. Libertà Naturalmente non tutti i giornali sono così, ce ne sono ancora parecchi in Italia che cercano di camminare da soli per permettersi così di imboccare la strada che vogliono, per permettersi così di rimanere liberi sempre. Noi di Araberara vendiamo molto di più di tanti giornali citati che prendono fi nanziamenti, noi come altri abbiamo scelto di non ‘attaccarci’ a nessuno, facendo i salti mortali per stare dentro a un ingranaggio che ormai tritura tutto, per ora ci riusciamo, ma la libertà di stampa dove va a fi nire? I dati del settore In Italia operano più di 600 televisioni, 1200 emittenti radiofoniche, oltre 141 quotidiani tra nazionali e locali, circa 10 mila periodici. La stampa italiana diffonde quasi 6 milioni di copie giornaliere soprattutto attraverso le edicole, alle quali vanno aggiunte circa 1,8 milioni di copie della free press. Le vendite dei periodici sono di 18 milioni a numero per i settimanali e 25 milioni di copie per i mensili. Sono 127 le testate quotidiane e 2037 quelle periodiche che operano su Internet. La realtà cooperativa del comparto è di oltre 650 imprese, 4000 addetti e oltre 10 mila collaboratori senza contare l’indotto. Sono dati forniti da Mediacoop. Nel settore dell’emittenza televisiva i due maggiori operatori, Rai e Mediaset, sfiorano quasi il 90 per cento degli ascolti televisivi nell’intera giornata – sempre secondo i dati diffusi da Mediacoop – e raccolgono quasi i tre quarti dei ricavi del sistema complessivo. Al settore televisivo affluisce il 56% delle risorse pubblicitarie, mentre il settore della carta stampata può contare sul 38%. I cinque maggiori gruppi editoriali detengono la proprietà del 10% delle testate, diffondono da soli il 52% delle copie vendute, hanno il 60% dei ricavi e concentrano il 64% delle risorse indirizzate alla carta stampata. Calo delle vendite Quotidiani: -2,3%. Settimanali: -5,3%. Mensili: -1,7%. I dati sulle diffusioni da marzo 2007 a febbraio 2008 confermano anche in forma aggregata come la stampa italiana abbia a che fare con un calo delle vendite, ma anche come ci sia una bella differenza tra le diverse. Ci sono poi le eccezioni come il “Quotidiano di Sicilia”, una testata economica cresciuta del 43% nell’ultimo anno e arrivata a quasi 21 mila copie. Anche questo un caso anomalo: 844 copie in edicola a 50 centesimi, il resto per abbonamento. Chi invece cresce senza ‘anomalie’ è “Tuttosport” nell’edizione del lunedì, +4,5% e 132 mila copie, tanto più che “La Gazzetta dello Sport del lunedì” si trova invece in calo dell’1,8%. Segue il “Giornale dell’Umbria”, il cui 4,4% è però relativo a valori assoluti bassi (3.400 copie). “ItaliaOggi” è quinto in questa classifica con il +4,1% e oltre 87 mila copie. Però per trovare i grandi quotidiani nazionali si deve arrivare in terreno negativo. Eccetto “Avvenire” a +1% e “La Gazzetta dello Sport”, che è stabile con lo 0,6%, si passa alla “Stampa” con il -1% e “Repubblica” con un -1,2%. Gli altri poi si trovano con cali dall’2% in su (meglio, in giù). “Il Sole 24 Ore”, per esempio, è a -2,1%, “Libero” a -2,3%, il “Corriere della Sera” a -3,2%, “Il Messaggero” a -5,6%, “Il Tempo” a -6,7%, il “Giornale” a -7,8%, “Il Giorno” a -9,6%. Per non parlare di “Unità” e “Manifesto”, ultimi con -10,7% e -13,2%. Nel settore dei settimanali mentre “Espresso” cresce dell’2,1%, “Panorama” è in calo di ben otto punti percentuali, anche se si trova avanti al concorrente ancora di 76 mila copie. Nei mensili si nota invece la performance di “Airone”, ormai arrivata a duplicare le copie rispetto a un anno prima (101.375), e “Fox Uomo”, in crescita del 95% a 124.410 copi.