(Dal 24 maggio 2024) Il paese risente di un clima che alterna i residui invernali a promesse primaverili. E c’è quell’atmosfera di rancori e risentimenti che negli ultimi mesi hanno smosso l’acqua cheta amministrativa. Poi su tutto è piombato il vento della disgrazia, il lungo funerale di una bambina che ha riportato tutti a sollevare la testa verso l’alto. Il prevosto don Stefano Pellegrini è tornato, colpito dalla malattia si è temuto non ce la facesse, ma sta riprendendosi: “Ho difficoltà a vedere sul lato sinistro, ogni tanto devo fare riabilitazione…”. In agosto compirà 54 anni. È originario di Capizzone, un Comune di 1.200 abitanti, in Val Imagna. Don Stefano è stato ordinato sacerdote il 29 maggio 1999. Quindi questo fine maggio è giusto il 25° di “Messa” come si dice. È il caso di fare se non un punto, almeno un punto e virgola. E la prima sorpresa è scoprire che quella di don Stefano è stata una “vocazione tardiva” come si usa definirle. “Sì, sono entrato in Seminario a 23 anni, dopo l’università”. Laureato in giurisprudenza alla Statale di Milano. Come è nata la vocazione, dopo aver frequentato l’ambiente universitario, solitamente non certo incubatore di vocazioni… “Ci pensavo già da ragazzo, e dicevo no, no, no e poi la chiamata si è fatta insistente e ha avuto ragione Lui”. Perché tutti quei No precedenti? “Perché mi sembrava di lasciare gli amici in paese, in realtà non si lascia nulla”. Quindi è entrato in Seminario in 1ª Teologia. Non si è trovato in imbarazzo con compagni di scuola più giovani? “No, c’erano anche due pari età e poi quelli più giovani, ma mi sono trovato molto bene”. Si dice che le vocazioni tardive siano quelle più sicure, più solide. “In un certo senso sì, perché si è già frequentato il mondo esterno e si è più attrezzati ad affrontarlo. Sono stato ordinato il 29 maggio del 1999 e il 9 settembre il Vescovo Amadei mi mandava all’oratorio di Ciserano, il parroco era don Luciano Colotti, che già conoscevo perché da chierico ero stato per due anni a Berbenno, dove era parroco don Luciano. A Ciserano ci sono stato 5 anni, un ambiente molto diverso da quello delle valli, la prima cosa era il rispetto delle regole, ricostruire un progetto ecc.”. Si trovava bene con i giovani. “Molto bene ma dicevo un ambiente diverso. Ad es, i ragazzi entravano con i motorini nel salone dell’oratorio, si servivano e poi uscivano, ma non mi stupiva il fatto che lo facessero i ragazzi ma che gli educatori e i genitori lo ritenessero normale. Ho dovuto in un certo senso fare, almeno nei primi mesi, lo sceriffo… Poi mi sono trovato molto bene con gli stessi ragazzi ai quali nei prima avevo dovuto dire molti no. Ci sono stati cinque anni, gli anni dei Cre, dell’insegnamento nelle scuole del paese e così avevo l’occasione di incontrare anche i ragazzi che non frequentavano l’oratorio. C’è una forte immigrazione a Ciserano e la cosa curiosa era che anche ragazzi musulmani dopo un po’ chiedevano di frequentare l’ora di religione”. Da Ciserano la mandano su a Costa Serina. Era il 2004, e lì aveva in carico anche le chiese di Trafficanti e Ascensione. “Quattro parrocchie unite, anni belli, divento Vicario di tutte le parrocchie della Val Serina, ottimo rapporto con i parroci vicini, insegnavo a Zogno, zone dove la tradizione religiosa è ancora forte, forse la povertà dei servizi ha aiutato a considerare la preziosità della presenza della chiesa, erano realtà piccolissime, il Cre non esisteva, i ragazzi non erano mai stati al mare, l’oratorio non esisteva ed è stato costruito in quegli anni e quindi abbiamo cercato di cambiare anche il modo di avvicinarsi alla chiesa, non solo nel modo tradizionale. E si vede che si ricordano perché, quando adesso sono stato male i ragazzi di allora hanno chiesto all’attuale parroco di celebrare una Messa per me”. Quindi ha sempre avuto un buon rapporto con i giovani. “Anche qui da quando sono tornato e vengo su qualche giorno alla settimana, c’è una sorta di gara per garantire la presenza di notte per assistermi nel caso abbia bisogno”. E abbiamo fatto un balzo a Castione. Dove è qui dal 2013. E nel frattempo è diventato parroco anche di Dorga e di Bratto… Ed è Vicario della CET, Comunità Ecclesiale Territoriale che comprende l’alta valle Seriana e la val di Scalve. Qui ha un Curato… “Sì, don Giampaolo Baldi che è qui da 9 anni che segue la Pastorale giovanile, vive a Bratto per sua scelta, qui ci sarebbe lo spazio anche per lui, ma ha preferito stare a Bratto”. Per fortuna che ha almeno un Curato:“Anche perché in questi mesi ha garantito la vita parrocchiale, vista la mia assenza”. 25 anni di sacerdozio. Come è cambiata la Chiesa? “Prima di tutto nei numeri. In teologia, quando ci sono entrato, eravamo 160 ragazzi, adesso sono 30. Noi siamo stati ordinati nel 1999 in 19, adesso la media annuale è di 1 o 2. Ogni anno muore una ventina di sacerdoti e a rimpiazzarli sono uno o due. È chiaro che un sacerdote adesso deve avere più parrocchie contemporaneamente”. Ma, secondo lei, cosa è successo per avere un crollo di vocazioni così vistoso? “Quello che in altre parti d’Italia e d’Europa è successo in due o tre generazioni, da noi invece è successo in poco tempo, non so per quale ragione, sembra che il freno sia saltato in pochissimo tempo”. La sua vocazione è stata coltivata con l’esempio di un prete in particolare? “In particolare i parroci senz’altro, ma soprattutto uno zio salesiano impegnato in missione…”. Non è che la crisi delle vocazioni sia dovuta alla carenza di esempi di questo genere? “Può essere, oggi un ragazzo è disperso, gli mancano punti di riferimento, non ha non solo nella chiesa, ma anche nella scuola e nelle istituzioni punti di riferimento, se i suoi punti di riferimenti sono la Ferragni o Fedez speriamo in bene…”. Qui a Castione c’è un Oratorio, un Centro giovanile. Funziona? “Funziona. Quando alcuni anni fa l’abbiamo aperto temevamo che in paese non avremmo trovato la disponibilità per garantirne l’apertura. In realtà funziona con grande partecipazione. Poi in estate, beh, è un porto di mare. E’ un oratorio, mentre in passato era gestito da un privato, adesso ha finalità educativa e religiosa, con percorsi per adolescenti, giovani, famiglie ecc.”. Come è cambiata Castione rispetto a 13 anni fa quando lei è arrivato qui? “Credo si sia impoverita, ha perso servizi, penso agli asili e alle scuole, che pure averle unite comporta un arricchimento di relazioni tra i ragazzi, ma servizi in meno significa anche aver perso negozi, le banche e sotto l’aspetto della cultura ci sono pochissime proposte. Credo che il turismo per un verso abbia arricchito questa terra, per altri versi ci ha proposto modelli che non appartengono alla nostra storia, comunità vicine hanno saputo far tesoro dell’insegnamento dei padri, mentre qui si sono perse tradizioni e modelli adottandone altri che non ci appartengono”. C’è un dibattito in ambito ecclesiale che si può riassumere nella proposta di “più Messa e meno Messe” nel senso di incontri comunitari partecipato e meno frastagliati. “Nel periodo estivo dobbiamo far fronte ad esigenze diverse. Per quanto riguarda le nostre parrocchie, penso che ridurremo in autunno il numero delle Messe, anche per le mie condizioni di salute”. Ci racconta la sua malattia? “Stavo celebrando Messa a Bratto, dico, scusate, non ci vedo bene, dite voi il Vespro. Una signora capisce che qualcosa non va e mi invita a casa sua e mi dicono, guardi che ha la bocca storta. Questo segnale ha preoccupato e su loro insistenza mi faccio accompagnare a Piario dove mi iniettano sostanze per cercare di fluidificare il sangue e superare il grumo dell’ischemia, da lì mi trasferiscono a Bergamo dove mi ricoverano in terapia intensiva, dopo due giorni mi trasferiscono in neurologia e poi a Mozzo per la riabilitazione. La memoria e la conoscenza non erano compromesse, solo la mobilità soprattutto nel lato sinistro, soprattutto la vista. Mi restano dolori alla spalla, dovrò fare infiltrazioni, il fatto che non veda sul lato sinistro mi costringe a ruotare la testa per compensare la visibilità”. Ma non ha perso conoscenza. “No, solo a Bergamo mi hanno sedato per 48 ore, a Milano andrò per la riabilitazione. Al Papa Giovanni mi sono trovato benissimo, lì ho una sorella che lavora nel reparto di terapia intensiva; quindi, quando sono arrivato lì ho trovato mia sorella ad accogliermi. Quando sono a Capizzone i miei fratelli fanno a turno ad assistermi e si sono organizzati per portarmi tre volte la settimana a Mozzo per la riabilitazione e partecipano anche i preti della zona e spesso ci troviamo anche a pranzo dopo la riabilitazione”. Che rapporti ci sono con l’attuale amministrazione comunale. C’era un progetto per un parcheggio sopra il campo sportivo… “I rapporti sono cordiali, il problema in questo periodo è lo spostamento del monumento ai Caduti a Dorga. Per i parcheggi, sia a Bratto che a Dorga, immagino un uso a tempo. Qui a Castione sembra che il progetto dei parcheggi nell’area sopra il campo sportivo l’amministrazione lo voglia concretizzare, la Parrocchia è disponibile”. Negli ultimi mesi è scoppiata in paese una sorta di bufera che coinvolge l’amministrazione e il clima si è fatto pensante con lettere anonime e documenti più o meno falsi. “Questi contrasti bisogna solo capire a cosa porteranno…”. Insomma, non si esprime. “No, credo che col tempo si capirà. Credo solo che il criterio che dovrebbe ispirare tutti sia l’interesse del paese e non l’interesse del singolo”. I festeggiamenti per il 25°? “Credo il 2 giugno, prima vado a Roma con i miei confratelli di Messa”. In quanti siete di quei 19 ordinati 25 anni fa? “Siamo rimasti in 16. Diciamo che la malattia mi ha costretto a fare il conto del tempo che passa, non si pensa alla morte, la malattia mi ha avvertito che può arrivare anche all’improvviso…”.
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