David, 26 anni, raccontato da papà Fabio: “L’autismo è una patologia bastarda ma ora David è autonomo, un viaggio in un mondo diverso”
Anna Carissoni
David Tresoldi ha 26 anni e una grande passione per il computer, nonché un amore sconfinato per il fratello sedicenne Daniel che prende spesso ad esempio nei suoi comportamenti. E’ contento del suo lavoro e le attività in cooperativa hanno di molto aumentato la sua capacità di relazione e di esprimere chiaramente i propri disagi:
“L’autismo è una patologia ‘bastarda’ – dice papà Fabio – presenta patologie tutte diverse a seconda degli individui che esigono da parte dei famigliari un’attenzione assidua perché tollerano poco i cambiamenti e a volte, magari per il fatto che non comprendono bene le nostre parole, presentano crisi di ansia difficilmente controllabili, per cui richiedono un continuo e paziente lavoro di spiegazione… Quand’era piccolissimo, mia moglie Mariella ed io avevamo ovviamente capito che aveva dei problemi, non parlava, non giocava come gli altri piccoli…Ma ottimisticamente pensavamo che una volta ‘buttato nella mischia’ coi suoi coetanei, i problemi si sarebbero risolti….”.
David frequenta perciò l’asilo, ed è lì che gli viene diagnosticato il suo disturbo autistico. Si interviene subito con un educatore di sostegno, che poi lo accompagnerà fino alle Superiori:
“Sì, una volta uscito dalle Medie David voleva rimanere coi suoi compagni avviati alle Superiori, e così, sempre accompagnato dal suo educatore, ha frequentato il ‘Fantoni’ con tanto di esame finale, un esame ovviamente ‘personalizzato’ in cui ha esposto al meglio delle sue possibilitàl’argomento che aveva studiato – la Spagna – davanti ai professori ed a tutta la sua classe. Poi anche per lui è iniziato il percorso lavorativo”.
Un cammino, quello di David, che ha segnato e provato moltissimo, com’è immaginabile, la vita della sua famiglia:
“Però adesso posso dire che, pur nella sfortuna che ha colpito la nostra famiglia, quello di David non è stato un caso dei peggiori della sua patologia: ora può fare una vita abbastanza ‘normale’, vive con partecipazione la sua famiglia e la micro-comunità dei suoi pari con cui comunica ed interagisce, se lo lasciamo solo per qualche ora, mia moglie ed io, per qualche impegno, non fa storie, ci teniamo in contatto col telefonino e se tardiamo a rientrare a casa ci comunica tranquillamente che ha deciso di non aspettarci e di andarsene a dormire…”.
Papà Fabio non si nasconde però il fatto che non tutte le famiglie hanno la possibilità e la costanza di accompagnare i loro figli autistici lungo tutto questo percorso…
“Il nostro sogno infatti, il nostro principale obiettivo è proprio quello di far raggiungere ai nostri ragazzi un grado sempre maggiore di autonomia. Ma per fare questo dobbiamo riuscire a convincere la gente che gli autistici vanno valorizzati nelle loro capacità inserendoli il più possibile in ambienti ‘normali’ disposti a promuovere queste loro diverse capacità…”.
Capacità a volte impensate: per esempio, per il Natale scorso, per esempio, grazie alla collaborazione con un falegname della zona che ha loro fornito il legno, i ragazzi hanno anche preparato dei centrotavola e altre decorazioni natalizie decisamente piacevoli, che poi sui mercatini sono andati a ruba, mentre quelli artisticamente più dotati stanno ora lavorando al pirografo con una volontaria che studia al Liceo Artistico….
“E a proposito di volontari – conclude Tresoldi – noi di IDEM ne siamo sempre alla ricerca e rivolgiamo un appello caloroso a tutte le persone dai 18 ai 98 anni che volessero darci una mano: ci possono contattare a questi numeri: Luigi Lorenzi 331 888 1203; Fabio Tresoldi 338 683 6973.