Da amministratore delegato a …tagliapiedi

    0
    88

    Lo chiameremo Giuliano, il suo vero nome ovviamente è un altro. Certe storie fanno male solo a raccontarle, ma non si vuole essere compatiti, solo capiti. Giuliano compie 50 anni il 1 febbraio e il mezzo secolo se lo era immaginato decisamente diverso: “E invece quel giorno, sarà un mercoledì – racconta Giuliano – se va bene starò sistemando il giardino del mio nuovo datore di lavoro, da precario naturalmente e con le lacrime agli occhi che ormai mi accompagnano da 8 mesi”, da quel 20 maggio dello scorso anno, quando Giuliano è stato chiamato dal responsabile della sua ditta che gli ha comunicato il licenziamento: “Un fulmine a ciel sereno – racconta – ero in quella ditta da 23 anni, prima una laurea in economia e commercio e poi dopo due anni in banca ho accettato l’offerta di quella ditta per occuparmi di import export”, Giuliano brucia le tappe: “Dall’import export all’incarico di aprire una filiale all’estero, poi responsabile di tutto il settore acquisti e alla fine amministratore delegato, un ottimo rapporto con i proprietari e la ditta che andava a gonfe vele”, il settore è quello del meccanotessile e l’espansione della ditta sembrava non dovere finire più: “Stavamo tutti bene, benissimo, un clima familiare, cene aziendali che sembravano davvero cene fra parenti e un buon clima ma soprattutto, tanto, tanto lavoro”. Talmente tanto che gli straordinari non si contavano nemmeno più: “Così come le domeniche in azienda, ma mi piaceva e lo facevo volentieri”. Intanto Giuliano mette su famiglia: “Con un’impiegata della ditta – racconta – ci siamo sposati nel 1997 e dopo 3 anni è arrivato il primo figlio, Simone, due anni dopo Michela e Giulia, due gemelle. Mia moglie si è licenziata perché con tre figli era difficile davvero conciliare tutto e io col mio lavoro bastavo per mantenere tutti”. La famiglia di Giuliano vende l’appartamento dove abitava in Alta Valle Seriana e compra una villetta vicino alla ditta: “Era più grande e in cinque avevamo bisogno di spazio e poi ero più vicino al posto di lavoro”. Una famiglia da Mulino Bianco sino a pochi anni fa: “Poi il tessile è andato in crisi, noi sembrava che non ne risentissimo più di tanto, certo, il lavoro era calato ma il meccanotessile teneva ancora e si pensava fosse una crisi passeggera”. E invece la discesa è inesorabile: “All’inizio mia moglie era addirittura contenta, non lavoravo più alla domenica e stavamo in famiglia, c’era più tempo per noi e comunque il lavoro in settimana c’era, poi abbiamo cominciato a chiudere anche il sabato mattina, tre anni fa è scattata la cassa integrazione per qualche operaio, poi la mobilità, un anno e mezzo fa la chiusura di due reparti e da maggio tutti a casa”. Anche Giuliano: “Mi era già stata tolta la mansione di amministratore delegato, non serviva più per una ditta che era diventata di poche persone, avevo accettato, non c’erano alternative. Ma sono sempre rimasto ottimista, mi dicevo ‘dai che la crisi non può durare più di un anno o due’ e invece sembra non finire più”. E i rapporti personali con i titolari si incrinano: “Appena è cominciato a calare il lavoro sono cambiati con tutti noi, parole che volavano, tensione, stress, pretendevano sempre di più quasi che fosse colpa nostra, controlli fiscali a casa quando qualcuno mandava malattia anche se magari era in azienda da 20 anni e non aveva mai fatto giorni di mutua. Un clima terribile. E lì ho cominciato a capire davvero che prima era un mondo di plastica, ho cominciato a capire che le persone quando sono coperte dal benessere sorridono con i soldi sui denti ed è facile farlo”. Cosa le hanno detto quando l’hanno licenziata a? “Niente, dopo 23 anni di lavoro assieme mi hanno chiamato in uffcio e mi hanno detto ‘qui lavoro non ce n’è più, né per noi, né per te, ci sarà una riunione sindacale e verranno comunicati tutti gli estremi di quello che succederà, ritira le tue cose entro fine settimana’”. Basta: “E pensare che sono pure venuti alla prima comunione dei miei figli, li consideravo di famiglia, macchè famiglia, la famiglia è stata davvero mia moglie che quando sono arrivato a casa e sono scoppiato in lacrime mi ha stretto le braccia al collo, mi ha accarezzato la testa e mi ha detto ‘ci siamo noi con te e ci saremo sempre’ e infatti è così, loro sono con me sempre ed è l’unica cosa che mi spinge ad alzarmi ogni mattina”. Perché le mattine per Giuliano adesso sono davvero dure: “Da quel giorno è stato l’inferno, mi sono crollate addosso tutte le certezze, in cinque persone a casa senza un reddito con tre figli che vanno a scuola. Avevo vergogna a uscire durante gli orari di lavoro, non volevo far sapere che ero disoccupato, mi inventavo qualsiasi scusa quando incontravo qualcuno. A luglio saremmo dovuti andare tutti e cinque in Sicilia, avevamo prenotato a marzo, ho disdetto la vacanza e ho parlato con i miei figli, hanno capito, abbiamo passato l’estate tutti assieme qui, fra escursioni in montagna con pane e salame nello zaino e gite in bicicletta ed è stata una bellissima estate, davvero, sembravo aver riscoperto la famiglia, un calore davvero forte. Ma quando mi svegliavo al mattino sapevo che dovevo cercare qualcosa ed ero sempre più preoccupato”. Giuliano spedisce migliaia di curriculum: “E ho telefonato davvero a tutti quelli che per lavoro avevo conosciuto in questi anni, ma nessuno mi ha potuto aiutare, anzi, alcuni mi hanno scaricato in malo modo, riappendevo il telefono e mi sentivo cadere nel baratro”. Giuliano non molla: “Ho dimenticato la mia laurea e le mie giacche da ufficio e ho cominciato davvero a cercare qualsiasi cosa, e due mesi fa ho trovato lavoro come tuttofare in nero nella villa di un imprenditore appena fuori Bergamo. Mi infilo la tuta da lavoro alle 5,30 e vado a sistemare il giardino, le siepi, la legnaia, pulisco, sistemo i cani, faccio di tutto, all’inizio facevo davvero fatica, adesso va un po’ meglio, anche se i rapporti col padrone di casa sono molto formali. Non c’è da fermarsi un minuto, lavoro sino alle 14,30, poi rientro a casa verso le 15,30, ho quasi un’ora di viaggio, faccio la doccia e alle 16 pranzo, poi mi sdraio perché ho la schiena a pezzi, è un lavoro faticoso e la sera aiuto mia moglie in casa e controllo i compiti dei miei fgli ma per le 21 sono a letto perché poi devo alzarmi alle 5,30, anche il sabato”. Stipendio? “900 euro al mese, tutto in nero, nessun contributo, niente di niente, ma adesso non avevo scelta”. Che Natale è stato? “Dovrei rispondere un Natale povero ma invece me lo aspettavo peggio, i miei figli mi hanno regalato un cofanetto di libri che desideravo da anni e che non avrei mai avuto tempo di leggere prima, siamo stati bene, in casa tutti assieme, abbiamo visto film e fatto lunghe passeggiate tutti assieme, messa di mezzanotte e pranzo in casa. Un Natale felice, non me l’aspettavo. Il 27 ho ripreso subito a lavorare perché se sto a casa non ho la paga, ma è andata bene così, certo, in questi giorni quando ero al lavoro e sistemavo l’interno della villa del mio datore pieno di festoni e allegria mi scendevano le lacrime agli occhi, non vedevo l’ora che si spegnessero i riflettori sulle feste, guardo avanti, provo a guardare avanti ma la mia paura non sono io, la mia paura è per i miei figli, che futuro hanno? Il precariato non toglie solo soldi e sicurezza ma toglie dignità, quella che ho perso io e che non vorrei mai che i miei figli perdessero”.

    Quattro milioni e mezzo di “precari” “Prima sognavo l’indipendenza adesso sogno solo un altro Paese!”

    I lavoratori precari in Italia raggiungono ormai quota 4,5 milioni di persone. La media nazionale dei lavoratori precari sul totale degli occupati in Italia è del 19,2%, nel Sud l’incidenza raggiunge il 23,6%, il Mezzogiorno è l’area con la maggior concentrazione. Tra l’inizio della crisi nel 2008 e il 2010 i lavoratori precari sono aumentati del 5% . Il 38% degli atipici ha solo la licenza di scuola media inferiore. I settori economici con i maggiori tassi di precarietà sono quelli della ristorazione e alberghiero, con una percentuale di 35,5% sul totale degli occupati. C’è anche un sito, www.anagrafeprecari. it dove ormai si è creato un vero e proprio mondo a parte tra precari, dove ci si racconta testimonianze, ci si aiuta, ci si sfoga e ci si consiglia. Insomma anche internet si adegua, spazio ai precari, che sono sempre di più. Ecco alcune testimonianze, se fate un salto sul sito ne trovate a centinaia, che danno la misura di quanto sta succedendo davvero nel mondo del lavoro. * * * “Salve a tutti sono un padre con moglie a carico e due minori, vivo in provincia, purtroppo sono 5 anni che sono diventato precario, ho 47 anni, al massimo lavoro solo tre mesi all’anno in regola, di conseguenza addio disoccupazione ordinaria o altri ammortizzatori sociali, cosi sono precipitato nella povertà pieno di debiti con lo Stato, non potendo più pagare tasse e quant’altro ad esempio gas, acqua e luce che spesso sono minacciato di distacco, tutto ciò grazie alla nostra cara nazione europea Italia non mi rimane che dire sono nella merda completa. Ringrazio di cuore i nostri cari governanti che fanno fnta che non esistiamo nascondendo la loro testa nella sabbia ma prima o dopo se non prendete provvedimenti arriverà la resa dei conti e i poveri chiederanno il conto. Grazie di cuore per il vostro menefreghismo continuate pure cosi cari governanti”. * * * “Ciao a tutti!!! Mi chiamo Laura, 37 anni, laurea in giurisprudenza e non so cosa sia avere un contratto a tempo indeterminato. Attualmente il mio posso defnirlo un precariato stabile… da 4 anni lavoro al sindacato per 4 mesi poi percepisco la miserabile disoccupazione a requisiti ridotti… una miseria con la quale pago l’assicurazione dell’auto e poco altro ancora. Sono sposata e vivo nella provincia di PesaroUrbino, una zona che fno a poco tempo fa era considerata un luogo privilegiato… chi non lavorava era perché non ne aveva voglia… adesso le aziende stanno chiudendo o delocalizzando…. sono arrivata al punto di pensare di essere fortunata a non avere fgli perché a malapena penso a me stessa (a volte sono anche costretta a chiedere aiuto ai miei genitori pensionati.) Che schifo!!!! Mio padre 70enne con un diploma ha mantenuto moglie e due fgli, ha acquistato una casa e ha messo da parte un po’ di soldi… io che ho sudato sui libri e mi sono laureata avrei dovuto migliorare la mia posizione e invece vivo in uno stato di incertezza che capisce solo chi è come me. Cerco di mantenere un po’ di fducia e di speranza ma credo di essere arrivata al limite” * * * “Sono laureata in chimica e ancora c’è chi mi dice… con la tua laurea non hai problemi lavorativi! Certo, come no. Ho provato a fare il chimico… ma ho scoperto troppo presto di essere socialmente sola. Ho conosciuto lo sfruttamento più bieco. Oggi sono una precaria della scuola, una di quelli della famigerata 3a fascia. Se il tuo contratto è da MIUR, cioè dallo stato il tuo stipendio è di ben 165 euro in più, puoi sperare in una buona tredicesima e migliore trattamento malattia. Noi di 3a fascia però siamo quelli che spesso sono chiamati su maternità o malattie, pagati dalla scuola e contratti rinnovati di mese in mese, 165 euro in meno e poi Natale o Pasqua senza stipendio. Ho 37 anni e lo spauracchio della disoccupazione sulle spalle. Nuovi corsi abilitanti all’orizzonte, cifre assurde da pagare alle università… una volta c’era il concorso, dove tutti potevano permettersi di tentare… e se riuscivi eri in graduatoria. Ora il concorso non c’è più devi stare fermo un anno e in più senza lavorare perché devi frequentare, ma pagare loro migliaia d’euro e magari sei anche in un’altra città… Non è il paese dei precari, ma di chi ha soldi e conoscenze personali. Io avevo un sogno l’indipendenza, ora sogno solo un altro paese”