Eppur si muove. Dai, che si muove. L’economia bergamasca prova a riemergere dal buio, non ci sono ancora i botti ma il segno ‘+’ è già qualcosa. I dati arrivano dritti dalla Camera di Commercio di Bergamo e dicono che a fne aprile 2011 in provincia di Bergamo sono in aumento su base mensile sia le imprese registrate (95.539 rispetto alle 95.107 di marzo, con una variazione del +0,5 %) sia quelle attive (86.655, in confronto alle 86.314 di marzo, pari al +0,4 %). Nel confronto con lo stesso mese dell’anno precedente la variazione è di +1,4 % per le imprese registrate e di +0,7 % per le imprese attive. Nel mese si sono iscritte 724 nuove imprese e ne sono state cancellate 293. Nel confronto con lo stesso mese dell’anno precedente si osserva un aumento delle iscrizioni: +20,3 % rispetto alle 602 nel mese di aprile 2010. E risultano in calo (-6,7 %) le cessazioni (314 nell’aprile 2010). Il saldo della nati-mortalità (+431 imprese) è positivo in tutte le forme giuridiche, ma è in grandissima parte determinato dalle società di capitale (+110) e dalle imprese individuali (+289) in forte crescita sia a marzo che ad aprile. Nel confronto su base annua lo stock di imprese attive è aumentato in modo più marcato per le società di capitale (+2,2%) e per le altre forme giuridiche (+1,7%), rappresentate in larga misura dalle società cooperative. Le imprese individuali operative sono cresciute del +0,7%, mentre continua la diminuzione (-1,4%) delle società di persona. Per quanto riguarda i settori economici, il segno negativo rimane nelle attività manifatturiere (-0,7%, in risalita negli ultimi due mesi), nei trasporti (-0,8%, in continuo calo negli ultimi 3 mesi) e nell’agricoltura (-0,3%, in miglioramento da due mesi). Nell’edilizia si registra un lieve incremento (+0,3%, con buona progressione degli ultimi due mesi). In tutti e quattro i settori citati, lo stock delle imprese attive è inferiore rispetto ai livelli dell’aprile 2009. Aumentano in modo marcato le imprese nel settore delle utilities (energia, gas, acqua, gestione rifuti), nella sanità e nell’istruzione (pur con una discontinuità di origine amministrativa) e nelle attività ricreative. Nei restanti settori si respira nei servizi alle imprese (+3,9%), nelle attività professionali, scientifche e tecniche (+2,5%) e negli altri servizi (+2,7%), in prevalenza servizi alle persone. Variazioni positive si registrano nei servizi fnanziari, di informazione e comunicazione, nelle attività immobiliari e nei servizi turistici e di ristorazione. In aumento anche le imprese del commercio (+0,7%). Per il resto, se terranno o meno col passare degli anni, è ancora tutto da vedere, ma intanto la notizia è che i bergamaschi provano a rimboccarsi le maniche ancora una volta.
IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA
I giovani provano il gran salto Ma spesso aprono e chiudono
“Rispetto a qualche anno fa adesso sono i giovani che tentano il salto nel buio”, a raccontare le nuove imprese bergamasche è un esperto di fnanza che lavora a diretto contatto con chi chiede mutui e fnanziamenti per mettersi in proprio e tentare l’avventura nel mondo dell’imprenditoria: “I ragazzi hanno coraggio, a volte anche troppo – racconta – si sono adattati alla fessibilità e non hanno paura a provarci, dopo due o tre anni di lavoro come dipendente magari nelle vesti di idraulico o elettricista abbandonano tutto e mettono in piedi una piccola impresa. Non hanno voglia di stare alle regole, non cercano più il posto fsso e tentano, d’altronde è questo mondo fessibile che corre a cento all’ora che li spinge ad essere così”. Secondo il nostro interlocutore a volte però corrono troppo: “Hanno l’illusione di diventare imprenditori in quattro e quattr’otto e ce li ritroviamo a chiedere fnanziamenti partendo completamente da zero, ma per stare sul mercato poi non è così facile e infatti purtroppo moltissimi di loro dopo un paio d’anni chiudono. Le logiche del mercato non ammettono errori e non concedono spazi o tempo per rifarsi. Partono con zero soldi e osano troppo. E’ positivo provarci, ma a volte siamo al limite dell’essere completamente sprovveduti. Va meglio a chi ha alle spalle almeno una decina d’anni di lavoro come dipendente e una laurea in tasca, qui invece ci ritroviamo ragazzi di 20-22 anni che vogliono improvvisarsi imprenditori dall’oggi al domani. Infatti se guardate le statistiche l’apertura di negozi è in aumento ma se andate a vedere la chiusura, lo sono ancora di più, durano un paio d’anni e poi sono costretti a mollare”. E voi li fnanziate? “Ci vogliono garanzie, ma in quasi tutti i casi i genitori o chi per essi frmano e garantiscono i fgli, certo, a volte li accompagnano in un salto nel vuoto senza rendersene conto”.