(Dal numero del 5 gennaio 2024) Partiamo dalla fine. Don Valentino Salvoldi in questi giorni è in Etiopia. Ci ha mandato una mail: “Desidero dire che io parlo col mio Signore al quale mi affido nella preghiera, e che qui su questa terra dall’Africa esprimo la mia fiducia piena innanzitutto nella Magistratura che sta lavorando a Bergamo e poi negli avvocati dello studio Pisapia di Milano. Un cordiale saluto. A tutti voi auguro ogni bene.
Valentino Salvoldi”.
Pochi giorni prima nelle redazioni era arrivato un comunicato ufficiale della Curia bergamasca: “In merito ad alcune notizie di stampa relative ad un anziano sacerdote del clero di questa diocesi per presunti fatti risalenti agli anni ‘90, si è già provveduto per quanto di competenza ad attivare le procedure previste dal diritto canonico, fermo restando il rispetto del lavoro della magistratura nel comune intento del giusto accertamento della verità. La diocesi di Bergamo riafferma il suo impegno nella tutela e protezione dei minori e degli adulti vulnerabili anche attraverso la disponibilità all’accoglienza da parte del Centro di Ascolto del Servizio Tutela Minori Diocesano. La piena dignità e inviolabilità di ciascuno sono valori e fondamenti mai negoziabili, e non si farà mai abbastanza per cercare di custodirli e proteggerli”.
Cosa è successo? Tutto è partito dalla ‘Rete l’Abuso’ che ha presentato una denuncia a ottobre contro Don Valentino Salvoldi, originario di Ponte Nossa, 78 anni, ordinato sacerdote il 18 marzo 1970, molto conosciuto nella diocesi di Bergamo, ma anche a Roma e in vari paesi africani dove ha operato come “Visiting Professor per i Seminari del 3° Mondo”. La sua scheda diocesana lo definisce anche “Collaboratore per la Formazione del Clero delle Giovani Chiese (Propaganda Fide)”.
Due vittime, all’epoca minorenni, hanno deciso di parlare. Il Card. Matteo Maria Zuppi (Presidente della Cei, Conferenza Episcopale Italiana) ha preso tempo: “Vedremo se verità o diffamazione”. Ricostruiamo la vicenda attraverso i documenti della Rete L’Abuso che ha presentato un esposto in Procura a Bergamo per le sue ‘presunte condotte criminali ai danni di circa una decina di persone’. Dunque, tutto si basa sul fatto che due presunte vittime del prete, all’epoca minorenni, hanno deciso di esporsi e raccontare la loro storia al quotidiano “Domani”.
Ma all’interno, oltre alla storia di abusi, secondo i documenti pubblicati dal quotidiano, ci sarebbero anche alcune cose poco chiare sul ‘curriculum’ di Don Valentino.
Un messaggio forte il suo, come dovrebbe essere il messaggio di chi predica Dio, del resto, ma la sua grande capacità dialettica non è certo passata inosservata in questi anni. Classe 1945, nato il 7 febbraio, prima insegnante di Morale in Nigeria, nel Burundi, nello Zambia, tornando in Italia, all’inizio degli anni ’90, comincia a organizzare campi per giovani e adulti in cui si cala nel ruolo del prete progressista, aperto al confronto e critico della società
capitalista. Poi si rivolte agli adolescenti, li invita a cercare la verità, a viaggiare e a scegliersi un maestro di vita che li guidi. E qui secondo le accuse, basate sulle testimonianze, avrebbe instaurato rapporti non limpidi con i suoi ‘prediletti’ a cui avrebbe rivolto attenzioni speciali, “baciandoli sulla bocca e portandoseli a letto per un ‘riposino’ o per la confessione”. Si tratterebbe di ragazzi, alcuni di appena tredici anni, Don Valentino col suo carisma li avrebbe attirati, seguiti e incoraggiati, ma secondo le testimonianze «sei si ritraggono quando li tocca nelle parti intime, subito li rassicura: “quel che facciamo qui è buono”. “Valentino nei campi aveva creato una realtà alternativa, in cui le regole del mondo esterno non valevano: ti invitava a esplorare il tuo corpo, ti incoraggiava a esprimerti, a ribellarti alle convenzioni e nel farlo ti riempiva di elogi, ti convinceva che eri nel giusto», racconta Stefano Schiavon (a “Domani”), che ha frequentato i suoi campi a partire dal 1998, quando aveva diciassette anni. Don Salvoldi ha modi informali, sa come conquistarsi la fiducia dei ragazzi quando evoca culture lontane in cui l’amore non è mai proibito ma sempre ‘generoso, prolifico, senza barriere’. “Aveva 35 anni più di me e quando mi baciava era sgradevole, ma lo accettavo come parte dell’esperienza speciale che lui proponeva” dice Andrea Travani, un altro testimone, all’epoca minorenne, sempre al quotidiano “Domani”.
Soprattutto, quel prete che pare così colto ripete ai suoi preferiti che loro hanno menti superiori e sono destinati a realizzare grandi cose: alla molestia sessuale, si sommerebbe, secondo l’accusa, quindi la manipolazione psicologica, ancora più pervasiva. «Il rapporto fisico era la conseguenza dell’appartenere alla sua “élite”: mentre mi toccava, continuava a dirmi che ero unico e avevo qualità straordinarie, mi faceva il lavaggio del cervello», spiega Travani.
«Don Valentino ripeteva ai suoi ‘eletti’ che sono ‘l’avanguardia di Dio’: “arrivava a baciare i ragazzi davanti a tutti. Una volta sono stato chiamato nella sua stanza per il “riposino” e l’ho trovato a letto sorridente e tranquillo con un ragazzino», racconta Schiavon.
La violenza e la manipolazione sarebbero così state “normalizzate”. Col tempo i partecipanti ai campi sono sempre più piccoli: il prete li avrebbe chiamati “i masturbini”. Sembrerebbe che la dinamica fosse quella di una sorta di setta, in cui Salvoldi era il leader indiscusso che detta i codici interni: chi dissentiva, sarebbe stato umiliato pubblicamente o allontanato. «Dovevi essere in tutto e per tutto con lui: ti spingeva a lasciare la ragazza, ti portava a rompere con gli amici», ricorda Travani a “Domani”. Nel 2000 il ragazzo fa un viaggio di tre settimane in Canada con il prete e sarebbe caduto totalmente sotto il suo dominio. «Mi diceva che se l’avessi rifiutato mi sarei allontanato da un giusto cammino di fede: mi pareva di non avere un’alternativa». Al ritorno, Andrea è talmente dilaniato da pensare al suicidio. «I conti non tornavano: da un lato i miei amici mi mettevano in guardia da questo rapporto, dall’altro lui mi diceva che era normale che rimanessi da solo perché ero troppo intelligente per essere capito. Ero così confuso e infelice che volevo uccidermi”.
Don Salvoldi, nel frattempo, scrive libri e fa conferenze ed è molto gettonato e sul suo sito scrive che ha studiato per venticinque anni e per altrettanti ha insegnato filosofia e teologia morale, soprattutto come visiting professor nei paesi del terzo mondo. È un “fidei donum”, cioè un sacerdote mandato a esercitare il ministero in terra di missione, pubblica con diverse case editrici (Paoline, Elledici, Gabrielli editori, Città Nuova e altre) saggi divulgativi di morale, raccolte di preghiere, biografie, alcuni tradotti anche all’estero. Dal sito della Gabrielli editori si legge che è stato docente di filosofia e teologia morale all’Accademia Alfonsiana di Roma e che ‘per il suo impegno è stato espulso da sette stati africani, due volte è stato davanti al plotone di esecuzione in Nigeria ed è sfuggito alla lapidazione in Bangladesh’. In realtà, la sua docenza all’Alfonsiana si sarebbe limitata a un solo semestre, nel 1988-1989, «come invitato, con un corso su “Il sacro nelle culture africane”», come attesta padre Maurizio Faggioni, docente di bioetica nello stesso istituto.
Secondo ‘Domani’ avrebbe investito qualche centinaio di dollari per l’inserimento del suo nome nell’annuario “Distinguished leadership” (‘per i suoi eminenti contributi come scrittore e come promotore di giustizia e di pace’) pubblicato a pagamento dall’American Biographical Institute di Raleigh, North Carolina, ente più volte segnalato per truffa.
All’inizio del 2000 fonda la onlus Shalom: “un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale, avente come finalità la formazione morale e la crescita culturale dei giovani”. Il suo motto è ‘i giovani salvano i giovani’ e promette «la gioia di sentir rullare i tamburi, mentre i piedi si muovono lieti nella danza al sogno di “cieli nuovi e terra nuova”», come si legge in un volantino di presentazione. Presidente della onlus è il fratello, Giancarlo Salvoldi, politico, eletto alla Camera dei deputati per i Verdi dal 1987 al 1992. Dopo qualche anno, la onlus viene messa in liquidazione. La testimonianza delle presunte vittime è dettagliata: «Una decina di anni fa una vittima ha scritto sul sito web di Valentino che ricordava quando lo baciava sulla bocca, lo portava sul suo letto e si strusciava su di lui con la scusa di parlargli di Dio – testimonia Schiavon – Questa persona diceva esplicitamente che quel fatto gli aveva rovinato la vita, ma il messaggio è stato cancellato». Schiavon ha contattato più di cinquanta partecipanti ai campi degli anni Novanta e Duemila e raccolto molte testimonianze di molestie. “Pensavo di essere l’unico e invece ho scoperto che molti ne parlavano già allora – afferma – gli abusi fisici e psicologici che ho sentito ripetere da molte persone sono sconvolgenti”.
Adesso tutto in mano alla Magistratura di Bergamo. Don Valentino in queste settimane è in Etiopia. È da lì che ci ha inviato il suo messaggio.
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