Iran: il paese del Consiglio dei Guardiani dove una donna vale la metà di un uomo

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    DIETRO IL VELO DELL’IRAN INTERVISTA A SHIRIN EBADI, PREMIO NOBEL PER LA PACE

    DIETRO IL VELO DELL’IRAN INTERVISTA A SHIRIN EBADI, PREMIO NOBEL PER LA PACE

    Giorgio Fornoni

    La centrale della discordia sta a sette ore di viaggio da Teheran. Per visitarla ho fatto una regolare richiesta, e dai funzionari governativi ho avuto l’okay. Sono in due ad accompagnarmi, e a loro io pago la giornata e la macchina. Quando arriviamo sul posto si scopre che tutto quello che sono autorizzato a filmare è il cartello all’ingresso: “Chi spacca l’atomo trova il Sole”.

    Io spaccherei la faccia ai due rubasoldi che stanno con me, ma è meglio sorridere.

    Dicono di aver riaperto la centrale per ragioni scientifiche legate alla produzione di energia. Gli Stati Uniti non ci credono e minacciano attacchi preventivi. Secondo gli americani l’Islam sciita sta pensando alla bomba atomica.

    Gli Ayatollah negano, e nega anche il nuovo presidente, Ma il dubbio è inevitabile,  visto che l’Iran è il secondo produttore al mondo di petrolio. Ed è secondo anche per numero di esecuzioni nella classifica degli Stati che applicano la pena di morte: in media 200 ogni anno. Qui si impicca per una decina di reati diversi, dall’omicidio alla droga, all’abbandono dell’abito religioso. L’ adulterio prevede la lapidazione che però da due anni non viene eseguita. L’impiccagione avviene su una pubblica piazza, con un macabro rito che dovrebbe servire a scoraggiare il ripetersi del crimine.

    Nell’agosto scorso sono finiti appesi al cappio due ragazzi di 16 e 17 anni accusati di pratiche omosessuali.

    Lei è un’autorità in questo paese – chiedo al Grand Ayatollah Saanei’s, ex braccio destro di Komeini – approva che due ragazzini vengano impiccati perché omosessuali? Cos’avevano fatto di così terribile?

    “L’Islam non prevede la condanna per questo, è la legge del governo, non l’Islam! Il Corano  prevede la lapidazione, ma verso il minorenne bisogna considerare la sua crescita mentale, la sua capacità di comprendere e scegliere”.
    In altre parole un minorenne “maturo” e omosessuale va impiccato, mentre se è un po’ “indietro” rispetto alla sua età, forse si salva. Secondo la legge islamica, infatti possono essere puniti con la pena capitale i maschi di età non inferiore ai 15 anni e le bambine che abbiano compiuto 9 anni. Oggi i minorenni in attesa di esecuzione sono una trentina. Un anno fa il governo iraniano aveva promesso di sospendere le esecuzioni agli autori dei reati commessi sotto i 18 anni, ma l’impegno non è stato mantenuto.

    In proposito Shirin Ebadi risponde: “Le commissioni europee, prima di chiedere di render conto di promesse fatte, consultino un avvocato! Il ministero della giustizia ha emesso una circolare con la quale chiedeva ai tribunali di non giustiziare i minori di 18 anni. Ma una circolare non può ostacolare l’adempimento di una legge! E la nostra legge non prevede a quale età finisce l’infanzia. E con tutte le nostre proteste finora non abbiamo concluso niente!”. Ancora l’Ayatollah che spiega: “Secondo la legge islamica quando una persona decide di uccidere spetta ai figli della persona uccisa, o ai genitori, decidere la punizione. I parenti possono perdonare il criminale chiedendo soldi. E il governo li incoraggia e li premia  affinché perdonino”.

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    E’ difficile ottenere interviste, mi permettono un Mullah.

    Lei è un religioso, chiedo, è a favore o contrario alla pena di morte? “In alcuni casi è necessaria e in altri no”. Il Corano, prevede la pena di morte? “Sì”. Il Corano però parla di rispetto della vita non di pena di morte! “Nel Corano, l’esecuzione non è una cosa obbligatoria, ma permette di fare esecuzioni se si sparge il sangue di qualcuno, se si commette una strage di massa o un grave crimine”. Mi può citare un punto del Corano dove è scritto questo? “No non posso”.

    La risposta è misteriosa. La legge iraniana è inflessibile, ma anche qui, come a casa nostra, pecunia non olet. Se sei stato condannato per un omicidio, puoi evitare la condanna a morte pagando un compenso in denaro ai parenti della vittima. Non c’è nemmeno bisogno di transitare dal grande avvocato, si va direttamente al portafogli. Ovunque nel mondo la legge non è uguale per tutti. La pena di morte non viene applicata solo per il terrorismo ma per adulterio, e omosessualità. In questi casi non c’è nessuna vittima da tutelare, anzi, la vittima è solo il lapidato!

    Continua il Mullah:  ”Per lapidare, ci vuole la testimonianza di almeno 4 uomini, che hanno riconosciuto da vicino l’atto dell’adulterio e devono confermare al giudice. Oppure l’adultero o l’adultera vanno dal giudice a confessare per almeno 4 volte lo stesso reato. C’è quindi la volontà di colui che ha commesso il reato di essere punito”.

    Allora si dovrebbe chiamare suicidio! Come fa a sostenere che l’Islam è la religione più giusta?  ”Non credo che l’Islam sia l’unica religione completa per arrivare alla realtà. Tutte le religioni monoteiste hanno una base comune che è Dio! L’Islam è la ragione è l’intelletto, quindi se si utilizza l’intelletto e la ragione, è più facile arrivare alla verità tramite l’Islam”.

    Secondo la Sharia il denaro può risarcire il dolore. La verità a cui si arriva è che se uno ha soldi se la cava se non ce li ha viene impiccato. Le pare giusto? “In un certo senso sì, credo sia giusto che chi ha i soldi e può risarcire i famigliari della vittima possa salvarsi la pelle”.

    L’Iran è accusato da George Bush di essere uno degli “Stati canaglia” che appoggiano il terrorismo internazionale, e dall’Europa di calpestare sistematicamente i diritti civili. A guidare le scelte politiche sono le autorità religiose. Siete così sicuri di essere nel giusto? “Da  iraniano sciita penso che dovremmo avere più considerazione per i diritti umani. A volte non li rispettiamo, e questo non è per colpa della Sharia, ma per colpa di quelli che hanno in mano il potere”. Voi avete abbastanza potere. “Bin Laden ad alta voce chiama il mondo all’odio, alla morte; George Bush è cristiano e attacca l’Afghanistan e ha cominciato a fare le guerre ingiuste, poi c’è Sharon che è ebreo, ma certamente il suo governo non rappresenta l’ebraismo. La religione oggi è rappresentata da persone false come Bin Laden, come Bush o come Sharon”.

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    Per ogni piccolo spostamento servono permessi che è sempre più difficile ottenere, mi autorizzano però a partecipare alla preghiera del venerdì e in un grande parco nel centro di Teheran sotto un grande tendone, a migliaia… L’Imam invoca la preghiera e trascina i fedeli in gesti e grida: “Kamenei (guida spirituale del Paese e Ayatollah che ha sostituito Komeini dal 1989 – è quindi la persona più importante dell’Iran shiita) è la guida suprema! Morte a coloro che non accettano Kamenei! Ci opponiamo ai complotti degli Stati Uniti e del Regno Unito! La mano di Dio ci protegge e Kamenei ci guida”.

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    L’impenetrabile Iran degli Ayatollah e degli Imam, viene spesso visto come una monolitica fortezza chiusa nelle sue certezze. Ma anche dietro quella cortina apparentemente impenetrabile lavora il dissenso all’autorità e cresce la richiesta, soprattutto da parte dei giovani e delle donne, di una società più egalitaria. Le loro aspirazioni trovavano speranza in Kahatami, l’ex presidente, che per un certo periodo ha arginato lo strapotere del clero islamico nella vita dell’Iran. L’elezione del nuovo presidente Ahmadinejad, ha riportato un clima di paura e di sconforto. Pochi hanno il coraggio di parlare e quelli che lo fanno sono pesantemente condizionati dalla onnipresenza della polizia segreta.

    Shirin Ebadi, 58 anni, ex giudice ai tempi dello Sha, cacciata dagli Ayatollah e ora avvocato, nella lista nera delle autorità sciite per la sua difesa dei diritti umani in Iran, ha conquistato  nel 2003, il premio Nobel per la Pace, lei non ha paura, denuncia a gran voce e con coerenza le contraddizioni del mondo Iran. La incontro con non poche difficoltà nel suo studio nella parte alta della capitale.

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    Come funzionano la grazia e la giustizia in Iran?

    “Delle volte, il sistema giudiziario in Iran desta seri problemi che derivano dalle insensate leggi. Per esempio, l’età punibile dalla legge in Iran è molto ridotta, 9 anni per le ragazze e 15 anni per i ragazzi. I ragazzi possono anche sposarsi in tenera età: 13 anni per le ragazze e 15 anni per i ragazzi. Peggio ancora, la legge non prevede in che età finisce l’infanzia! Se una ragazza di 10 anni commette un crimine verrà punita a pari di un uomo di 40 anni, cioè la legislatura presume che una ragazza di 10 anni è abbastanza matura per essere responsabile delle sue azioni. Invece, la stessa ragazza per partecipare alle elezioni, deve avere almeno 15 anni.

    Ci sono diversi paradossi; per esempio, quando una ragazza e un ragazzo vogliono espatriare per continuare i loro studi e hanno bisogno di passaporto, devono avere il permesso scritto del padre. Egli può impedire che i suoi figli lascino l’Iran fino a 18 anni. Invece la legge prevede che una ragazza di 13 anni e un ragazzo di 15 anni possono sposarsi, come già detto. Come nasce questo paradosso tra le leggi? Quest’assurdità deriva dal fatto che la cultura e la modernità ed i problemi della vita attuale sono mischiati e tutto questo causa confusione. Pertanto la legge esige che i problemi di oggi vengano risolti con gli standard di ieri. Per questo motivo, esistono molteplici problemi soprattutto per i ragazzi”.

    Come giudica la pena di morte in Iran? Perché la pena di morte? “Io personalmente sono contraria alla pena di morte anche perché credo che la punizione deve servire ad educare il colpevole. Non si può educare una persona uccidendola! In Iran la legge prevede la pena capitale ma ciò che secondo me è ancor più doloroso è che l’età punibile per una ragazza è di 9 e per un ragazzo è di 15 anni! Questo significa che se una ragazza di 10 anni o un ragazzo di 16 anni commettono qualche crimine punibile con la pena capitale, la corte è tenuta ad emettere l’ordine che vengano giustiziati. Per questo motivo sono stati messi a morte giovani con l’età inferiore a 18 anni. Io e le organizzazioni per la difesa dell’infanzia e tanti esperti giudiziari in Iran abbiamo sempre protestato contro questi provvedimenti. Non abbiamo concluso niente finora per modificare questa legge ma mi auguro di cuore che un giorno in Iran la pena capitale venga abolita soprattutto per i minorenni”.

    Lei è impegnata nella causa di Gangì, dissidente iraniano, che cosa aveva fatto? Chi è Gangì? “Io sono l’avvocato del signor Akbar Gangì. Siccome egli aveva partecipato ad una conferenza a Berlino e aveva anche scritto alcuni articoli come aveva parlato in pubblico contro il governo, è stato condannato a 6 anni di carcere. Gangì è una persona che sin da giovane, cioè dal tempo della rivoluzione, ha sempre dato i suoi contributi alla rivoluzione iraniana. A mano a mano che si sono verificate certe evidenze lui ha cominciato a criticare i fatti e ha alzato la voce contro ciò che considerava ingiusto. Per questo motivo è stato condannato e messo in carcere. E’ interessante che abbiano filmato il Sig. Gangì alla conferenza di Berlino quando gli oppositori della Repubblica Islamica dell’Iran lo fischiavano e lo chiamavano il mercenario della Repubblica Islamica dell’Iran. Eppure quando è tornato in Iran le autorità iraniane l’hanno arrestato subito con l’accusa di aver partecipato alla conferenza di Berlino. Considero Gangì uno dei più bravi clienti che ho mai difeso. Il Sig. Gangì ha sopportato 5 anni di carcere con pazienza. Durante il periodo della prigionia, ha scritto un libro intitolato ‘Il manifesto del repubblicano’ ed è riuscito a spedirlo fuori dal carcere.

    Questo libro è stato pubblicato su vari siti internet. Gangì è stato trattato con pregiudizio a causa dei suoi pensieri e delle sue azioni. Per esempio, mentre i prigionieri ordinari come spacciatori potevano usufruire dei permessi speciali per uscire dal carcere, lui riceveva ben pochi permessi. Oppure, mentre alcuni criminali che costituivano un pericolo per la società avevano il permesso di usare il telefono, il Sig. Gangì veniva completamente escluso da questi favori. A causa della sua permanenza in carcere è stato colpito anche dall’asma. Recentemente ogni volta che lo incontravo in carcere tossiva continuamente. Ha richiesto diverse volte all’autorità di poter essere curato fuori dal carcere. I suoi medicinali contenevano il cortisone. Come sapete, in una piccola cella diversi prigionieri vivono insieme e basta che uno di loro prenda il raffreddore… Per uno che soffre d’asma e vive vicino al raffreddato questo desta un serio pericolo. In ogni caso, Gangì peggiorava giorno dopo giorno e le autorità non accoglievano le sue richieste per essere curato fuori dal carcere.

    Allora ha fatto lo sciopero della fame ed in seguito ad accordi i responsabili hanno promesso di dargli un permesso per farsi curare fuori dal carcere. Quando è uscito, ha concesso un’intervista come pure ha continuato con le sue critiche. Per questo motivo è stato arrestato e messo dietro le sbarre. Questa volta ha giurato di continuare il suo sciopero della fame fino alla morte o fino a quando l’avrebbero messo in libertà.

     

    La situazione è diventata esplosiva perché egli ha continuato il suo sciopero per 60 giorni. Diverse volte si è sentito male e l’hanno dovuto trasferire all’ospedale di Milad. In poche parole, grazie all’intervento dell’alta autorità giudiziaria iraniana e su richiesta esplicita di Kofi Annan – il segretario generale dell’Onu – e la mediazione di 8 premi Nobel e 4000 scrittori internazionali in tutto il mondo e con l’appoggio di centinaia di migliaia di persone in Iran e in tutto il mondo, il problema si è finalmente risolto.

    In questo momento che vi sto parlando, il Sig, Gangì ha terminato il suo sciopero della fame e per il momento gli danno minestrone e un po’ di sciroppo prima che la sua condizione fisica torni alla normalità.

    E’ previsto che una volta migliorato potrà tornare a casa a farsi curare fuori dal carcere e questo è precisamente ciò che chiedeva. Sono contenta che questa questione sia stata risolta con saggezza dai responsabili del sistema giudiziario iraniano”.

    Perché lo Stato o un leader religioso qui ha potere di vita o di morte su di un cittadino?

    “In Iran la legislatura è basata su tre colonne: esecutiva, legislativa e giudiziaria. Secondo la costituzione iraniana, al di sopra di tutti e tre le componenti c’è “Velayateh Faghih” (potere assoluto clericale). L’autorità concessa a Velayateh Faghih viene determinata dalla costituzione”.

    Lei da sempre è impegnata a favore dei diritti umani, quali sono le principali contraddizioni in Iran? “Noi dobbiamo confrontare le situazioni. Se paragoniamo l’Iran del 2005 con l’Iran degli anni 80 debbo dire che le condizioni dei diritti umani sono migliorate. Ma questo non significa che noi oggi non abbiamo più problemi per i diritti umani in Iran. Sì, i problemi ci sono! Il governo dell’Iran ha aderito al patto internazionale su diritto civile e politico come pure ha aderito all’accordo internazionale del diritto economico e sociale. La realtà è che le nostre leggi non vanno d’accordo con gli obblighi internazionali del nostro governo.

    In particolare, noi abbiamo pregiudizi per il sesso. Per esempio, la testimonianza di due donne in corte è equivalente alla testimonianza di un uomo. Il valore della vita di una donna equivale la metà del valore di un uomo. Questo significa che se un’automobile investe un uomo ed una donna, quest’ultima riceve metà di risarcimento che spetta all’altro. Noi abbiamo la poligamia e tante altre leggi basate sul pregiudizio. Abbiamo anche pregiudizi religiosi. Non abbiamo diritto alla parola in maniera appropriata. In meno di due anni, le autorità hanno chiuso più di 90 giornali. Tanti dei nostri giornalisti sono finiti in carcere. La storia del Sig. Gangì è un esempio eloquente di questa ingiustizia. I signori giornalisti Aligiani e Rahmani non praticano più il loro mestiere e sono stati chiusi in carcere.

    Naser Zarafshan – un famoso avvocato – è attualmente dietro le sbarre. Loro sono stati messi in carcere solo perché avevano aperto la bocca per esprimere il loro parere. La democrazia in Iran è incompleta! Il primo passo nella democrazia è che la gente possa votare chi desidera. Ma secondo una legge approvata alcuni anni fa, se perfino tutta la gente di una città in Iran vota a favore di una persona, il risultato non sarebbe accettabile se la candidatura di questo soggetto non viene preventivamente approvata dal Consiglio dei Guardiani.

    Ciò significa che la gente in Iran non è libera di scegliere i propri rappresentanti ma deve votare solo coloro che vengono eletti dal consiglio dei guardiani. Poi, esiste la macchia della pena di morte per i minori sotto 18 anni come vi ho già accennato precedentemente e altri problemi come corruzioni finanziarie ed amministrativa. Sì! Abbiamo dei problemi! Bisogno risolverli! Devo dire che risolvere i problemi dei diritti umani in Iran è il compito di ciascun iraniano e i governi delle altre nazioni devono astenersi dall’invadere militarmente l’Iran con la pretesa di migliorare la situazione dei diritti umani. Tocca soltanto a noi iraniani di fare uno sforzo per migliorare i diritti umani in Iran”. Il vostro potere religioso interferisce con la politica, perché? “In Iran le leggi entrano in vigore solo se il Consiglio dei Guardiani decide che queste non sono in contrasto con le leggi islamiche. Allora l’influenza della religione in Iran non è paragonabile con l’influenza della religione in Italia anche perché le nostre costituzioni non sono uguali. I poteri che la costituzione prevede in Iran sono diversi da quelli d’Italia.

     

    Se la religione deve far parte della politica o no?

    Debbo dire che ho sempre creduto nella democrazia. Il termine ‘Democrazia’ significa ‘la volontà del popolo’ cioè: la gente governa la gente! Se in una società la gente non vuole che la religione interferisca con la politica, allora bisogna rispettare questa volontà. La legge della democrazia è sommata in questo principio ed io credo nella democrazia!”. Cosa pensa dell’escalation sul nucleare in Iran? “Non sono un’esperta nucleare e non ho mai fatto parte del governo tanto meno non ho alcuna conoscenza se questa scienza può giovare all’Iran. Perciò non posso esprimere alcun parere in merito da professionista. Soltanto come una normale cittadina e come tutrice dei diritti dell’uomo vi posso esprimere la mia opinione personale: l’umanità intera non troverà la felicità possedendo la bomba atomica o armi simili. Nessun paese del mondo ha bisogno dell’arma nucleare, né l’Iran né l’Israele e neppure l’America”.

    Giorgio Fornoni