La storia del cuoco bergamasco del Titanic

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    Ugo Banfi. 24 anni da Caravaggio. C’era anche lui sul Titanic, unico bergamasco sul gioiello della compagnia navale britannica White Star Line che si schiantò la notte tra il 14 e il 15 aprile 1912, cent’anni fa. Nei giorni scorsi, tutti a ricordare, immagini, filmati, articoli. Ma pochi sanno che sulla nave erano presenti una quarantina di italiani, solo 7 passeggeri, gli altri membri dell’equipaggio e uno di loro era bergamasco, considerato uno dei migliori maître in circolazione. Ugo Banfi, classe 1887, uno che la passione per la cucina l’aveva portato subito nei migliori ristoranti inglesi e in giro per l’Europa Ugo aveva imparato le lingue straniere e così nel 1905 raggiunse il fratello Innocente in Inghilterra, aveva solo 18 anni ma era già considerato un maestro nel settore, tanto che il consolato italiano a Londra decise di falsificargli la data di nascita affinché potesse essere assunto da Luigi Gatti. Gatti era il manager dei ristoranti del Titanic, il punto di riferimento dell’intera nave e Gatti voleva affidare a Ugo Banfi la direzione del ristorante di prima classe del Titanic, un salone di 18 metri di lunghezza per 14 metri di larghezza, decorato in stile Luigi XVI con pareti di noce, cornici e festoni, cucina raffinata e servizio impeccabile. Gatti voleva che tutto fosse gestito dal maître bergamasco ma Ugo Banfi nel 1912 non aveva ancora compiuto i 25 anni necessari per poter assumere l’incarico e allora il Consolato corresse le carte e Ugo divenne il maître del ‘ristorante à la carte’ conosciuto da tutti come Ritz il più prestigioso del Titanic e qui Ugo diventò subito il punto di riferimento della nave, tutti i ricchi clienti si rivolgevano a lui per qualsiasi esigenza. Il ristorante era aperto dalle 8 del mattino sino alle 23 e il ricco menù era rinnovato ogni giorno per soddisfare tutti i capricci. Di Ugo Banfidopo la notte del 14 aprile del 1912 non si seppe più niente. Quando il Titanic si scontrò con l’iceberg Ugo stava probabilmente lavorando tra i tavoli. Qualche tempo dopo i genitori ricevettero una sovvenzione di 60 sterline come risarcimento per la scomparsa di Ugo. Il suo corpo non venne più ritrovato. Di lui resta una lapide commemorativa nel cimitero di Caravaggio. Banfi era figlio di Giuseppe Antonio e Francesca Paltenghi, quando firmò il contratto per lavorare sul Titanic, il 9 aprile 1912 come residenza scrisse ‘il 23 Aubert Finsbury Park, Londra’, il Titanic fu la sua prima (e ultima) nave. Era considerato un talento incredibile per il controllo della sala e la facilità di apprendimento delle lingue straniere, ne parlava 8, compreso l’arabo e il russo. Il manager Gatti stravedeva per lui tanto che ne modificò appunto i documenti per non creare gelosie tra i camerieri più anziani e fu protagonista di un curioso siparietto con uno dei commissari di bordo: per sembrare più anziano, si presentò a lui con un grosso paio di baffi che fecero scattare l’immediato allontanamento. Intervenne Luigi Gatti che risolse tutto e fece tagliare i baffi a Banf. La notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912 anche Gatti morì, era in seconda classe nel ponte D, e il suo corpo venne ripescato nell’Oceano, addosso l’orologio d’oro, i gemelli con le sue iniziali LG e il suo celebre anello ornato da un diamante.

     

    CURIOSITÀ sul 38 gli italiani annegati (33 camerieri) e Di Caprio interpretò un artista italiano

    1517 le persone che hanno perso la vita la notte del 15 aprile 1912 su quello che era considerato l’orgoglio dei cantieri di Belfast, il Titanic, una nave costruita con un doppio scafo e ritenuta inaffondabile, a sfatare il mito ci pensò un iceberg. Sul Titanic non c’erano solo personaggi famosi come gli Astori e Benjamin Guggenheim, ma anche una quarantina di italiani, di cui solo due sopravvissuti: lo scultore di Arcisate Emilio Portaluppi e una donna lucchese, Argene Genovese, che aspettava una bimba poi chiamata Salvata. Dei 38 italiani affogati, 33 erano camerieri, i migliori in circolazione, scelti da Luigi Gatti di Montalto Pavese, molto conosciuto a Londra come ristoratore chiamato per gestire il ristorante riservato ai vip sul Titanic. E’ lui che sceglieva i camerieri che lavoravano nelle cucine e nella sala. Otto le vittime lombarde. Oltre a Gatti, c’era il comasco Giuseppe Peduzzi, 24 anni, il corpo non venne più ritrovato e nel cimitero di Schignano lo ricorda una lapide. Giovanni Basilico, 2 anni di Ceriano Laghetto, Giulio Casali 32 anni, Giovanni De Marsico 20 anni e Francesco Celotti 24 anni, tutti di Milano e Italo Francesco Donati, 17 anni di Casalmaggiore. Si salvò invece Emilio Portaluppi, 30 anni di Arcisate, che raccontò poi di essersi salvato dopo che si era buttato in mare mentre si era ingurgitato mezza bottiglia di cognac e di essere stato salvato dalla scialuppa su cui si trovata lady Madeleine Astor. Portaluppi viaggiava con gli Astor perché l’avevano assunto come scultore per abbellire il giardino della loro villa a Newsport, negli Stati Uniti. Portaluppi morì poi ad Alassio nel 1974 e la sua fgura ha ispirato il regista Cameron che nel flm ‘Il Titanic’ ha creato il personaggio di Jack Dawson, interpretato da Leonardo Di Caprio. Insomma, Bergamo sugli scudi, o meglio sulle onde…

    Lo spread della droga dei poveri è lo speed E poi l’ICE, il PCP detto supergrass e lo shaboo “La verità è che gli adulti sono tutti su un altro pianeta e non ci capiscono più niente…”

    do annebbiato, i capelli che schizzano in alto: “Senza gel al mattino non so come tenerli fermi e oggi il gel non ce l’ho”, N. doveva andare a scuola, quarto anno all’Itis: “Ma non ci sono andato, non ci vado sempre, oggi non avevo voglia”, zaino d’ordinanza, per la seconda volta al quarto anno: “Mi hanno segato per qualche cinque di troppo ma quest’anno ce la faccio”. N. ha cinque ore libere davanti, mi chiede il cellulare: “Non ho soldi nel mio” e chiama una persona, si alza, si sposta a parlare senza farsi sentire e torna: “Bene, puoi parlarci”. Il tipo al telefono è un pusher di quelli tosti, la ‘bibbia’ della roba nostrana che circola, non ho voglia di sentirmi raccontare le notti in discoteca, lo abbiamo già fatto. Proviamo a fare una mappa delle nuove droghe, che cambiano come cambiano le previsioni del tempo in tv, di ora in ora: “Oramai si trova di tutto – comincia il tipo al telefono – l’offerta è varia e si riesce ad accontentare tutti, non è mica come vent’anni fa che c’erano solo tre scelte: coca, ero e hashish. Adesso si può trovare davvero roba per tutti i gusti e non sembri nemmeno un tossico. Una volta chi si faceva di ero o coca lo individuavi subito, diciamo che la droga nuova è camaleontica, non dà nell’occhio”. Costi e nomi: “Beh, la cocaina è un classico, non tramonta mai, l’unica cosa che cambia è il costo, anche quello si adegua al mercato, adesso siamo tra i cinquanta e i cento euro al grammo, a seconda del grado di purezza, il freebase è il più caro, col crack risparmi circa un quarto del prezzo e per una sniffata te la cavi col mezzo grammo, ma i cocainomani incalliti riescono a farsi anche 4 o 5 grammi al giorno”. Altro giro: “L’ecstasy è per tutte le tasche, 15 euro una pasticca e puoi sballare anche con mezza ma per uno sballo decente da week end vai dai 25 ai 50 euro e poi c’è lo speed…”, che sarebbe? “Beh, lo speed è la cocaina dei poveri, in pratica anfetamine, una dose media di 2 grammi ti costa 15 euro, e sono davvero migliaia le persone che la usano”. LSD va ancora? “Meno rispetto a 10 anni fa quando era uno dei pochi acidi in circolazione però lo si trova comunque”, LSD è un allucinogeno che veniva usato anche da scrittori famosi per… aprire la mente, e adesso? “Adesso anche lui si è trasformato, puoi prenderlo liquido, spesso su una zolletta di zucchero o su un francobollo ma anche berlo, oppure se è solido lo trovi sottoforma di micro punte o in capsule o tavolette”. Costo? “Un francobollo costa circa 15-30 euro”. L’eroina invece come va? “Ha sempre la sua buona fascia di mercato. E’ cambiata un po’ la tipologia ma tiene. La vendi in polvere chiara o grani rossastri, a seconda del tipo di sostanza. Con trenta – quaranta euro al grammo la trovi, il prezzo cambia a seconda della purezza e della sostanza diluente. Se è purissima costa ovviamente di più”. Ci sono altre droghe in circolazione? “Ma stai scherzando? ce ne sono eccome e vanno via meglio di quelle che ti ho detto”. Raccontamele: “La ketamina è una droga nuova dei locali degli ultimi tempi. Negli Stati Uniti va di brutto da anni, una droga di strada, qui c’è da poco, è un anestetico che viene usato dai veterinari ma fa andare fuori più dell’LSD e lo trovi tranquillamente in farmacia ma te lo inietti, lo sniffo o te lo infili nel fondoschiena dopo venti minuti sei fuori. In farmacia te lo vendono liquido ma se lo metti nel microonde diventa polverina da spaccio”. Il tipo si scalda. “E poi c’è l’Ice che si fuma o si scioglie nelle bibite e ha un effetto lunghissimo. Dicono tutti che prenderà il posto del crack, ha la forma del sale grosso e si fuma col bong, in pratica è un anfetamina che però ti fa anche venire voglia di scopare. C’è anche il PCP, un allucinogeno che vendono con nomi diversi, lo conoscono meglio come angel dus o supergrass, e ti fa andare fuori come LSD e la coca, è gommoso e scuro ma lo trovi anche liquido”. Il tipo al telefono è un fume in piena. “E il GHB? è l’ecstasy liquida, in disco va di brutto, costa poco ed è molto più forte dell’ecstasy normale ma io lo sconsiglio, è fatto anche con soda caustica, fa davvero male, meglio lo shaboo”. Che sarebbe? “E’ un’anfetamina molto pura, sembra grani di sale da cucina, la usano in tanti e costa dai 10 ai 15 euro al grammo, lo usano tanto i ragazzini ma c’è un buon mercato anche fra le donne che hanno avuto da poco un bambino e vogliono tornare in forma subito”. Il crack va ancora? “Sì, costa poco e ha effetti potenti, però dà dipendenza immediata e quindi è pericoloso, lo trovi in palline bianche e ha il suo mercato”. Roba per tutti e per tutte le tasche: “E altre sono in arrivo, il mercato si è adeguato alla società, si evolve e si consuma sempre roba nuova, e poi ce ne sono altre che mi raccontano i miei amici ma non le ho mai provate, ho sentito parlare del ‘rospo’, è un liquido biancastro che se lo tocchi ti prude tutto, preso da un tipo di rospo che non vive in Italia e che ti fa andare in trip, alcuni miei amici dicono che lo stesso viaggio lo provi semplicemente leccando un rospo qualsiasi, non ci ho ancora provato ma non si sa mai…”. Ok, la telefonata è finita, riattacco, N. sorride: “Visto che storie? la verità è che gli adulti sono tutti su un altro pianeta e non ci capiscono più niente di quello che usiamo noi”. Già, viaggi ravvicinati del terzo tipo continuano, ma non sugli schermi di casa, dove i genitori sono sintonizzati su altri canali. – Arriva l’Imu… – Un’altra epidemia senza vaccino +NSJXYWJ Aforisma Il ricco vive come vuole, il povero come può. (Anonimo) NON ERO IO QUELLO DEL CAPPIO E NON CI SONO DISSAPORI CON TRESCORE VELENI… PORPORATI POTERE, SCANDALI E RELIGIONE: I FIGLI DI DON GIUSSANI A UN BIVIO ORIGENE Questo numero è stato chiuso in redazione MARTEDÌ 8 MAGGIO 2012 Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana n. 5225 in redazione Aristea Canini Paolo Bertoletti (grafco) Coordinatrice editoriale Marisa Scaglia Pubblicità Diego Petenzi Servizi fotografci Foto Studio Alfa Clusone Foto Giorgio Vilminore Foto Giuliano Fronzi Clusone Responsabile diffusione DIF Spa Via Emilia, 26 – Azzano S. Paolo Tel. 035/330085 – 330103 Fax 035/330040 editore PUBLIDUE s.a.s. Annuale Euro 40,00 Per l’estero: 150 Euro Conto corrente 11363249 intestato a Publidue s.a.s. via S. 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    “La morte di Kristel non ha insegnato niente. I giovani si sentono immortali e dimenticano”

    E’ morto un altro ragazzo. La terribile pasticca che “prendono tutti” e ogni tanto lascia per terra uno dei tanti, in una discoteca. E di fronte al pericolo se la danno tutti a gambe, i gestori dei locali non vogliono grane, via via, fuori fuori, gli amici temono di avere ripercussioni, che a casa si sappia che magari anche loro quelle pasticche le hanno prese, a loro è andata bene, uno su mille non ce la fa. E’ successo nella notte del primo maggio in una discoteca chiamata “Bolgia”, che è già un programma o una promessa. E’ successo nella bassa, a Osio Sotto. E allora tutti riavvolgono la bobina della memoria e tornano a casi simili, già successi. C’è una donna che tiene la “contabilità” di queste morti, con la sofferenza di una cicatrice che si scuce, si riapre la ferita. E’ la mamma di Kristel Marcarini, la ragazza clusonese morta a 19 anni il 15 aprile di quattro anni fa. “Non sto mai in casa, se no muoio, la sera cerco di andare a letto stanca per riuscire a dormire”. Maria Quistini, ogni volta che legge sui giornali di un ragazzo o una ragazza morta per droga, si sente riaprire quella ferita. “Una ferita enorme, Kristel mi aiuta, mi sta alle spalle. Se non avessi la fede non riuscirei ad andare avanti, la vita non avrebbe senso”. Kristel è morta in una sera da discoteca, lei atleta, sciatrice, studentessa, uscita con delle amiche e mai più tornata a casa. Adesso a Senigallia le intitoleranno una borsa di studio. Maria Quistini viene invitata a raccontare la storia di sua figlia nelle scuole. E cosa racconta? “Che li capisco, si sentono forti, sono giovani, pensano che a loro non può succedere, si sentono potenti, immortali. Ricordo un ragazzo che mi ha chiesto: perché è morta Kristel, io non l’ho capito, quelle pasticche le prendo tutti i sabati e a me non succede niente. E’ questo che bisogna far capire, che bisogna far sapere, che ci sono conseguenze anche se non si muore”. Va bene l’informazione, ma poi c’è la trasgressione… “Anche noi avevamo il gusto di trasgredire, ma allora era un mondo diverso, gli uomini si ubriacavano, non c’era là fuori quello che c’è adesso, venditori di morte ai quali lo Stato non è in grado di garantire la giusta condanna”. Già, gli spacciatori. Quello che ha fornito a Kristel quella pasticca è stato condannato in primo grado a otto anni, assolto in appello. “Perché il giudizio è stato sullo spaccio, non sulla morte. Mia figlia non contava niente. Lo spacciatore è stato assolto perché non poteva sapere le condizioni di salute di chi utilizzava la pasticca. Le sembra una sentenza giusta? Poi leggo che i titolari della discoteca si sono costituiti parte civile, che l’eventuale risarcimento sarà devoluto alla mia famiglia. A me avrebbe fatto piacere ricevere solo una telefonata. Che non è mai arrivata”. E ai giovani studenti che la ascoltano cosa raccomanda? “Di non fare quello che hanno fatto le amiche di mia figlia, di non abbandonare chi sta male, di non metterli in macchina dopo che ti buttano fuori dalla discoteca perché non vogliono grane, chiamare subito il 118, non scappare per paura che magari si venga a sapere che la pasticca l’hai presa anche tu. Anche nel caso di questo ragazzo morto, quanti altri ragazzi in quella discoteca avevano preso pasticche? Magari centinaia, ma non bisogna abbandonare gli amici”. Eppure ai funerali sono proprio i giovani che dicono che non dimenticheranno mai. “Lo dicono, ma poi dimenticano quasi subito. Mi chiedo a cosa è servita la morte di Kristel se non si impara mai niente. Mi invitano dappertutto, non solo Senigalia, anche Urbino, Pesaro, abbiamo un grande progetto di informazione, racconto Kristel com’era, non bisogna condannare, invece c’è chi ci ride sopra, chi ci spettegola, chi li infanga e loro non possono più difendersi, raccontarsi, dire che oltre quella sera c’era una vita che adesso non c’è più. Dico loro che lo sballo è bello se è naturale, senza pasticche. Dicono che è colpa di noi genitori: ma se l’ho allevata, l’ho messa sugli sci, l’ho fatta studiare, d’estate andava a far feno… Ti dicono, ma l’avrà sempre fatto. E così infangano la memoria, anche se uno la prende una o due volte non è un tossicodipendente, e la disgrazia, con le parole scritte sui giornali, diventa doppia”. Adesso Maria Quistini ha delle nipotine. Nell’ottobre di quell’anno disgraziato, il 2008, la sorella maggiore di Kristel, Sue Ellen, ha avuto una bambina. Si chiama Kristel.

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