LOVERE – I 50 anni della morte di Don Giacomo Vender: quell’ultima Messa a Ceratello e una vita per gli altri

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    I 50 anni della morte di Don Giacomo Vender: quell’ultima Messa a Ceratello e una vita per gli altri.

    (Dal numero del 5 luglio 2024) 50 anni dalla morte di Don Giacomo Vender. 50 anni dopo. Solitamente con i grandi personaggi si parla di ‘eredità pesante’ ma qui forse vale l’opposto, ‘eredità leggera’ ma nel senso di quella leggerezza che è la bontà e il donarsi agli altri, quel sentimento che alleggerisce il cuore e l’anima, che li fanno volare e respirare. Quello che ha fatto per tutta la vita don Giacomo Vender, figura gigantesca nel panorama storico, religioso e sociale del ‘900. Il suo ricordo anche nella chiesetta di Ceratello, proprio dove don Giacomo celebrà la sua ultima Messa. Per l’occasione a Ceratello Messa presieduta dal Parroco di Santo Spirito di Brescia in cui è stata sottolineata la figura pastorale di don Giacomo Sacerdote di Dio, Uomo con gli uomini e Ribelle con e per amore, concelebranti Mons. Alessandro Camadini di Lovere e don Angelo Bonardi parroco delle frazioni di Costa Volpino. Le intenzioni di preghiera sono state sostituite con il canto solenne del VENI CREATOR SPIRITUS a cui don Giacomo volle intitolare la chiesa parrocchiale SANTO SPIRITO; preghiera che racchiude tutte le possibili richieste e cioè la richiesta di tutti i doni, i 7 doni dello Spirito Santo sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio e nello stesso tempo invocati e interpretati da don Giacomo nella sua vita di uomo e di Pastore. Dopo la lettura della Preghiera del Ribelle ci si è diretti in corteo verso il cortile della pensione dove 50 anni or sono don Giacomo morì e dove Lisa Rietti e Ivana Botticini, parrocchiane di don Vender, hanno scoperto la targa in memoria benedetta da don Roberto Manenti. Presenti anche le delegazioni delle FIAMME VERDI, Luigi Mastaglia e Alvaro Peli in rappresentanza, dell’ANA di Costa Volpino, delle ACLI di Lovere, Marco Manera e Negrinotti Giovanbattista, dell’UCID di Brescia con il dr. Saverio Gaboardi e del Sindaco di Costa Volpino ing. Federico Baiguini che ha tenuto a termine una breve commemorazione. Una storia forte e intense quella di don Giacomo, il 14 aprile 1909 nasce a Lovere, terzo di 8 figli, all’età di 9 anni rimane orfano del padre Simone,. A 12 anni, Giacomo incontra in treno due frati Carmelitani; entusiasta, va nel convento di Adro, dove frequenta il ginnasio; su desiderio della mamma, entra poi nel Seminario di Brescia, ordinato sacerdote il 21 maggio 1932, viene mandato nella parrocchia di S. Faustino in Brescia dove si dedica all’educazione dei giovani.. Nel 1940, per seguire i suoi giovani al fronte, chiede “il privilegio di essere mandato in zona di combattimento” come Cappellano Militare, arruolato nel 73° Reggimento Fanteria inviato sui campi della Croazia, Dalmazia, Piemonte e Francia; dopo l’8 settembre ‘43 rientra a Brescia come curato a S.Faustino. La Canonica diventa un luogo di forte opposizione al fascismo. Don Giacomo svolge la sua missione spirituale e operativa anche fra i partigiani. Il 6 gennaio 1944 viene arrestato dalle SS, incarcerato a Canton Mombello, trasferito al Forte di S. Mattia a Verona, tiene testa agli interrogatori del Maresciallo Leo Steinwender e, di fronte a gesti violenti, lo affronta vivacemente: “Sono un ufficiale italiano e non posso tollerare simili trattamenti che vi disonorano”. Don Vender ammette di aver operato con gruppi partigiani, per dovere di sacerdote. Rilasciato dopo un mese, riprende la sua attività clandestina con il Comitato di Liberazione Nazionale e verso i detenuti nelle carceri. Organizza le “Massimille”, donne con una rete di assistenza per la consegna di beni e messaggi ai partigiani in carcere. Con Padre Rinaldini e Don Almici redige, nel giugno del ‘44, un documento sottoposto al Vescovo Giacinto Tredici che verrà ricordato come il Manifesto della Resistenza Cattolica. Collabora con le Fiamme Verdi e con la rivista clandestina: “Il Ribelle”. Con il nome di Sancho Emporer pubblica un opuscolo: “Un verso dell’inferno dantesco e lo spirito dell’inferno fascista” ciclostilato in 350 copie. Destinatari i gruppi clandestini, le autorità fasciste, compreso Benito Mussolini a cui Don Giacomo lo fa volutamente pervenire. Lo affigge personalmente a Brescia, nascondendo poi le copie rimaste nel campanile di S. Faustino. L’opuscolo è un’implacabile requisitoria per la libertà della coscienza, contro una cultura pagana e razzista contro la dittatura – definita come “Il folle volo” – dell’Italia fascista, condotta dal Duce alla rovina. Inevitabile il 2°arresto nell’ottobre del ‘44; Don Vender si assume la responsabilità esclusiva di questo fascicolo. Incarcerato a Brescia si prodiga in prima persona per aiutare i detenuti, elude di notte la sorveglianza, travestito da secondino, esce dalla cella per portare aiuti ai carcerati. Trasferito nel carcere di Bergamo viene condannato a 24 anni e rischia, per rappresaglia, la fucilazione in carcere; il 27 aprile 1945 i partigiani lo liberano. Don Vender rientra a Brescia, continua l’attività pastorale a S. Faustino, apre un ufficio per i Caduti della Resistenza, ex partigiani e famiglie. A novembre del ’46, su suggerimento di Padre Marcolini e invito del Vescovo Giacinto Tredici, Don Vender accetta l’incarico di Cappellano nel quartiere S. Vincenzo a Ponte Crotte sul Mella detto “degli Sfrattati” – perché dal 1929 accoglieva le famiglie sgombrate dopo la demolizione del borgo delle Pescherie di Brescia per realizzare la nuova Piazza Vittoria inaugurata dal Duce nel 1932. Qui, tra 240 famiglie, 1.450 persone stipate in capannoni di legno, Don Giacomo spende le sue energie per promuovere la loro dignità. Condivide tutto, dorme nella stanza mortuaria della Cappella, fa leva sull’educazione e sull’orgoglio delle persone fino a rinunciare a qualsiasi tipo di aiuto caritativo esterno. Punta sulla creazione e ricerca del lavoro, convinto che i suoi poveri avessero solo bisogno di un aiuto per trovare in sè stessi la forza per uscire da una situazione di emarginazione. Contatta imprenditori, si reca nelle fabbriche a cercare lavoro, promuove cooperative di lavoro e per costruire case. Alla fine degli anni ‘50 con Padre Marcolini contribuisce a far sorgere nuove case per gli Sfrattati; nel 1961 il Vescovo Giacinto Tredici gli chiede di dare vita a una nuova Parrocchia che Don Giacomo vuole sia intitolata al Santo Spirito. Pensa alla costruzione di una chiesa attorno al cui progetto coinvolge tutta la comunità. Molte difficoltà si presentano fin dall’inizio; il 4 aprile Venerdì Santo del ’64, Don Vender scrive di voler offire a Dio la sua vita per ottenere la grazia di poter erigere la chiesa. Nel maggio del ’68 viene posta la prima pietra e la chiesa, in stile architettonico conciliare, viene consacrata nel maggio del ’69. Chiede di ritirarsi a Ceratello di Costa Volpino ma il Vescovo Luigi Morstabilini gli chiede di rimanere, Don Giacomo accetta per obbedienza. Negli ultimi tre anni della sua esistenza cercherà riposo proprio a Ceratello dove trascorrerà alcune settimane di ferie; qui, nel sonno, morirà il 28 giugno 1974 a 65 anni, un mese dopo la strage di Piazza Loggia.