Mancano 3700 isegnanti di sostegno. Ci sono 30147 ragazzi lombardidisabili e il ministero ha tagliato altri 45 posti

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    Ne mancano 3600 in tutta la Regione. Sono gli insegnanti di sostegno ‘tagliati’ dal Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. E adesso si alza la protesta di genitori e insegnanti che chiedono di porre rimedio a una situazione di discriminazione. Dalle tabelle dell’organico emanate dall’Ufficio Scolastico Regionale si scopre che il numero di alunni con disabilità iscritti nelle scuole lombarde è ulteriormente aumentato, passando da 28.685 dello scorso anno scolastico a 30.470 di quest’anno. A fronte di questo importante aumento, il Ministero dell’Istruzione ha assegnato 11.622 insegnanti di sostegno, ovvero 42 in meno dell’anno appena trascorso. Il rapporto tra alunni con disabilità e insegnanti di sostegno passa da 1:2,18 a 1:2,62. “Utilizzando il rapporto medio 1:2 – spiega l’associazione Ledha, Lega per i Diritti delle persone con Handicap – che, ricordiamo, è solo un rapporto indicativo comunque ribadito come punto di riferimento anche nell’articolo 19 dell’ultima Manovra correttiva dei conti pubblici, mancherebbero all’appello in Lombardia 3600 insegnanti di sostegno. Il nostro appello ad un suo tempestivo intervento per sanare questa situazione non è però un appello generico, a far fronte ad una carenza di organico. Oggi è messo in discussione il diritto degli alunni con disabilità lombardi a poter godere del diritto allo studio in condizioni di parità con gli altri alunni. Come già affermato dalla sentenza del Tribunale di Milano 10/01/2011 la mancanza di tutti i supporti oggi previsti dalla legge a sostegno dell’inclusione scolastica costituisce una grave situazione di discriminazione lesiva dei diritti umani di questi bambini e di questi ragazzi”. E così la Ledha ha scritto una lettera al Ministro dove chiede che gli insegnanti vengano aumentati: “Siamo perfettamente consapevoli e convinti che la presenza degli insegnanti di sostegno non garantisca la piena inclusione degli alunni con disabilità che è il risultato di un pieno coinvolgimento di tutta la scuola e di tutta la comunità sociale. Siamo altrettanto certi che, nella condizione odierna della scuola italiana, una carenza così grave e diffusa di questo insegnanti non consenta ai dirigenti, agli insegnati curricolari, agli specialisti ed agli enti locali di poter fare pienamente la loro parte per rendere la scuola una scuola veramente di e per tutti. Per questo motivo, a nome degli alunni con disabilità lombardi e delle loro famiglie, chiediamo con forza di incrementare il numero di insegnanti di sostegno assegnati alle scuole lombarde. In ogni caso, noi saremo a fianco di ogni bambino e ragazzo con disabilità vittima di questa grave ed assurda situazione di discriminazione”.

    Miriam attraversa la strada da sola

     

    Miriam esce di casa e va a scuola ogni mattina. Miriam conosce il valore dei soldi, fa la spesa, conta gli euro, sta attenta al resto che le danno. “Soldi blu”, chiede prima di uscire, perché sa che con i soldi “rossi” si compra meno. Miriam sorride e va a scuola da sola e attraversa la strada sulle strisce. Miriam sa leggere e scrivere. Miriam ha undici anni e frequenta la quinta elementare. Il 27 luglio scorso ha subito il quarto intervento al cuore: quel giorno tutta la sua classe è andata al santuario a piedi, per chiedere la grazia che tutto andasse bene. Quando dopo alcuni giorni, uscita dalla terapia intensiva, l’ha saputo continuava a dire: “mello mello (bello bello) cutti (tutti) miei amici al tuario (santuario) per me… mello mello…”. Questa frase l’ha ripetuta a quanti andavano a trovarla. La Madonna dev’essersi commossa, è andato tutto bene, da settembre Miriam è tornata a scuola. Ha un insegnante di sostegno per undici ore la settimana, la metà di quello che servirebbe e di cui avrebbe diritto, per legge. Supplisce per il resto un’assistente educatrice, pagata dalla Comunità Montana. Miriam abita a Sovere. Ha un papà, Luca Carrara, che non molla mai, si è fatto una cultura legislativa impressionante, scrive, protesta, esige, a volte sfora la minaccia per ottenere quello che spetta a sua figlia: “Bisogna sempre andare oltre per avere il normale. Ma è estenuante. Bisogna muoversi sempre molto prima, mesi prima, per ottenere con i tempi biblici quello che ti spetta. E alle volte, come nel mio caso, ci si deve accontentare. Come genitori quello che ci spaventa e nello stesso tempo ci fa arrabbiare è che quanto tolto non venga più “ri-dato”, in breve significa che le ore ridotte in questo anno scolastico saranno la partenza dell’anno prossimo, con l’aggiunta naturalmente dell’ennesimo taglio! Questo è purtroppo l’andamento che si sta verificando… Per legge mia figlia, Miriam, avrebbe diritto a un insegnante per 22 ore la settimana, il suo caso è classificato come ‘handicap con gravità’, nell’istituto di Sovere ci sono 22 ragazzi disabili di cui 3 con ‘gravità’. Intanto per quest’anno mi accontento delle 11 ore di sostegno più le undici dell’assistente è vero che rispetto ad altre situazioni siamo fortunati, ma non è quanto a lei spetterebbe. Alle medie, l’anno prossimo, le cose peggioreranno, avrà diritto a 9 ore di assistenza con l’insegnante ma quest’anno, per casi analoghi, ne hanno concesse solo 6…”. Se la legge prevede la copertura totale, non si può fare ricorso? “Certo, ma poi ci si trova di fronte a una scala: i responsabili dell’ufficio provinciale che hanno assegnazioni ridotte provenienti dall’ufficio regionale, dal quale ti dicono che hanno avuto riduzioni ridotte dal Ministero”. I tagli sempre ufficialmente negati dal Ministro Mariastella Gelmini. Ma Miriam frequentando migliora o è solo in parcheggio? “Guarda, non sono qui a denunciare, come succede, un caso di malascuola. Anzi. Sono contentissimo di come viene seguita mia figlia, verifico i miglioramenti.

    Come ti ho detto, sa contare, leggere e scrivere. Sono undici anni che non vi è giorno in cui come genitori non pensiamo a nostra figlia e davvero possiamo confermare che nonostante le molteplici esperienze fatte vivere a Miriam, la realtà scolastica rimane per eccellenza con la famiglia il luogo privilegiato per poter crescere e diventare persona adulta e in piena autonomia. Miriam vive la scuola in modo semplicemente attivo, non solo perché vi ha trovato insegnanti qualificate, umanamente attente e disponibili, ma perché li c’è la sua classe fatta dai suoi compagni e dai suoi amici… è li che vive le esperienze dirette della vita… è li che ha capito di essere un po’“diversa”perché ha un’insegnante speciale tutta per lei… ogni tanto ne soffre, altre volte se ne approfitta, altre ancora la fanno essere un po’ privilegiata… ma è su quei banchi di scuola che il suo essere socievole, esuberante ed estroversa si è trasformato in passione ed entusiasmo. Quando Miriam entra a scuola sa di avere dei doveri come tutti gli altri, certo il suo programma di lavoro è diverso da quello dei compagni, ma anche la sua matematica è fatta di numeri, è li che ha imparato a risolvere le operazioni, i primi problemi, ad usare i soldi riconoscendone il loro valore, il dare e l’avere… ha imparato a scrivere e a leggere. A scuola utilizza il suo computer portatile per integrare il lavoro che manualmente non riuscirebbe a svolgere… ogni programma delle singole materie è adattato a lei in modo tale che possa svolgere il lavoro in sintonia con i suoi compagni…”. E qual è il traguardo, la misura che, una volta raggiunta, vi soddisferebbe? “Il mio obiettivo è di renderla più autonoma possibile. E’ inserita benissimo nella classe, altrimenti non avrebbero fatto quel pellegrinaggio alla Madonna della Torre il giorno in cui veniva operata. Merito delle maestre. Quello che vorrei far sapere è solo che dall’alto tarpano le ali a un bambino che ha diritto a un servizio che hanno stabilito loro, con la legge. Se non vogliono che sia rispettata la legge facciano un decreto in cui, che so?, dicono che non tutti ma ‘quasi tutti’ i bambini hanno diritto a un insegnante di sostegno, invece di scrivere che ‘gli spetta’, che so?, scrivano che ‘forse gli spetta, solo quando abbiamo i soldi’ o frasi del genere. Non è possibile che ci si debba muovere mesi prima, chiedere, girare uffici, sperare, aspettare e ottenere la metà. Miriam è ancora fortunata, intorno a lei tutti si sono impegnati a supplire quello che la legge dovrebbe fornire di diritto e non dà. Ma non è sempre così, ci sono bambini in situazioni peggiori e si fa finta di niente”. Luca ha anche minacciato di mettere un banco nei locali della scuola e mettersi lui a insegnare a sua figlia: “Quest’anno voglio che impari i mesi e le stagioni, questi muri (indica l’ufficio da fisioterapista, tappezzato di manifesti, libri, musica classica di sottofondo) vorrei lasciarli a Miriam, voglio che diventi autonoma il più possibile perché lo può diventare, ha fatto passi da gigante. Che lo Stato dia un sostegno quando ha 20 anni è troppo tardi, deve darlo adesso, anche per una questione finanziaria, spenderà di meno quando Miriam sarà grande e autonoma. Sono un po’ preoccupato per l’anno prossimo, per il gran salto nelle scuole medie”. Luca si assume in carico ogni tipo di disagio, di protesta. I genitori in difficoltà a volte si rassegnano subito, a volte li si deve scuotere dalla rassegnazione e Luca se ne fa carico. “C’è una bambina di un paese qui vicino che si è vista dimezzate le ore di sostegno, nonostante la mobilitazione del Dirigente scolastico, del Comune e del neuropsichiatra”. E a chi si deve far ricorso contro il non rispetto della legge? “Fino allo scorso anno si doveva far ricorso al Tar e si doveva aspettare in media un anno prima che si pronunciasse, e così l’anno scolastico era già finito e si ricominciava da capo. Dal 2010 si fa ricorso in sede civile e i tempi si sono accorciati”. Miriam la incontri per strada, è allegra, saluta i bambini, si ricorda i nomi. “ciao…”. Miriam sta attenta ad attraversare la strada. Già in troppi le si mettono per traverso.

    MARIO CHE A BASKET NON GIOCHERÀ PIÙ Nato in val Cavallina, vorrebbe tornarci

    – Mario a basket non giocherà mai. Ne ha abbastanza del cestino del corridoio della scuola media di Cernusco sul Naviglio. Mario, 12 anni, sindrome di down adesso a scuola ci va solo 2 giorni a settimana: “Mi sono accorto che qualcosa non andava – racconta il padre Emiliano – quando una domenica al centro commerciale abbiamo incontrato alcuni suoi compagni di scuola che gli lanciavano palline arrotolate di carta, lui le prendeva, cercava un cestino e da lontano tirava per far canestro. Gli altri ridevano, lo trattavano come una scimmia al circo”. Emiliano, operaio in una fabbrica dell’hinterland milanese capisce che qualcosa non va, la mamma Mario non ce l’ha più, morta di tumore quando aveva 2 anni e adesso lui e il papà vivono con nonna Gianna in un palazzone di Cernusco, sesto piano: “Io lavoro tutto il giorno e quando è a casa resta con la nonna ma da noi non c’è molto, palazzoni e poco altro, non riusciamo a seguirlo bene. Quando è successo quell’episodio ho preso un giorno di ferie e sono andato a scuola a vedere cosa succedeva”. E Emiliano si ritrova Mario in corridoio seduto vicino al bidello che lancia carta appallottolata verso i cestini, ogni tanto qualche ragazzo esce dalle classi per andare in bagno o per il cambio di ora e rifornisce carta a Mario, risate e scommesse se riesce o meno a c’entrare il cestino: “Ho così scoperto che non essendoci più per tutte le ore l’insegnante di sostegno, Mario per non disturbare le lezioni stava fuori col bidello”. Emiliano non ci sta, va dal preside, discute, litiga e alla fine non ottiene nulla: “Adesso Mario va a scuola solo per i due giorni in cui c’è l’insegnante, gli altri giorni sta a casa con la nonna, ma non imparerà mai come dovrebbe imparare, la nonna gli vuole un bene dell’anima ma è anziana, sorda e non può fare molto, ma piuttosto che vederlo prendere in giro abbiamo deciso così”. Emiliano è di origini bergamasche: “E vorrei tornare in valle Cavallina, dove sono nato, nei paesi per Mario sarebbe più facile, si può uscire, la gente è ancora più unita, c’è il vantaggio di avere un paese attorno che fa da scudo, ma come faccio? Perderei il lavoro che è l’unica forma di sostentamento che abbiamo, non ho scelta”. Lunedì mattina, e Mario adesso dov’è? “A casa con la nonna, ho messo sky, guarda documentari e qualche canale interattivo intanto che ritorno io, non posso fare altro”. Qualcuno al Ministero poteva invece fare altro, non l’ha fatto.

    L’Italia all’avanguardia fa retromarcia “Non vogliamo tornare alle scuole speciali”

    “L’Italia aveva una legge che tutti gli Stati Europei cercano di imitare. E’ la legge 517 del 1977, bellissima, che prevede l’integrazione degli alunni disabili. Era la fine delle scuole speciali”. Il prof. Salvatore Lentini insegna nelle scuole medie di Sovere ed è il responsabile della “funzione strumentale” dell’Istituto di Sovere che comprende 1 scuola materna statale, 3 scuole elementari (Sovere, Pianico e Bossico) e 1 scuola media. Nel plesso ci sono 22 alunni con disabilità, di cui 3 con “gravità”. “Il diritto ad avere l’insegnante di sostegno è sancito dalla legge, ribadito con sentenza della Corte Costituzionale con la sentenza 80 del 2010. Anche gli assistenti educatori, che non hanno compiti didattici, sono previsti dalla legge per handicap motori e fisici. Ma la legge non viene rispettata. Negli ultimi 4-5 anni si è ridotta la disponibilità assegnata dal Ministero agli uffici regionali e provinciali, passando poco a poco, in sordina, da un insegnante ogni due bambini a un rapporto di un insegnante ogni tre alunni. Questo significa che se nelle scuole medie si avevano 9 ore di presenza dell’insegnante di sostegno sul totale di 30, adesso si è scesi a 6 ore; alle elementari da 11 ore sul totale di 29, si è scesi a 8-9 ore. Questo per le disabilità non classificate ‘con gravità’ perché per queste in teoria si avrebbe diritto a 22 ore che normalmente non ottengono”. E voi che cosa potete fare? “I genitori perdono ogni anno un piccolo tassello dei loro diritti. Ci sono quelli che si rassegnano, che nemmeno sanno che hanno dei diritti, alcuni si vergognano a chiedere, altri si accontentano. C’è un ufficio provinciale di ‘sostegno alla persona’ molto efficiente con responsabili competenti e disponibili, ma vincolati dai parametri nazionali. Poco possono fare anche i dirigenti scolastici, vista la notevole quantità di posti vacanti coperti con ‘reggenze’ da dirigenti titolari in altre scuole. Si cerca di reagire coinvolgendo tutto il team docente, attraverso la sperimentazione didattica, la sensibilizzazione e il consolidamento delle prassi per l’inclusione di tutti gli alunni. Ma la realtà quotidiana è complicata dalla presenza di classi sempre più numerose, affollate di alunni con differenti storie personali, situazioni ed esigenze complesse a cui fare fronte: disturbi di apprendimento, disagio familiare, difficoltà comportamentali. Noi, a Sovere, abbiamo formato un gruppo di lavoro composto da genitori, insegnanti e assistenti, abbiamo iniziato a programmare ed agire insieme, abbiamo creato un blog (http://ugualmentediversi.wordpress. com), vogliamo rompere l’isolamento del problema. Il rischio è quello di non riuscire più a garantire l’integrazione per tutti, vanificando un’esperienza innovativa, che negli ultimi anni viene sempre più imitata dagli altri Stati europei con l’abbandono delle scuole speciali. E nemmeno fare in modo che la scuola si arrenda a chiamare i genitori e dire loro di venire a prendere prima i loro figli disabili perché non riescono più a garantire la loro formazione e nemmeno l’assistenza”.