Massimo: “Sono invisibile, per lo Stato non esisto, ma io ci sono. Sono solo. Dormo per terra, mio figlio in adozione e io…”

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    LA STORIA 17 dicembre 2021

    Massimo: “Sono invisibile, per lo Stato non esisto, ma io ci sono. Sono solo. Dormo per terra, mio figlio in adozione e io…”

    (Ar.Ca.) Oggi è il giorno di Santa Lucia, qui di magie e di doni sembrano essercene pochi anche se poi butti lo sguardo in quello di Fra Riccardo e la magia la senti dentro. Undici del mattino e alla mensa dei poveri si sta preparando il pranzo, fra poco arriverà gente, tanta gente, circa 120 persone. Qualcuno è già arrivato. Massimo, 44 anni di Ponteranica, bergamasco doc, è qui ad aspettare il suo pasto caldo quotidiano, di voglia di parlare sembra averne poco ma poi comincia a raccontarsi: “Fino allo scorso anno lavoravo in un ristorante, lavapiatti, poi con il covid sono stato fermo un anno, a settembre il ristorante mi ha richiamato perché erano soddisfatti di me, mi hanno fatto un contratto di lavoro a tempo determinato, il 28 novembre ero di riposo, si lavorava anche sabato e domenica e il riposo era un giorno a settimana, quel giorno al ristorante sono arrivati i Nas, hanno trovato un lavapiatti senza regolare contratto, i proprietari o mettevano in regola il ragazzo o si sarebbero trovati nei guai, a me scadeva il contratto tre giorni dopo e così mi sono trovato a piedi, senza lavoro”. Una famiglia non ce l’hai?

     Quando lavoravo a Milano ho conosciuto una ragazza, mi sono innamorato, ma lei aveva problemi di tossicodipendenza, li ho avuti anche io, ma da 16 anni sono pulito, i miei però non volevano questa storia, mi hanno cacciato di casa, io e lei abbiamo avuto un bimbo, che ha compiuto due anni a novembre. Poi io e lei abbiamo avuto problemi, ci siamo lasciati e ho perso tutto. Quando è nato il bimbo mi hanno chiamato dall’ospedale, la mamma della mia compagna, mi ha chiesto di riconoscerlo che dovevo passargli gli alimenti, ho cercato un avvocato che mi ha sconsigliato di farlo, ero disoccupato, non avevo soldi e così ho perso anche il bimbo. La mia compagna è in una comunità per recupero tossicodipendenti e alla fine mio figlio è stato dato in adozione, non lo vedrò più”. Massimo si ferma qualche secondo, la voce trema: “E io vivo in strada, dormo per terra in un parcheggio a Bergamo. A mio figlio penso tutti i giorni, ma non lo vedrò più. Non ho un posto dove stare, non ho una dimora, sono un invisibile, non esisto”. 

    Già, Massimo sulla carta non esiste: “Lavoro da quando ho 14 anni, però io non ho diritti, non ho niente. Al dormitorio della Caritas ci sono 60 posti ma 54 sono stranieri, pochi italiani, tanti sono ubriachi e io non mi sento sicuro, preferisco starmene solo in un parcheggio”. La tua giornata tipo: “Mi alzo alle 6, vado alla Caritas e mi metto in fila per la doccia, mi lavo e sistemo, poi vengo qui dal frate a mangiare un pasto caldo, tiro del due del pomeriggio e vado al Galgario, il posto Caritas dove si può stare qualche ora al caldo, a guardare la tv, caricare il telefono, stare con qualcuno. Alle 17 torno in strada, giro un po’, magari riesco ad andare a Orio Center a scaldarmi un paio d’ore e poi vado al parcheggio a dormire. C’è la mensa in stazione la sera ma sono tanti ubriachi e ho paura, mi faccio bastare un pasto al giorno”. Non hai pensato di tornare a casa? Hai ancora i genitori? “Sì ma hanno 81 anni, sono malati e non voglio che sappiano in che condizioni sono, starebbero troppo male, quando li sento sono sempre preoccupati che io non ce la faccia ma gli ho detto che ho un lavoro, che ho una stanza a Bergamo e che pago l’affitto con il lavoro, non voglio farli soffrire, non posso dargli un dolore cosi grande”.

     Hai fratelli o sorelle? 

    Un fratello con cui ho rotto ogni rapporto dopo i miei problemi di tossicodipendenza, non ha più voluto saperne di me e poi una sorella che è sposata e ha la sua vita”. Massimo racconta: “Io ho anche le patenti dei camion, so guidare tanti mezzi, potrei anche trovare un lavoro per consegnare i pacchi, ma come fanno a prendermi se non ho una residenza? Se non ho un posto dove lavarmi e vestirmi per andare al lavoro? Se non ho un’auto dove andare al magazzino dei camion? Posso anche partire alle 4 del mattino a piedi ma poi dove vado a lavarmi e cambiarmi? Cosi non mi prende nessuno, credo di poter trovare un posto alla DHL per consegnare i pacchi ma senza un posto dove lavarmi, vestirmi e poter andare sino al deposito non ho nessuna possibilità”. 

    Hai qualche amico in strada? “No, solo un ragazzo rumeno che mi ha indicato il posto dove dormire, meglio girare da solo, in strada rischio solo di finire in brutti giri, non voglio peggiorare la situazione. Però sono solo e la solitudine è dura”. Arriva Natale, e sarà ancora più dura: “Sì, il Natale è famiglia, verrò qui dai frati, con i volontari, mangeremo insieme, faremo un po’ di festa, ci faranno un regalo ma poi quando uscirò di qui al pomeriggio sarò solo, solo come un cane, andrà nel mio parcheggio e cercherò di dormire”. Hai un medico? “Fino a gennaio, me ne hanno dato uno sostitutivo, poi da gennaio se sto male dovrò andare al Pronto Soccorso, non mi spetta più nulla”. Credi in Dio? “Dio può anche esserci, ci sarà, ma dovrebbe esserci in quello che vivo tutti i giorni, io sto vedendo e vivendo solo miseria e dramma”. Cosa ti manca di più? “La vita di prima, una casa, un divano dove sdraiarmi la sera quando torno a casa, una doccia, un posto dove dormire e soprattutto i miei figli, perché io ho un altro figlio che ha compiuto 16 anni a settembre, vive in Sardegna, frequenta la scuola alberghiera, va spesso a trovare i miei genitori ma io non lo vedo, si vergognerebbe di me e io non voglio che mio figlio si vergogni di mio padre”. 

    E’ quasi ora di pranzo, Massimo va in mensa, sorride amaro: “Però buon Natale, sai, io compio gli anni domenica prossima, saranno feste amare, ma per qualcuno sono feste e quindi auguri”. Massimo se ne va. Davanti a lui un pasto caldo e un Natale freddo.

    Dentro la mensa dei poveri: “120 pasti al giorno, la gente che dona, la paura, la solitudine, il Natale da soli, sono persone non scarti…”

    Fra Riccardo Corti è appena arrivato in mensa, alla sua mensa, la mensa dei ‘poveri’ qui nel convento dei frati cappuccini a Bergamo, ma a lui la parola poveri non piace molto ‘qui ci sono persone’, già, volti, corpi, anime in attesa di un pasto caldo. Le luci di Natale vestono Bergamo di festa, qui arriva gente che di feste non ne fa mai. Ma che qualcuno cerca di donare una luce per illuminare nuovi cammini. Come fa Fra Riccardo, 38 anni, originario di Lecco, frate cappuccino, responsabile di questa mensa che ogni giorno sforna qualcosa come 120-130 pasti al giorno per chi altrimenti un pasto non l’avrebbe: “Sono arrivato qui nel 2016 – racconta Fra Riccardo (fresco di Medaglia d’Oro assegnata nei giorni scorsi dal Comune di Bergamo per il ‘per il silenzioso servizio gratuito per la città che risponde ad un’urgenza della nostra comunità’) – mi hanno assegnato alla mensa, un’esperienza incredibile. Già prima di entrare in convento, io sono del 1983 quando la leva era ancora obbligatoria, avevo prestato servizio civile in una mensa a Milano, e avevo già preso le misure sulle difficoltà, sulla povertà e sulla meraviglia dell’aiutare gli altri”. Mentre Fra Riccardo parla la mensa comincia ad animarsi: “Qui vengono tante persone, poveri, stranieri, tossicodipendenti, gente che ha bisogno di un aiuto. Vengono da noi, la prima volta c’è un breve colloquio di conoscenza, questo anche grazie a un lavoro di rete con la Caritas che poi ospita molti di loro nei dormitori. Ogni giorno abbiamo 120, 130 persone che pranzano qui. Ci sono persone che vengono qui da anni, altri che passano, spariscono, altri ritornano. Noi siamo qui per aiutare, non certo per giudicare”. Qualcuno si confida? “Sì, capita spesso che ci si racconta pezzi di vita, problemi. Noi siamo qui per dare principalmente un pasto caldo, poi per aiuti economici o di altro tipo li indirizziamo ai servizi sociali”. Sono più tanti gli stranieri? “Diciamo che la percentuale è di 70% di stranieri e 30% italiani. L’età varia molto, ci sono tutte le età, non abbiamo minori, abbiamo avuto raramente bimbi che sono venuti con i genitori, e in gran parte sono uomini, le donne sono poche, e quasi tutte con problemi di tossicodipendenza”. 

    Che tipo di cibo preparate? “Cerchiamo di prendere sempre carne di tacchino, di pollo, uova, pesce evitando la carne di maiale perché i musulmani non la mangiano. Siamo aperti dalle 11 alle 12,30, offriamo sempre primo, secondo, pane frutta, the caldo e dolce. Insomma, c’è di tutto perché il pranzo è un momento di condivisione importante, capita che nascano belle amicizie. Quando arriva qualcuno di nuovo e non conosco la lingua c’è sempre chi mi aiuta e mi fa da traduttore, c’è un clima di aiuto reciproco molto bello. E poi c’è tanta Provvidenza…”. Quando parla di Provvidenza Fra Riccardo si illumina: “C’è davvero tanta Provvidenza, compriamo la carne una volta a settimana ma tutte le settimane c’è una persona che ci regala 4 scatole da 180 uova l’una, e così possiamo dare due o tre volte a settimana le uova, strapazzate o cucinate in altro modo. E poi un fornaio ogni giorno ci regala pane fresco. Ci sono scuole, parrocchie e associazioni che fanno spesso raccolte per noi. Qui in convento ci sono 30 frati, ma è una casa di riposo per frati anziani, ma in mensa abbiamo 10, 12 volontari che ci danno una preziosa mano. Per esempio le pulizie dopo pranzo le facciamo io e una volontaria, non è il caso per una fraternità di cappuccini di prendere un’impresa di pulizie”. Tutti i giorni, dal lunedì al sabato: “E la domenica mangiano in Stazione, c’è un punto ristoro del Patronato San Vincenzo”. Fra Riccardo quando stacca dal suo servizio studia in seminario. Una vita di quelle toste. 

    E ora arriva il Natale: “Ed è un periodo in cui cerchiamo in ogni modo di far sentire casa a queste persone. Tantissimi vivono in strada, dormono in strada, qualcuno non vuole andare in dormitorio perché ci sono regole da seguire”. Cosa ti raccontano quando sono qui con te? “Dipende, molti mi sentono come loro amico, quando qualcuno mi dice che mi sente come un fratello sto davvero bene. E ci sono ricordi che mi restano addosso per sempre, come quello di un uomo che viveva in un posto abbandonato qui a Bergamo, viveva in strada, e poi si è convinto a cambiare vita, ora sta in un appartamento. Qui passano persone con problemi di tutti i tipi, dalla tossicodipendenza alla perdita del lavoro a dipendenze varie. 

    Ci sono molti fattori che entrano in gioco, la dignità, la difficoltà a ripartire, a trovare un lavoro perché se sei senza fissa dimora non ti assume nessuno, alcuni non vogliono essere aiutati, non è facile, noi siamo qui per ascoltare, ne hanno prese talmente tante dalla vita che non vogliono sentire prediche o altro”. Natale: “Noi siamo aperti, e avremo un menù particolare e un piccolo regalo per tutti, un anno per esempio abbiamo regalato sapone, spazzolino e dentifricio, lo scorso anno un gruppo di nonne ha realizzato sciarpe e berretti, 150 confezioni, e le abbiamo regalate il giorno di Natale, quest’anno avevo in mente di regalare una borraccia termica, sono in giro tutto al giorno al freddo e avere un thè caldo farebbe comodo ma non sapevo come fare, il costo è elevato ma parlando con una donna che conosco mi ha detto ‘non preoccuparti, ci penso io’ e questa donna settimana scorsa è venuta con 200 borracce termiche. Una volontaria poi mi dice che bisognerebbe avere una sacca a tracolla dove mettere la borraccia ma non sapevamo come prenderle e per farle a mano ci voleva troppo tempo, così ho chiesto a un negozio di articoli sportivi e si sono offerti di darmi la tracolla. Ma se hanno la borraccia bisogna anche riempirla di the, e così una coppia di sposi mi ha regalato tre grandi pentoloni da 50 litri per fare il the, i senza tetto passano, riempiono la loro borraccia e se ne vanno col the caldo”. 

    In piena pandemia covid era cambiato qualcosa? “Per un certo periodo abbiamo dovuto chiudere la mensa – continua Fra Riccardo – e così preparavamo i sacchetti con il cibo, venivano a prenderlo e lo consumavano via da qui”. Fra Riccardo torna sulla Provvidenza e quando ne parla si illumina: “Un giorno, era il 26 febbraio, il forno della persona che ci offre il pane si è rotto, il fornaio è venuto e ci ha detto che aveva solo 50 panini da darci, pazienza, qualcuno sarebbe rimasto senza, lo stesso giorno alle 10.30 hanno suonato al campanello e una persona ci ha portato 10 kg di pane fresco, che è bastato per quel giorno, lo abbiamo congelato e distribuito anche il giorno dopo, in attesa che il forno venisse riparato”. Fra Riccardo è entusiasta, e la sua felicità in un primo momento sembra fare da contrasto alla dura realtà in cui vive, in realtà è proprio quello che vive a renderlo felice: “Te lo dico col cuore, io devo la vita ai poveri che incontro tutti i giorni perché queste persone mi stanno aiutando a vedere le cose da una prospettiva diversa, che è una prospettiva della carne, della vita, una vita non sempre facile soprattutto per loro, a me questo servizio mi sta dando questo. 

    Quindi per me è la cosa più bella che mi è capitata nella vita, ho 38 anni, penso di avere ancora una vita lunga davanti ma questa esperienza è la cosa più bella perché mi fa capire che il primo povero sono io, che ha bisogno di tutto, anche umanamente, e al di là di tutto c’è un Dio che è Padre e che mi ama”. Fra Riccardo e la sua Provvidenza, che si traduce anche in volontari che donano tempo e amore: “Come ogni giorno, poco dopo le 13,30, l’acqua è calda e si può pulire la mensa perché anche l›ordine e la pulizia sono due fragranze preziose per sentire il profumo di casa… Stefy è tutta intenta a far brillare i bagni e mentre inzuppo il mocio nell’acqua calda ecco un furgone, carico di provvidenza, di spesa che ogni mese, in modo silenzioso e sorprendente, una signora offre per la nostra mensa. Più volte ho chiesto chi fosse questa signora, ma le ragazze della cassa del supermercato hanno sempre ribadito di non conoscere il nome, ma di dire semplicemente di essere felice di poter fare questo gesto… Che bello questo silenzio, che buono questo profumo che sa di eterno, di vita eterna…’Poche monete che fanno un soldo’ è la cifra di denaro che la vedova del Vangelo  (Mc 12,38-44) getta per l’offerta del tempio… È tutto ciò che ha… Settimana scorsa ho avuto la gioia di vedere VIVO questo brano di Vangelo attraverso la testimonianza di una bimba di 4 anni, Noemi, la quale mi ha consegnato questa manciata di monete per le persone che hanno bisogno… non serve soffermarsi sulla quantità, ma sulla QUALITÀ perché per una bimba di 4 anni, queste monete possono essere davvero tutto”. Fra Riccardo snocciola aneddoti: “In settimana mi sono imbattuto con due signore tutte distinte, di quelle che in modo simpatico appartengono alla ‘Bergamo bene’… le vedo aggirarsi nelle vicinanze dell’ingresso della mensa e così mi avvicino per chiedere se avessero bisogno di qualcosa… una di loro ha tra le mani un sacchetto con dentro delle scarpe a dir poco rovinate… mi chiedono se ritiriamo indumenti e rispondo, in modo un po’ seccato che non facciamo questo tipo di servizio, e mi allontano… Se ne vanno a braccetto le due vecchiette… E pensando che il mio udito sia messo peggio del loro sento che una dice all’altra: ‘Te l’avevo detto, dovevamo lasciare il sacchetto lì fuori e andarcene…’ Sento quello che non avrei dovuto sentire e così, mi precipito vicino alle due povere vecchiette distinte ricordando che qui in mensa non ci sono scarti, ma persone… 

    E le due vecchiette distinte, ma forse un pochino distanti, se ne vanno con la puzza sotto il naso…Amare Dio con tutto il cuore e con tutto se stessi, non vuol dire anche, forse, che nessuno deve essere trattato come uno scarto?”. Un fiume in piena, di speranza: “Come quella volta, che arriva, barcollando, con un odore di vino, di quello che si mescola con l’odore della strada e dei vestiti che, da giorni, sono sempre quelli… Arriva, e vedo che con la coda dell’occhio mi tocca la spalla, e mi chiede se ho un attimo di tempo…  Nella mia mente do per scontato che la richiesta è sempre la stessa, pochi spiccioli, quanto basta per un cartoccio di vino scadente… ho già la risposta pronta… ma questa volta mi spiazza perché la richiesta è diversa: „frate, lo diciamo un PADRE NOSTRO insieme?“… Come rifiutare? Ci guardiamo, ripetiamo insieme le parole che Gesù ci ha insegnato… ed è bellissimo, e si continua il cammino…”. E ora si è fatto tardi, e fra Riccardo deve andare. I suoi poveri lo aspettano, ed è come sentire un profumo intenso di meraviglia. Perchè l’accoglienza è una culla inondata di fiori.

    Mensa dei Frati Cappuccini 

    “Padre Alberto Beretta”

    La mensa dei poveri nella comunità dei Frati Cappuccini intitolata a Padre Alberto Beretta, medico missionario in Brasile e fratello di Gianna Beretta Molla, proclamata santa da Giovanni Paolo Il nel 2004, nasce nel 1958 ed è oggi coordinata da fra Riccardo Corti. Offre, tutti i giorni, il pasto a più di 120 senza dimora con picchi di 170, durante i mesi più duri del Covid. Con Fra Riccardo c’è una numerosa squadra di volontarie e volontari che aiutano nella distribuzione dei pasti e nelle pulizie della mensa. 

     

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