OMICIDIO YARA GAMBIRASIO – “La donna che tutti cercano aveva un soprannome…”. “Il bambino fu ospite della Casa dell’Orfano”?

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    (Dal numero del 12 aprile 2013) C’è chi evita perfino di passare per il paese, “troppe televisioni, poi ti chiedono se sai qualcosa e ti mandano in onda”. C’è chi sa, girando per Rovetta e S. Lorenzo, chi ti rimanda ad altri “che sanno tutto”.
    Ma in questo caso sembra che giornali e tv siano mesi in arretrato sugli inquirenti che sulle nuove piste ci sono già passati. C’è un soprannome (riferito al colore dei capelli, che abbiamo preferito non pubblicare), c’è un paese, San Lorenzo, c’è un riferimento alla Casa dell’Orfano di Clusone. Passa da questo strano triangolo l’ultima puntata
    (in ordine di tempo) dell’infinito caso Yara. Così mentre le voci si rincorrono, si incrociano, si smentiscono e ritornano in auge, la gente dei paesi dell’Alta Valle fruga nei ricordi degli anziani e cerca di far luce sulle ultime novità. E qualcosa viene a galla.
    Cominciamo dalla fine, e cioè dal presunto figlio di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno che avrebbe messo incinta una ragazza di San Lorenzo.
    Un giro di telefonate, qualche incontro a vuoto e poi qualcuno che ricorda: “Era l’inizio degli anni ’60, e si racconta che una ragazza era rimasta incinta qui a San Lorenzo – racconta una donna – la chiamavano con un soprannome (…) per via del colore dei capelli e probabilmente portava il cognome tipico di una delle famiglie del paese (che poi a San Lorenzo i cognomi che girano non sono mica tanti ndr), e la sua famiglia era conosciuta con un altro soprannome, ma questo volta di famiglia. In paese ne parlavano, la donna avrebbe
    partorito alla Casa dell’Orfano (che ospitava anche ragazze in difficoltà), dove si sarebbe rifugiata quando era incinta ma poi sarebbe tornata in paese, si sarebbe sposata e adesso sarebbe nonna. Ma altro non si vuole dire, se non è lei qui si rischia di rovinare una famiglia che magari nemmeno sa che lei era stata già madre”.
    Nessuna prova, solo voci di paese. Una storia che allora fece scandalo, ma soffocata (a fatica) sul nascere. La ragazza, sarebbe stata una “pastorella”. “Aveva le pecore. Ma adesso lasciate perdere tutto, perché rivangare questa storia che era dimenticata? Quella ragazza di allora non c’è più, adesso può esserci una nonna, che si è rifatta la vita, si è sposata, ha avuto altri figli”. E allora sarebbe ancora in paese? Tutte ipotesi.
    Qualcuno certo conosce molte più cose di quanto sia disposto a raccontare. E la motivazione del silenzio sta proprio nel non voler rivangare una storia che allora fece scalpore in paese ma che venne soffocata sul nascere, la ragazza che forse va lontano a partorire e poi si ricostruisce una sua vita dignitosa che adesso, per il sospetto su quel figlio, rischia di essere rimessa in discussione.
    Perché la seconda parte della storia che emerge ascoltando alcuni anziani del paese
    sarebbe che la Casa dell’Orfano possa aver giocato un ruolo importante nella vicenda, Infatti mentre sul fatto che la ragazza abbia o meno trascorso la gravidanza lì o a San Lorenzo ci sono due versioni, collimano (si fa per dire) invece le versioni che dicono che il figlio sia cresciuto proprio nell’istituto clusonese guidato da anni da Padre Arturo, succeduto al fondatore Mons. Antonietti che lo guidava ancora in quegli anni. Istituto che è rimasto aperto sino a metà degli anni ’80. “Padre Arturo – racconta un altro testimone – mi ha detto che avrebbe già ricevuto l’estate scorsa la visita degli inquirenti che volevano visionare i registri dell’epoca ma dei registri non c’è traccia, non ci sono o non si trovano”. Non ci sono conferme. “Il ragazzo è cresciuto lì, alla Casa dell’Orfano di Clusone e poi se ne
    è andato”. Ma chi lo sostiene non ha pezze giustificative. Se non quella che gli inquirenti sarebbero stati lì a fare domande. 

    E spuntano nuove rivelazioni anche su Guerinoni: “A quel che si sa ebbe anche delle grane perché era uno che faceva il galante con le donne che prendevano la ‘corriera’ – racconta un anziano che lo conosceva – Il Parco Hotel? Beh, lì certe esigenze si potevano soddisfare, non so se mi spiego, allora era un posto dove ci si poteva davvero divertire in quel senso”.
    E la ragazza di San Lorenzo potrebbe essere rimasta incinta proprio lì, nel cuore della pineta di Clusone, Guerinoni non ne avrebbe voluto sapere, a San Lorenzo era uno scandalo e la ragazza avrebbe partorito, avrebbe lasciato il figlio alla Casa dell’Orfano e secondo alcuni se ne sarebbe andata dal paese, secondo altri sarebbe rimasta.
    Tutte versioni da verificare, ma come? Forse uno di quei ragazzi accolti alla Casa dell’Orfano, da adulto, è finito a Brembate, quella maledetta sera di novembre. Ma i “registri” della Casa dell’Orfano non si sono mai trovati. Forse non sono nemmeno mai esistiti, per una sorta di riservatezza su chi era in difficoltà.

    Scheda 1 – Il delitto due anni fa

    Yara Gambirasio di Brembate Sopra viene trovata morta in un campo alla periferia di Chignolo d’Isola. Era scomparsa una sera. Ricerche affannose e il ritrovamento, quasi per caso, del suo cadavere il 26 febbraio 2011. Sono passati due anni di indagini. Prelievi di tracce di Dna sugli indumenti della vittima portano a prelievi a tappeto nel paese di Gorno, in Val Seriana, risalendo, secondo i tecnici, al “profilo genetico” di quanto rinvenuto sul corpo della vittima. Viene individuata l’identità del padre del presunto assassino, appunto di Gorno. Si tratta di Giuseppe Guerinoni di cui viene esumata la salma. Ma il presunto figlio sarebbe nato fuori dal matrimonio e non riconosciuto. Testimonianze contraddittorie sulla figura dell’ex autista di Gorno, “persona integerrima” o “frequentatore del Park Hotel” con sottintesa possibilità di una relazione extraconiugale. Una testimonianza di un collega di lavoro, riportata da Araberara, che conferma l’ipotesi di un figlio non riconosciuto scatena la ricerca della madre. Sarebbe di S. Lorenzo di Rovetta, avrebbe circa 70 anni e il figlio ne avrebbe una cinquantina.

    Scheda 2 – La Casa dell’Orfano

    La “Casa dell’Orfano” si trova nella pineta di Clusone, sopra Ponte Selva, località di Clusone e si identifica pienamente con il suo fondatore mons. Giovanni Antonietti (1892-1976) pluridecorato cappellano militare nella prima guerra mondiale, che ha dedicato all’istituzione tutta la sua vita. La prima Casa, acquistata nel 1924, venne aperta il 24 giugno 1925 come “Preventorio per l’infanzia” per ospitare i più bisognosi tra gli orfani di guerra.
    E’ la prima istituzione italiana sorta per la tutela dei fanciulli, con una ospitalità permanente. Tra il 1926 e il 1950 grazie al sostegno di numerosi benefattori (tra i quali le famiglie Suardo, Pesenti, Agliardi, Valli) vengono costruiti diversi edifici – dall’infermeria, alla chiesa, alla scuola, alla casa colonica – che costituiscono un piccolo villaggio, nel cuore di una salubre pineta, molto accogliente per migliaia di orfani, non solo di guerra. Sono più di ventimila i ragazzi che hanno trovato rifugio, assistenza e un luogo di formazione nella “Casa dell’Orfano”.
    Nel 1969 mons. Antonietti affda la sua opera ai sacerdoti di don Orione, adeguando la Casa alle nuove esigenze. Dopo la morte del fondatore l’opera muta profondamente indirizzo
    e l’“Associazione Ex Allievi e Amici di don Antonietti” ristruttura alcuni padiglioni per il soggiorno breve di minori bisognosi, di gruppi ecclesiali, di scolaresche, di gruppi sportivi. Adesso è diventata una casa vacanza che si trova all’interno della pineta di Clusone, immersa in un parco recintato di circa 60.000 mq. L’edificio è stato completamente
    ristrutturato.
    La casa si sviluppa su tre piani, con un’ampia sala mensa al piano terra di 250 posti a sedere e le camere nei piani superiori, in modo che possano soggiornare comodamente anche diversi gruppi in contemporanea: dispone di 100 posti letto, con camere da 2, 3 e 4
    posti, alcune con bagno in camera e altre con bagno condiviso. Quattro camere con bagno sono riservate a ospiti diversamente abili. E’ dotata di varie sale per incontri e attività varie, cappella, campetto da calcio a erba a 7, campetto sintetico per pallavolo o per il calcio, area esterna riservata a campeggio libero, non attrezzato (i servizi utilizzabili sono
    quelli della casa vacanza). E’ vicina alla pista ciclabile e alla pista da skiroll nella pineta, al parco Avventura, alla pista di atletica alle Fiorine di Clusone.

    Scheda 3 – Il Park Hotel negli anni ’60

    Nella stessa zona della Casa dell’Orfano, dall’altra parte della pineta, nella zona dell’attuale Centro sportivo Ruggeri, sta quello che un tempo si chiamava Park Hotel e che così continua ad essere chiamato nonostante abbia cambiato proprietari e nomi (Estasi e Afro Station). Tutto risale al 1964 quando il Cav. Abele Balduzzi (1894-1976) della famiglia dei “Pina”, al rientro dall’emigrazione africana, da cui torna coi soldi, acquista il patrimonio della nobile famiglia Barca. Realizza a sue spese la strada da La Spessa a S. Lucio (inaugurata nel 1934) e all’inizio degli anni sessanta si getta nella nuova iniziativa, appunto
    il Park Hotel. Che sia stato Adriano Celentano a inaugurarlo non è vero, all’inizio era un ristorante dove c’erano spettacoli musicali due o tre sere la settimana. E, secondo testimonianze, arrivava a Clusone in pineta il fior fiore dei nuovi ricchi di Milano (anche esponenti della “mala” dell’epoca). Nell’ambito di questi spettacoli Celentano, nei primi anni della sua carriera, fu presente in valle come ha raccontato il collega del Guerinoni intervistato da Araberara. Ben presto il locale passò di proprietà e anche di “ragione sociale”, insomma divenne una balera e gli spettacoli si fecero più hard. Nella sua storia ci furono anche chiusure “obbligate” per inchieste e retate
    varie (droga).