(Dal 7 giugno 2024) Anna Rinelli. Un nome e cognome che qui in zona risuona a qualcuno come un ‘già sentito’. Era la fine del 2015 quando la Procura di Bergamo dopo alcune segnalazioni decise di aprire un’inchiesta per far luce sulle morti sospette di anziani ricoverati all’ospedale Locatelli di Piario. E che c’entra Anna Rinelli? Beh, quando venne aperto il fascicolo, lei, infermiera all’ospedale di Piario era la principale indagata. Ma di cosa? L’indagine dei carabinieri della compagnia di Clusone, coordinata dal pm Carmen Pugliese, partì proprio dalla denuncia dei vertici dell’ospedale di Piario. La notte tra l’1 e il 2 novembre 2015 era di turno proprio Anna Rinelli quando morì un paziente di 76 anni, un altro andò in coma e un altro ancora si riprese solo 24 ore dopo. Tutti e tre erano anziani con gravi patologie. E proprio quella stessa notte alcune fiale di valium (un sedativo) erano misteriosamente sparite. Anna, allora 48enne, originaria di Sesto San Giovanni, da subito divenne la principale indiziata. Appena aperto il fascicolo l’infermiera venne sospesa e trasferita all’ospedale di Lovere, ma il tam tam mediatico era cominciato e Anna prima si spostò in un ambulatorio poi lasciò definitivamente il suo lavoro di infermiera. Intanto nelle settimane successive vennero sequestrate e passate al setaccio circa 90 cartelle cliniche di pazienti con varie patologie e morti in reparto nel secondo semestre del 2014 e nel 2015. Sono sei le salme riesumate per accertare la presenza del valium nei corpo degli anziani ma l’ipotesi di omicidio preterintenzionale per i pazienti morti proprio a causa della somministrazione venne derubricato dopo la perizia dei consulenti della Procura in base alla quale non sarebbe stato possibile stabilire un nesso tra i decessi e il sedativo trovato nei corpi. L’inchiesta viene cosi notevolmente ridimensionata, intanto il tam tam prosegue ma come ogni tam tam si affievolisce man mano che passano le settimane, e intanto alla fine rimangono solo due fascicoli aperti in Procura, che passano nelle mani della pm Emma Vittorio (perché la Pugliese nel frattempo è andata in pensione), di quei due fascicoli uno è per peculato nei confronti dell’ex caposala Paola Bosio di Oneta, condannata poi a 2 anni con pena sospesa dopo che a casa gli furono trovate una decina di scatole di medicinali e garze, siringhe e altro materiale prelevato dal reparto e un altro fascicolo per maltrattamenti che vedeva indagate ancora la Bosio (difesa dall’avvocato Marco Zambelli, posizione archiviata) e appunto Anna Rinelli difesa dagli avvocati Michele Cesari e Veruska Moioli, con la richiesta ora di archiviazione perché non ci sono i presupposti per chiedere un rinvio a giudizio. Ora si attende la decisione finale. Intanto Anna ha lasciato definitivamente il suo lavoro da infermiera, ha preso completamente un’altra strada, ha ripreso in mano i libri e si è laureata per la seconda volta, in Economia, ed è diventata manager di un’importante azienda della zona. Anna lavorava nel reparto di medicina dell’ospedale di Piario, degenti per lo più anziani, un ospedale tranquillo, in mezzo al verde, tra colleghi raccontano ci fosse un buon rapporto, tutto tranquillo insomma, fino a quelle strane segnalazioni che fanno scattare l’allarme. Da lì la sospensione dal lavoro per Anna Rinelli, poi il trasferimento all’ospedale di Lovere negli ambulatori, poi l’aspettativa chiesta da lei stessa e alla fine il licenziamento per ripartire da una nuova vita, perché anche a 50 anni si può ripartire. Nuovo lavoro e nuova casa, da Piario Anna aveva fatto in fretta e furia i bagagli, troppo chiacchiericcio intorno a una vicenda ripresa da tutti i media nazionali. Anna si era trasferita a Lovere, in un appartamento nella zona della Basilica di Santa Maria, nei pressi del centro storico. A Piario in quel periodo non passava giorno che non la cercasse qualche giornalista e lei invece cercava solo il silenzio. E chi ha lavorato con lei a Lovere la descrive tranquilla e solare: “Sempre serena e disponibile, poche parole ma sorriso per tutti poi a un certo punto non l’abbiamo più vista”. Sono ormai passati 8 anni dalla riesumazione dei cadaveri, nei cimiteri di Clusone, Fino del Monte, Cerete e Gandellino, era lunedì 15 febbraio del 2016, cimiteri chiusi e piantonati dai carabinieri per riesumare Roberto Raimondi, morto a 54 anni, Luigi Fantoni, morto a 90 anni, mentre al cimitero di Fino del Monte era toccato a Daniele Scandella, 95 anni e al cimitero di Cerete Alto a Dante Ferri, 82 anni e poi un’altra estumulazione a Gandellino , quella di Veniero Trivella, 60 anni. Doveva essere estumulata anche Santina Bossetti, 63 anni, ma i resti erano stati cremati. Su tutti i corpi era state eseguite l’autopsia. Ad eseguire gli accertamenti i medici legali Francesco de Ferrari e Andrea Verzelletti, il tossicologo Angelo Groppi, incaricati dalla Procura, all’esame era presente anche un consulente incaricato dai legali dell’infermiera Rinelli, e cioè il tossicologo Marco Terzi dell’Istituto di medicina legale di Milano che ha come consulenti anche il tossicologo Marina Caligara e il necroforo Federico Giovanetti. Per l’azienda ospedaliera invece era stato incaricato il professor Giancarlo Borra e un medico legale incaricato dalla compagnia assicurativa di uno dei medici indagati. Sul registro degli indagati, però, il nome dell’infermiera 43enne non era l’unico. Il pm aveva deciso di iscrivere al registro degli indagati altre 10 persone, la caposala dell’infermiera, una 53enne di Oneta, del primario di Medicina dell’ospedale, un 65enne di Carobbio degli Angeli, e di altri 8 medici del reparto (una 54enne di Oneta, un 47enne di Songavazzo, una 52enne di Casazza, un 53enne di San Paolo d’Argon, un 58enne di Montello, un 59enne di Clusone, una 47enne di Seriate e una 46enne di Concorezzo).
L’accusa nei loro confronti era di concorso colposo in omicidio preterintenzionale: secondo l’accusa, questi soggetti avrebbero dovuto accorgersi delle azioni della Rinelli e del peggioramento delle condizioni di salute di molti pazienti affidati alle sue cure. E ora siamo arrivati in fondo, più di 8 anni dopo, si va verso l’archiviazione, il pm Emma Vittorio ha chiesto l’archiviazione per Anna Rinelli e anche per la caposala Paola Bosio. Dall’omicidio preterintenzionale al derubricamento in maltrattamenti per via delle sedazioni alla chiusura indagini sei anni dopo, al cambio dei pm, con Carmen Pugliese che nel frattempo è andata in pensione. Insomma, nei giorni scorsi è arrivata la notifica con la richiesta di archiviazione ai 22 parenti dei 13 pazienti inseriti all’inizio tra le morti sospette. Nessun parente da quello che risulta, si è rivolto a un avvocato per opporsi all’archiviazione.
Insomma, impossibile stabilire un nesso causa effetto tra la somministrazione del farmaco ed i decessi, e come se non bastasse, durante l’indagine emerse anche che era prassi, da parte di altri operatori, somministrare valium ai pazienti agitati, inoltre dalle indagini era emerso che ad un paio di degenti, per ‘contenerli’ erano state applicate fasce addominali e polsiere. Gli anni però sono trascorsi e ora l’ipotesi di reato è prescritta, inoltre il pubblico ministero ha spiegato che per configurare il reato di maltrattamenti, è necessario che più condotte vengano ripetute su una stessa persona. L’alternativa era quindi la violenza privata ma anche quella nel caso sarebbe ora finita in prescrizione. E ora siamo alla fine di questa vicenda che ha fatto discutere per anni la valle. Manca poco, se nessun parente dei degenti si opporrà la questione è definitivamente chiusa.